di Natalia Gelonesi
Quando se ne va (troppo presto) una persona buona e retta, la tristezza si mescola alla rabbia in un vortice di emozioni che culminano in domande a cui è difficile trovare risposte. Ci si chiede perché Dio (o chi per lui) abbia deciso di fare una scelta così incomprensibile e così crudele, infliggendo, a un uomo che non lo meritava e alla sua famiglia, un tale calvario.
Gianni non se lo sarebbe chiesto. La sua fede era incrollabile, forte come lo erano la sua estrema dignità nella sofferenza e il suo attaccamento alla vita, vissuta sempre con grande passione, anche nella malattia, portando avanti i suoi molteplici progetti e dedicandosi allo studio incessante della letteratura e all’osservazione della società, con occhio attento e schietto.
Gianni Carteri, nato a Brancaleone ma trasferitosi in seguito a Bovalino, era una penna raffinata. Saggista e scrittore, aveva dedicato gran parte del suo operato letterario allo studio, alla scoperta e alla divulgazione del periodo di confino di Cesare Pavese a Brancaleone (Al confino del mito. Cesare Pavese e la Calabria; I gerani di Concia. Cesare Pavese e la Calabria: tra poesia e mito; Memorie al confino. Pavese, Brancaleone e altri miti) e all’approfondimento della letteratura calabrese (Come nasce uno scrittore: omaggio a Mario La Cava; La lunga notte di Corrado Alvaro; Il Dio nascosto. Viaggio nel cristianesimo di Corrado Alvaro).
Nel 1994 ha ricevuto il Premio “Cesare Pavese” per la critica letteraria, e il Premio “Amantea” per la saggistica.
La sua lotta con una malattia che, molti anni fa, aveva iniziato ad indebolire il suo fisico ma non la sua mente (una policitemia vera degenerata in mielofibrosi), non l’ha mai fatto desistere dal suo continuo lavoro di ricerca, né ha incrinato il suo carattere mite e garbato.
Il tragico destino ha voluto che a questa malattia, diventata ormai compagna di vita, negli ultimi anni si sovrapponesse un altro male ben più insidioso, che non gli ha dato scampo, nonostante la sua strenua e coraggiosa battaglia.
Oltre a una profonda ammirazione per il suo talento, mi legavano a lui un rapporto di amicizia e una parentela che si potrebbe definire “alla lontana” ma che era invece caratterizzata da una grande vicinanza.
Gianni è una figura che ha fatto parte della mia vita fin da quando ero bambina. Lo ascoltavo, affascinata, parlare con mio padre delle sue idee, quando sottoponeva alla sua attenzione i suoi scritti, per avere un confronto e un giudizio a cui teneva molto, sempre con quell’umilità e quella dolcezza che facevano di lui una persona speciale.
Era bello sentirlo discorrere di politica, nel senso stretto di interesse verso la “polis”, dei problemi legati a questa terra e al nostro paese in particolare, di argomentare con arguzia e ironia, lasciandoci sempre stupiti per la sua grande conoscenza.
Era, quella con mio padre, un’amicizia fondata su antichi e solidi valori di rispetto, stima e affetto reciproci: quegli stessi ideali che vedo ora scintillare negli occhi dei suoi figli, Laura e Francesco. A loro, che in un dolore così profondo possono trovare il conforto della consapevolezza di aver avuto un padre meraviglioso, io e mio fratello siamo da sempre legati, come in una trama ordita con un filo invisibile di sangue, affetto e identici princìpi, che si tesse di generazione in generazione.
Penso di poter affermare, senza il rischio di scivolare nella retorica che, al di là dell’incontestabile spessore culturale, Gianni era quello che si può definire una “persona esemplare”. Di una correttezza e una lealtà che spesso stridevano col contesto con cui purtroppo ci troviamo a lottare ogni giorno, ma soprattutto una persona buona, semplice, con un garbo e una gentilezza innate che lo hanno fatto amare ed apprezzare da chiunque avesse avuto l’occasione e la fortuna di conoscerlo e di arricchirsi nel confronto con lui.
Amava la bellezza, Gianni. Ma non la bellezza effimera: la bellezza della nostra terra spesso martoriata, la bellezza della lealtà, la bellezza della cultura.
La comunità bovalinese, e quella calabrese in genere, ha perso ieri uno dei suoi uomini migliori. Capita spesso, soprattutto in questa terra ingrata, che la grandezza di una persona rimanga nell’ombra, e non tutti hanno avuto il piacere di conoscere l’operato e la produzione di Gianni Carteri, chè -si sa- “nemo profeta” in patria. Oggi, per noi che restiamo, rimane l’obbligo morale di portare avanti le sue idee e di vivere secondo quella strada di bellezza e giustizia che lui ha sempre cercato di indicarci.
Ciao, Gianni. Ci mancherai tantissimo.