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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 02 MAGGIO 2024

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Franco Marini al Quirinale spacca il centrosinistra

I grandi elettori di  Pd-Sel-Psi per l’elezione del Presidente della Repubblica 496, ma solo in 222 votano il candidato di Bersani

di LL

Franco Marini al Quirinale spacca il centrosinistra

I grandi elettori di Pd-Sel-Psi per l’elezione del Presidente della Repubblica 496, ma solo in 222 votano il candidato di Bersani

 

 

Dopo un’infuocata assemblea al teatro Capranica di Roma, i gruppi Pd-Sel votano sulla candidatura di Franco Marini per Quirinale. Ed è la debacle per l’alleanza Italia Bene Comune e per lo stesso Partito Democratico. Il nome proposto dal segretario Pier Luigi Bersani raccoglie solo 222 voti a favore su un totale di 496 elettori del centrosinistra. I voti contrari sono 90, gli astenuti 30, ma quel che conta ancor di più è che molti non partecipano alla votazione, scegliendo di abbandonare la riunione in polemica. Vanno via i parlamentari di Sinistra e libertà, con Nichi Vendola che annuncia il no su Marini (“Sarebbe la fine del centrosinistra”) e il sì su Stefano Rodotà. Vanno via molti parlamentari renziani, carichi del no a Marini pronunciato da Matteo Renzi in tv dalla Bignardi. Un disastro, con gruppi di manifestanti pro-Rodotà che manifestano davanti al teatro. A questo punto, non è detto che l’ex presidente del Senato passi la prova del voto in aula, anzi. I giochi sono apertissimi su un altro nome.
Era cominciato tutto con l’idea di salvare capre e cavoli. Cioè l’alleanza con Sinistra e libertà e un’intesa con Pdl e Lega. E’ questo il ragionamento che al termine di una giornata densa di contatti su tutti i fronti, da Silvio Berlusconi a Nichi Vendola, ha portato Pier Luigi Bersani a indicare Franco Marini come il candidato di larga condivisione per il Quirinale. Perché Marini, per Bersani, sarebbe la carta giusta per non dare per scontato fin da ora che il Pd farà un governo insieme al Pdl. E’ in questi termini che il segretario del Pd ha proposto il nome dell’ex presidente del Senato a Vendola. Così Bersani risponde all’avvertimento del leader di Sel, il quale gli ha detto che i suoi parlamentari non avrebbero appoggiato nomi come Giuliano Amato o Massimo D’Alema o qualunque altra scelta che avrebbe aperto la strada ad un esecutivo di larghe intese con il Pdl. Ma su Marini Sel non ci sta. I vendoliani ne discutono nella riunione dei gruppi di Camera e Senato e alla fine decidono di smarcarsi dalla proposta di Bersani: voteranno Stefano Rodotà, il candidato indicato anche dal Movimento 5 stelle. E poi è psicodramma collettivo nella riunione serale dei gruppi di Pd e Sel al teatro Capranica.
E’ il primo colpo secco contro la candidatura di Marini e insieme il primo strappo vero nell’alleanza elettorale di Italia Bene Comune. Ma nel giro di poche ore sulla proposta di Bersani si abbattono altre batoste, a raffica, una dopo l’altra. E arrivano dallo stesso Pd. I renziani sono i primi a manifestare ira e mal di pancia. Avrebbero votato Romano Prodi o Giuliano Amato, finanche Massimo D’Alema, ma non Marini, nome di “nomenklatura” ‘impallinato’ da Matteo Renzi insieme ad Anna Finocchiaro solo qualche giorno fa. Lo dicono nella riunione serale dei gruppi parlamentari di Pd e Sel insieme. Andrea Marcucci, senatore di area Renzi: “Marini è la persona sbagliata, è uno sgarbo a Matteo”. Ed è lo stesso Marcucci a chiedere il voto segreto su Marini nell’assemblea dei gruppi Pd-Sel, anche se dopo i renziani condivideranno la proposta del Giovane Turco Matteo Orfini di rinviare la decisione e continuare a discutere in nottata.
Sul rinvio si dicono d’accordo il veltroniano Andrea Martella, il bersaniano Corradino Mineo e altri ancora. Ma non serve a nulla. Il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda chiede il voto subito e lo ottiene. Nel frattempo, mentre al Capranica la temperatura sale, ecco Renzi ospite di Daria Bignardi:

“Votare Franco Marini significa fare un dispetto al Paese, perché si sceglie una persona più per le esigenze degli addetti ai lavori che non delle esigenze dell’Italia”. “L’hanno fatto scegliere a Berlusconi, gli hanno presentato una rosa di nomi e hanno detto ‘scegli tu'”. Servirebbe uno “scatto d’orgoglio”.

