Polizia: ‘Un attacco terroristico’. Almeno 8 feriti. Bomba su bus, no kamikaze. Tregua si allontana
Esplosione a Tel Aviv, colpito autobus in centro
Polizia: ‘Un attacco terroristico’. Almeno 8 feriti. Bomba su bus, no kamikaze. Tregua si allontana
Un attentato a bordo di un autobus a Tel Aviv ha causato stamani almeno 8 feriti e ha messo una pesante ipoteca sui tentativi della diplomazia internazionale di arrivare a un accordo di tregua tra Israele e Hamas. Governo israeliano e polizia non hanno dubbi, si è trattato di un attentato: una bomba sarebbe stata piazzata in una borsa all’interno dell’autobus, dove – secondo la tv Canale 10 – non sono stati trovati cadaveri. Gli agenti si sono subito messi a caccia dell’attentatore per le strade di Tel Aviv aiutati da un elicottero. Del resto, Hamas lo aveva annunciato. Solo due giorni fa, un macabro video delle Brigate Ezzedin al Qassam aveva minacciato di tornare a colpire Israele con i kamikaze “nei caffé, alle fermate dell’autobus”. L’attentato arriva a una settimana dall’inizio dell’offensiva israeliana ‘Colonna di nuvola’ nella Striscia di Gaza per fermare il lancio di razzi palestinesi su Israele.
Un’operazione che ha già causato oltre 120 morti tra i palestinesi e 5 tra gli israeliani. E arriva in un momento delicatissimo sul fronte diplomatico che lavora a un accordo per la tregua. In questi giorni fanno la spola tra le varie città mediorientali il segretario dell’Onu Ban Ki-moon e Hillary Clinton. Ieri il segretario di Stato Usa ha incontrato il premier israeliano Benyamin Netanyahu e ha ribadito che “l’obiettivo deve essere una soluzione duratura” e che la tregua – almeno fino a prima dell’attentato di oggi a Tel Aviv – potrebbe arrivare “nei prossimi giorni”.
Stamani Clinton si è recata a Ramallah dove al presidente dell’Anp Abu Mazen ha chiesto – senza ottenerlo – un rinvio della richiesta all’Assemblea generale dell’Onu (con voto previsto per il 29 novembre) di un upgrading dello status dell’Anp, richiesta che rischia di mettersi di traverso a ogni attuale tentativo di porre fine al bagno di sangue. La missione dell’inviata di Obama proseguirà nel pomeriggio al Cairo. Intanto la notte è proseguita tra raid israeliani e lanci di razzi palestinesi. L’esercito dello Stato ebraico ha riferito su Twitter di aver colpito oltre 100 siti terroristici, compreso il ministero della sicurezza interna di Gaza, usato da Hamas come base di comando. In mattinata cinque razzi sono stati lanciati in direzione di Ashkelon, nel sud di Israele, di cui tre sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome.
PAPA: APPELLO PER GAZA, NO ODIO MA TREGUA E NEGOZIATO – “Odio e violenza non sono soluzione” per “l’aggravarsi della violenza tra israeliani e palestinesi nella striscia di Gaza”. Lo dice il Papa, in un “appello” in cui inoltre “incoraggia iniziative e sforzi di quanti stanno cercando di ottenere una tregua e promuovere il negoziato”.
Il Papa ha anche esortato “le autorità di entrambe le parti ad adottare decisioni coraggiose in favore della pace e a porre fine a un conflitto con ripercussioni negative in tutta la regione mediorientale travagliata da troppi scontri e bisognosa di pace e riconciliazione”.
La città di Gaza è emersa oggi dopo quella che sembra essere stata la nottata di bombardamenti più pesanti dall’inizio dell’operazione israeliana ‘Colonna di nuvola’, otto giorni fa. Fonti mediche hanno aggiornato nelle ultime ore il bilancio delle vittime a 139. Il numero dei feriti supera il migliaio. I bombardamenti sono giunti dal cielo, dal mare e dalla artiglieria. Un importante edificio di governo è stato letteralmente raso al suolo. Colpite anche tubature di combustibile che passavano sotto al confine fra Egitto e Gaza. Per lunghe ore la Striscia è rimasta immersa in un’ oscurità totale. Ieri migliaia di persone avevano abbandonato in fretta le proprie abitazioni in seguito ai precisi avvertimenti dell’esercito israeliano che restando nei loro rioni avrebbero messo a repentaglio la propria sicurezza. “Non abbiamo chiuso occhio tutta la notte”, hanno riferito. In queste ore a Gaza regna un clima di incertezza: da un lato vi è la speranza che un cessate il fuoco possa essere annunciato in giornata. Dall’altra esiste il timore che Israele possa inasprire ulteriormente gli attacchi.
“Durante la notte abbiamo colpito il ministero della Sicurezza interna a Gaza, uno dei principali centri di controllo e comando di Hamas”. E’ quanto riferisce l’esercito israeliano su Twitter aggiungendo di aver “preso di mira anche un compound della polizia, usato come nascondiglio militare per le riunioni di alti esponenti” del movimento radicale palestinese, ma anche come “centro di comunicazione e sito di lancio di razzi” contro Israele. Nelle operazioni della notte, prosegue l’esercito, colpiti anche “un alto responsabile di Hamas per la difesa aerea e altri terroristi”. “In tutto, oltre 100 siti terroristici sono stati colpiti, di cui circa 50 erano siti sotterranei di lancio di razzi”.
