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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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Elezioni europee. Un consiglio a Renzi

Elezioni europee. Un consiglio a Renzi

Editoriale di Bartolo Ciccardini

Elezioni europee. Un consiglio a Renzi

Editoriale di Bartolo Ciccardini

 

 

Faremmo un errore molto grave se continuassimo a pensare alle elezioni
europee, come se fossero un referendum sull’euro (del tipo del miserabile
pseudo-referendum per la secessione veneta), oppure un sondaggio sul
consenso residuo a Berlusconi, o persino un primo esame dell’esperimento
Renzi.

C’è in gioco molto di più: l’avvenire dell’Europa, che è la cosa più
importante, di cui parlare

1. Le elezioni ci portano, per l’applicazione degli accordi di Lisbona
(frutto della Presidenza europea di Prodi) una grande novità. Il Parlamento
che sarà eletto nominerà per la prima volta il Presidente della Commissione
europea. Quindi noi andremo a votare indirettamente la persona che
sostituirà Barroso (ed i suoi sorrisetti di compassione). La cosa ci
riguarda e molto.

Il PPE, il partito popolare europeo, ha scelto come suo candidato
Jean-Claude Juncker, che ha già ricoperto molti incarichi in sede UE. Gli
S&D, già PSE, gli eurosocialisti hanno puntato su Martin Schultz, quale
proprio candidato.

(L’Alde, alleanza dei liberali e dei democratici europei, ha scelto come
proprio rappresentante Guy Verhofstadt. La Sinistra Europea ha come proprio
candidato Alexis Tsipras, ormai conosciuto anche in Italia. I Verdi Europei
puntano, invece, su due nomi, Josè Bové, un convinto oppositore degli Ogm, e
Ska Keller un’esperta nel campo dell’immigrazione.)

La scelta sarà soprattutto fra i due candidati che hanno più probabilità di
vittoria: il candidato del PPE scelto dalla Merkel ed il candidato del PSE
scelto dai social-democratici. Jean-Claude Juncker, non a caso
lussemburghese, proveniente dalla burocrazia europea, è ovviamente una
personalità secondaria che ha il merito di assecondare la linea della
Cancelliera Merkel. Martin Schultz ha una personalità più forte e potrebbe
anche vantare il merito di essere un membro dell’opposizione alla
Cancelliera. È un politico tedesco e conosciamo poco la sua opinione sul
“problema Italia” (fu anche lui autore di sorrisetti di compassione nei
confronti di un premier italiano). Comunque è una zuffa tra due tedeschi,
segnale molto significativo della atmosfera europea.

Giochiamo quindi fuori casa e constatiamo che ci siamo esclusi dal gioco
europeo che conta. Ora dobbiamo prendere coscienza che battere i pugni in
Europa dovrebbe cominciare innanzitutto con il votare alle elezioni europee
con saggezza e con accortezza politica.

2. Partiamo da una posizione difficile. La nostra proiezione
tradizionale in Europa sarebbe stata il PPE ai tempi in cui la DC ne era
alla guida ed imponeva ad esso la sua posizione di Partito di centro con
grandi aperture sociali e con un vero progetto di unità europea. Ora invece
il Ppe è rappresentativo della posizione dei partiti conservatori che ne
hanno preso la guida, alcuni dei quali sfacciatamente euroscettici, ed è
unanime nel sostenere la rigidità austera imposta dal suo massimo esponente,
la Cancelliere Merkel. Il PPE ha, come principale componente italiana, il
gruppo politico di Berlusconi.

Peraltro gli S&D, che oggi sono meno rigidi sul problema “austerità e
sviluppo” non hanno mai avuto grande entusiasmi per una rapida unificazione
europea, rimasta lettera morta dai tempi della Presidenza Prodi.

3. Questo grigio panorama potrebbe essere la grande occasione di Renzi,
che ha annunciato un modo italiano di stare in Europa più orgoglioso e
costruttivo, anche se ha sollevato insopportabili “sorrisetti” per la sua
debolezza e per la debolezza italiana. Se potessi dare un consiglio a Matteo
Renzi, (“Ma chi sono io per dare consigli?” come direbbe Papa Francesco),
gli direi di cominciare la sua battaglia dal partito dei socialisti europei.

Renzi ha avuto il coraggio, e forse la temerarietà, di far aderire,
finalmente senza dubbi, il Partito Democratico al vecchio PSE, che ora ha
cambiato nome. Ora giochi questa carta fino in fondo. Sei paesi europei (fra
cui la Francia) sono governati da partiti aderenti agli S&D, e tutti gli
altri paesi hanno una opposizione importante rappresentata dagli S&D. Il più
forte e significativo di questi paesi è la Francia, paese fondatore della
unità europea, la cui volontà politica in questo momento è fortemente
indebolita dalla vittoria delle destre alle elezioni amministrative..

Renzi faccia adottare il suo programma di crescita europea a tutti i
socialisti, conduca la sua battaglia non solo come “premier” italiano, ma
come principale animatore del Partito europeo che ha coraggiosamente scelto
e lo convinca ad impugnare la bandiera dello sviluppo economico e della più
forte unità europea. Se farà questo la Merkel ne avrà timore o lo ascolterà.
E non solo lei.

È compito troppo alto per lui? Forse, ma giochi tutte le carte con
franchezza e con coraggio, si ricordi che rappresenta l’Italia e lo ricordi
a tutti i Paesi europei che lo hanno dimenticato. La Francia, oggi
paralizzata dalla vittoria degli antieuropeisti, lo seguirà.