I renziani si preparano a lanciare un’altra tappa della loro campagna anti-rottamazione, se Marini sarà davvero eletto. Il tutto in vista di un ritorno al voto. Il ragionamento è: “Perché Bersani preferisce l’intesa con Berlusconi a Vendola e Renzi?”. Ma adesso prevale lo sconforto. Della serie: perché spaccare il Pd così? Perché mandare al massacro un uomo, Franco Marini, rispettabile ma candidato non adatto alla domanda di rinnovamento che c’è nel paese? E’ con questi interrogativi che i renziani escono dal Capranica. Anche Rosi Bindi è sconcertata per la gestione dell’assemblea, per il modo in cui si è deciso di mettere alla berlina un candidato.
Nel giro di poche ore, quindi, il nome di Marini disintegra l’alleanza Pd-Sel e mette in crisi l’unità del Pd. I social network diventano subito ricettacolo di critiche. Ecco la veltroniana Marianna Madia: “Non solo i renziani non lo voteranno”. E il candidato sindaco del Pd a Roma Ignazio Marino: La più compatita dagli anti-Marini del Pd è Debora Serracchiani. Perché la candidata alle regionali del Friuli domenica prossima “sarà la prima vittima elettorale del pasticcio di stasera”, prevede un renziano. “L’accordo che sembra chiuso su Marini al Quirinale è una scelta gravissima”, dice naturalmente Serracchiani, ma nemmeno il suo richiamo da ‘agnello sacrificato’ nelle urne serve a qualcosa. Quando Bersani fa il nome di Marini al Capranica scende il gelo.Ecco le sue parole:

“Quella di Marini è la candidatura più in grado di realizzare le maggiori convergenze. E’ una persona limpida e generosa, uno dei costruttori del centrosinistra legato al lavoro ed al sociale. Dobbiamo eleggere il presidente della Repubblica. E’ sempre stato difficile, nelle condizioni date non è facile, richiede un’assunzione di responsabilità soprattutto da chi ha più numeri. Attenzione al passaggio che abbiamo davanti”.

E quando iniziano gli interventi è il caos, sbando e raffiche di no. Si schiera per il no il veltroniano, Walter Tocci: “Il gruppo dirigente del partito non mi ha convinto”. Guglielmo Epifani dice invece sì e si lancia in un lungo intervento a favore della scelta del segretario. Anche Stefano Fassina è per il sì. Ma l’assemblea è più che divisa. Dicono no la prodiana Sandra Zampa, anche lei accorato intervento contro Marini. Per il no anche Pippo Civati che ha lavorato tutto il giorno per spingere la candidatura di Stefano Rodotà. Fuori, davanti al teatro, un gruppo di persone manifesta con i cartelli: “Se non votate Rodotà non vi voteremo più”. Un nome, quello del costituzionalista indicato dai grillini, che non dispiacerebbe nemmeno ai renziani. “Sicuramente Rodotà è meglio di Marini, ma ce ne sono tanti meglio di Marini anche nel centrodestra. Lo dico conoscendolo”, dice il sindaco di Firenze che spezza una lancia a favore anche di Prodi e Amato.
Alla luce del ‘big bang’ del Capranica, Marini è già affossato. Non resisterà al primo scrutinio che chiede la maggioranza dei due terzi, cioè almeno 672 voti. Sono tanti se si parte da soli 222 sì del centrosinistra. Sul Quirinale i giochi sono dunque apertissimi, ma le fratture multiple che si sono consumate sul suo nome ormai segnano la leadership di Bersani, il Pd, l’alleanza con Sel.