Giunta la scorsa notte a Gerusalemme, dove ha incontrato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, il Segretario di stato statunitense Hillary Clinton prosegue oggi gli sforzi per concordare un cessate il fuoco nei combattimenti fra Israele e Gaza. Clinton e’ arrivata a Ramallah (Cisgiordania) per aggiornare il presidente dell’Anp Abu Mazen sul tentativo diplomatico di concludere a Gaza un cessate il fuoco. Lo riferisce radio Gerusalemme secondo cui – prima della partenza per il Cairo – la Clinton tornera’ ad incontrare a Gerusalemme il premier Benyamin Netanyahu, per la seconda volta nelle ultime ore.
Nell’infinito intreccio mediorientale, è sfumata in serata la speranza di una tregua a Gaza che nel pomeriggio sembrava a portata di mano, quando si aspettava ormai solo l’annuncio ufficiale. “La tregua slitta a causa di Israele, dobbiamo aspettare fino a domani”, ha accusato un dirigente di Hamas, l’organizzazione islamica al potere nella Striscia che nel pomeriggio – assieme agli egiziani che stanno tenendo il filo delle trattative – aveva annunciato un cessate il fuoco alla mezzanotte di stasera. Una tregua che per la verità non aveva trovato nessuna conferma da parte israeliana (“stiamo ancora negoziando”), con il premier Benyamin Netanyahu che in serata ha accolto a Gerusalemme il segretario di Stato Hillary Clinton e che pretende garanzie stringenti per un cessate il fuoco. Israele, che ovviamente diffida di Hamas, vuole ‘un garante della tregua’, individuato nell’Egitto di Mohamed Morsi, come emerso dalle indiscrezioni sulle condizioni circolate tra ieri e oggi sui media. In un breve incontro con la stampa, Netanyahu e la Clinton, hanno implicitamente confermato che l’accordo non è ancora definitivo. Il segretario di Stato ha detto che gli Usa lavoreranno con Israele e Egitto per giungere a un tregua “nei prossimi giorni”. Netanyahu ha detto di preferire la via della diplomazia ribadendo però che Israele “ricorrerà ad ogni mezzo pur di fermare il lancio di razzi” da parte di Hamas. Ma se per la notte non c’é ormai da aspettarsi nulla, gli occhi sono puntati a domani. Se il cessate il fuoco dovesse prevalere, l’obiettivo dell’offensiva diplomatica avviata – oggi in Israele e nei Territori è arrivato anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon – sarebbe stato raggiunto.
E l’Egitto del ‘nuovo’ presidente Mohammed Morsi (che oggi ha avuto il terzo colloquio telefonico con Obama) potrebbe rivendicare il filo della mediazione, anche se nel pomeriggio si era esposto evidentemente troppo, annunciando entro stasera la fine dell’ “assurda aggressione israeliana”. Netanyahu, dal canto suo, nell’incontro con Ban aveva ribadito che lo Stato ebraico è fermo sulla richiesta di “un accordo lungo” che non duri – come ha aggiunto il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman – “una settimana o due”. IL premier non ha esitato a ricordare che se i razzi continueranno a cadere, Israele non rinuncerà a “brandire la spada” in una delle sue due mani. Mentre Hamas aveva invece subito rivendicato il successo ‘politico’ della tregua: una fonte dell’organizzazione ha detto che è stata impartita “al nemico sionista una lezione che non dimenticherà mai”. Gli ha replicato l’ex portavoce dei governi Sharon e Olmert, Avi Pazner: “Tutti sanno che è Hamas ad aver subito un grossissimo colpo in questi 7 giorni di azione militare”. Al di là delle ‘rivendicazioni’, sarà l’accordo – quando e se verrà – a dare la cifra ‘politica’ sull’esito della guerra: le intese che stanno prendendo corpo, secondo le prime informazioni, dovrebbero prevedere da parte d’Israele lo stop dei raid, ma pure delle ‘esecuzioni mirate’, degli sconfinamenti nella Striscia, delle operazioni di disturbo ai pescatori. Hamas e le altre fazioni cesserebbero sia il lancio di razzi contro lo Stato ebraico sia gli agguati alle pattuglie israeliane lungo la linea di demarcazione fra la Striscia e Israele. Sul terreno intanto si continua a combattere e anzi in serata si sono intensificati i raid sulla Striscia.
Per tutto il giorno sono piovuti missili sul sud di Israele, molti di questi intercettati dal sistema difensivo Iron Dome. Ma un nuovo razzo é caduto nei pressi di Gerusalemme senza fare vittime e un ordigno ha centrato una palazzina non lontano da Tel Aviv (4 feriti). Il tributo di vite pagato nel settimo giorno dell’operazione ‘Colonna di nuvola’ è altissimo: le vittime palestinesi dei raid israeliani di oggi sarebbero 20 (tra questi due cameraman di Al-Aqsa), portando a oltre 120 il numero complessivo dall’inizio del conflitto. Hamas ha anche passato per le armi sette palestinesi sospettati di “tradimento”. Nel campo israeliano invece le vittime odierne sono stati due: la prima è un soldato morto per le ferite di un colpo di mortaio su un kibbutz vicino alla Striscia; la seconda è un civile, una donna della comunità beduina. Il bilancio complessivo israeliano sale dunque a 5 morti, compresi i tre dei giorni scorsi. Potrebbe non essere finito.