Perché chiediamo a Renzi di fare quello che dovrebbe fare, e non fa, il PPE?
La risposta è dolorosamente facile. Perché non c’è più una DC che interpreti
l’Italia buona, volenterosa e lavoratrice, quella DC che impose con De
Gasperi il sogno europeo all’Europa distrutta e violata dai nazionalismi
pazzi e criminali che oggi stanno risorgendo. Qualcuno a questo punto dirà
che non c’è più la DC, ma ci sono sempre i cattolici che sono il gruppo
sociale più europeista che si possa desiderare. È vero, ma dormono. Non
risvegliati dal vigore di Papa Francesco si trastullano fra grillismo,
berlusconismo, ed astensionismo.

4. Ieri nella visita di Obama a Roma è saltato fuori, per una maliziosa
domanda di un giornalista, un problema nascosto: finora l’America si poneva
sulle spalle tutto il carico della difesa della libertà degli occidentali.
Oggi, di fronte ad una nuova crisi internazionale, l’America chiede la
collaborazione dell’Europa ed anche dell’Italia. Obama si dimostra
intelligente e realista. Dice di venire a Roma a trovare Papa Francesco per
capire come possiamo vincere la sfida contro la povertà estrema e per
limitare le sperequazioni nelle distribuzioni dei redditi: “Il Pontefice ci
mette sotto gli occhi il rischio di abituarci alle disuguaglianze estreme
fino ad accettarle come normali”. Da Bruxelles, così vigile nel
controllare gli errori italiani, nessuno è venuto a Roma, dal Papa perché
“il suo pensiero è prezioso per capire come possiamo vincere la sfida”, come
dice Obama.

Inoltre Obama ha dato un compito particolare all’Italia, che non possiamo
passare sotto silenzio: quello di assumere la leadership del Mediterraneo.
Diamine, ha detto questo e nessuno se ne è accorto! Nella sua intervista sul
Corriere della Sera che ha preceduto la sua visita a Roma ha detto: “Proprio
per questo continuiamo a vedere come benvenuta la leadership dell’Italia nel
Mediterraneo ed oltre”.

(Una Associazione di Italiani all’Estero circa dieci anni fa propose di
utilizzare i fondi europei per mandare a studiare i giovani usciti dalle
scuole alberghiere nei ristoranti italiani del Nord-Africa che si
impegnavano non solo a perfezionare il loro mestiere ma a far loro studiare
la lingua, le leggi, i costumi, la società di quei paesi, affinché potessero
diventare promotori ed imprenditori non solo del ristorante italiano, ma di
tutto il Made in Italy. L’eloquente sciocchino Vendola, lo “in altre
faccende affaccendato” Lombardo, il carneade Bubbico hanno preferito perdere
i miliardi europei perché consideravano non remunerativo occuparsi del
Mediterraneo. Obama, invece, no!).

5. Nessuno ha trattato e sta trattando l’Italia con rispetto ed onore
come ha fatto ieri Obama. Questo stupirà gli italiani senza memoria. Ed
allora io devo ricordare a tutti che l’Italia è stato il Paese che si è
assunto le più grandi responsabilità nell’assolvere i suoi compiti nella
Nato. Nessuno lo ricorda, perché nessuno lo vuole ricordare, ma siamo stati
noi l’avamposto, alla soglia di Gorizia, della resistenza occidentale. (Io
mi ricordo quando Dossetti si doveva occupare del piano per trasferire il
Governo italiano in Sardegna in caso di attacco!). Siamo stati noi i gestori
strategici naturali della deterrenza atomica. Siamo stati noi quelli che
abbiamo messo nel proprio territorio (e con grande pericolo) i missili che
hanno piegato le ginocchia all’apparato militare dell’est. Siamo stati noi
quelli che hanno partecipato con grandi capacità e successo a tutte le
operazioni di peacemaking.

Non fece sempre così la Francia. Non fece mai così la Germania.

Obama viene e ci ricorda questo, mentre l’Italia sta decidendo di ridurre il
numero degli F – 135. Lasciate dire, ad uno che ha studiato queste cose, che
l’ultima cosa da tagliare e che non si dovrebbe mai tagliare è la difesa
aerea. Per un Paese che è collocato là dove è collocata l’Italia, è vitale
la difesa aerea. Ed è vitale la conoscenza dei più sofisticato sistema
d’arme esistente. Una divisione motorizzata di terra, la si ricompone in
poche settimane. Un aereo no. Guidatori di blindati o di jeep si trovano
dovunque, piloti addestrati alla difesa aerea supertecnologica, se si
perdono, non si ritrovano mai più. La difesa aerea è il primo segnale
dell’esistenza di un paese che stia al centro del Mediterraneo. Tagliate
tutto, caserme, apparati, comandi, uomini, armamenti, ma non tagliate mai
gli aerei. Risparmiate nella costruzione dell’asta della lancia, ma mai
nella saldezza della sua punta. Questo non è un problema di economia o di
strategia militare, è un problema di vita o di morte. Voglio dire che senza
una difesa aerea credibile, non esiste l’Italia come soggetto politico.

E questo lo hanno capito benissimo quelli che vogliono affossare l’unità
italiana e l’unità europea: i secessionisti, gli euroscettici, gli
antidemocratici, che riemergono dalle nostre sciagure.

Tutto questo per dire c’è di fronte a noi il problema storico che addolorò
De Gasperi, fino a morirne: il fallimento della CED. Scrive Emma Bonino, che
certamente non è una militarista: “Ma proprio la difesa comune è un tema
popolare e non populista: alla gente è chiara l’insensatezza di 28 eserciti
e 190 miliardi spesa, benchè le riduzioni imposte dalla crisi siano
universali”. C’è uno spreco da tagliare: lo spreco di 27 difese separate ed
inutili. Ritornare al sogno di De Gasperi, la Difesa Comune Europea, fallita
nel 1952.

Renzi, ecco un buon lavoro per te!