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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Giovanna che “puzza come un asino” La storia triste di una malata di Sla offesa e umiliata

Giovanna che “puzza come un asino” La storia triste di una malata di Sla offesa e umiliata
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Quando apprendi di certi “crimini contro l’umanità”, comprendi che la vita molte volte è dignità calpestata. È un inferno che viene messo a dura prova da demoni che si spacciano per uomini. La disabilità, la sfortuna dei cosiddetti “diversi”, dev’essere considerata una condizione speciale e di ordinaria tolleranza affinché gli stessi rientrano nella cosiddetta normalità umana. Intesa come rispetto, tolleranza, giustizia e diritti e non come le bestie che hanno deriso, umiliato, sbeffeggiato la povera Giovanna, affetta da una terribile malattia con l’unica colpa, quella di pretendere di essere trattata con dignità. La dignità è una parola che non ha un plurale ci insegnò qualcuno. La dignità è figlia della nostra anima ed essa trova comprensione e rispetto da chi possiede un cuore. Quegli animali perché di animali si tratta, leggendo le intercettazioni, di cuore non hanno nemmeno uno spicciolo di traccia. Quando si dice ad una malata di Sla, “Puzzi come un asino”. Evidentemente la puzza la conoscono molto bene perché ce l’hanno addosso, ma non è quella dell’asino che è anche un animale nobile e simpatico, hanno quella tanfo putrido che produce un vomito perpetuo.

La clinica San Vitaliano di Catanzaro, definita da qualche giornalista “clinica degli orrori”, è un eufemismo se poi si va avanti con le intercettazioni e le lamentele della plurilaureata Giovanna e non di quei quattro parassiti cialtroni che l’hanno maltrattata. Se le la giustizia confermerà le accuse, abbiamo davanti uno scenario a dir poco terribile. Un palcoscenico uscito da quell’operazione definita dalla Procura di Catanzaro “Urla silenziose”, tetro, orripilante e disumano. «Nun cumincià cu denuncià ca un ti dugnu né acqua né café e ti chiudu puru u monitor, denuncia – denunciante», queste sono le parole di uno degli indagati (bestia).

A seguito di numerose denunce, le grida di Giovanna, che non poteva fare altro che inviarle via mail per la sua triste condizione di tetraplegica e che il pm Stefania Paparazzo, dopo averla interrogata ha sposato la tesi ed ha ottenuto dal gip gli arresti domiciliari per un medico e altre 8 persone tra infermieri e assistenti sanitari della casa di cura del gruppo Citrigno. Si parla di “maltrattamenti reiterati e sistematici del personale medico e paramedico che l’ha avuta in cura”.

“Se tu usi il monitor e continui a chiamare, io te lo tolgo sino a stasera”, “Il monitor lo vuoi e io te lo metto, ma se rompi te lo tolgo: sappilo usare”, oppure, “Quantu cazzu pisci… io dalle 5.30 non piscio”… fermiamoci qua!
Ora, ci chiediamo, ma la bestialità umana può arrivare così tanto? Viviamo in una regione in cui di notizie terribili siamo abituati in quanto viviamo alla mercé delle merde di quella montagna schifosa chiamata ‘ndrangheta. Abbiamo emergenze lavorative, stiamo attraversando un momento in cui gli incendi stanno devastando interi territori e si sospetta che siano di natura dolosa. Viviamo in una terra di bestie patentate. Ora, prendersela con chi non si può difendere perché sconfitta da una malattia terribile, è da vigliacchi. È da cialtroni codardi, privi di onore e dignità. Eppure negli ospedali, e chi l’ha attraversato lo può capire, ci sono in diverse strutture medici, paramedici e altri che trattano i malati come numeri, come matricole da macello. Privandoli della loro dignità, del loro orgoglio umano. Sì, magari si dirà la solita fatidica e retorica frase, “Non tutti sono così, la maggior parte la ragiona diversamente”, bene, io fino ad ora nella mia vita ne ho incontrati pochi, ma penso che sarà stata la sfortuna di alcuni miei incontri, a seguito di personali vicissitudini.

Giovanna non merita solo giustizia, merita rispetto, merita tutele, merita quello che questo maledetto paese ha nella sua Costituzione, la dignità e il pari trattamento nei suoi diritti. Lo merita Giovanna, lo meritano tutti quelli in cui la natura è stata crudele con la loro esistenza. Agli indagati, a prescindere dagli esiti processuali, va il più profondo e repellente disprezzo, così come un simbolico e rafforzato calcio in culo.