La storia democratica del PD sta volgendo alla fine. L’aria che si respira nel paese è di milioni di cittadini che non vanno a votare, e di simpatizzanti e iscritti al partito democratico che si sentono traditi e sfiduciati dall’insolente asprezza di un leader che rappresenta la politica e il partito con la morbosa adorazione di se stesso per raggiungere non so quali mete. Un uomo solo al comando! La strategia di Renzi è delirante, sta distruggendo radici, appartenenza e idealità della cultura progressista. Una trasformazione politica e culturale del PD non prevista E NON DISCUSSA, un cambiamento di rotta deciso in spregio al recente congresso che l’ha eletto segretario, non accorgendosi che le sue speranze non sono che chimere certificati dai recenti risultati elettorali. Un partito che non vuole discutere del proprio destino, delle sue debolezze di forza ideale di rappresentanza, del futuro da costruire per le nuove generazioni, un partito avulso dal mondo dei giovani che naufraga verso un labirinto senza uscita. Un partito senza organizzazione e profilo ideale non è un partito, ma una macchina elettorale che inizia ad avere qualche difetto di carburazione, circondato da irresponsabili ubbidienti dediti a ruoli marginali (vedi la segreteria nazionale) e parlamentari ai più sconosciuti, che si esercitano nella ginnastica del mantenimento del posto fisso nelle Istituzioni. Un partito dal destino segnato – tra qualche anno ci farà piangere le cosiddette lacrime di coccodrillo per non aver posto il giusto rimedio.
Il problema è molto serio! Riguarda l’agire quotidiano di un partito strutturato nei territori, governa il paese in una fase economica e sociale difficile, una realtà farcita di malcostume e corruzione che dovrebbe indurci ad aprire una discussione seria. Un congresso anticipato? Si un congresso con regole diverse sarebbe auspicabile per correggere e ricollocare il partito alle sue originarie tendenze innovatrici nel campo sociale, politico, economico e Costituzionale, un congresso utile per far fronte all’ostinazione di sottovalutare il pericolo di sgretolamento elettorale, ideale e territoriale del PD – prima che sia troppo tardi. Non si può più perdere tempo nell’aprire una discussione critica sul PD, quello che si sta determinando è una crisi ideale irreversibile – che si manifesta nell’astensionismo, nella perdita di consensi dopo l’ubriacatura delle elezioni Europee. I circoli si stanno dissolvendo inesorabilmente nella rassegnazione, non sono luoghi di partecipazione, elaborazione programmata e discussione su temi nazionali, regionali e comunali, sono divenuti delle macchine elettorali che si sono inceppate, utilizzabili come serbatoi di voti.
Il PD vive nel letargo della rassegnazione! Infatti, l’atteggiamento è di prostrarsi dinanzi al Re senza discussione alcuna, il confronto democratico su questioni di rilevanza sociale, è una pratica democratica che non rientra nelle dinamiche del PD attuale. Una vera e propria involuzione dei valori democratici costitutivi di essere PD; ciò è potuto accadere per aver consentito di superare il limite di delega culturale e politica, passare dal Noi all’IO, ha provocato una frattura insanabile dello stare insieme in una comunità politica. La dialettica interna non è vista come un contributo di merito alla discussione, ma un metodo di ascolto necessario per blindare le decisioni del leader. E’ stato creato scientificamente un vero pasticcio e intreccio democraticamente pericoloso, tra segretario di partito e presidente del consiglio in capo alla stessa persona, e con la riforma elettorale cui seguirà la riforma del Senato, si stanno tracciando le basi di una vera e propria OPA sulla Democrazia sostanziale. E’ grave non porsi il minimo dubbio, non voler capire il pericolo di un’accelerazione culturale plebiscitaria e presidenzialista, riforme che si scontrano con la realtà di un paese che ha bisogno di certezze e potenziamento della Democrazia, per allontanare le tentazioni autoritarie e plebiscitarie. L’architettura costituzionale che sta mettendo in atto Renzi produrrà effetti devastanti, una vera polveriera democratica – dove il rapporto tra rappresentanza e rappresentatività fuoriesce dal circuito di una democrazia libera e compiuta, e il rischio vero è quello di passare da un populista all’altro, senza che ciò faccia differenza tra destra e sinistra. La velocità spasmodica di modificare il campo del riformismo democratico, con ricette che nulla hanno a spartire con la cultura progressista sta devastando e cambiando in negativo la storia di un partito e di un paese. Riflettiamo a fondo sul leaderismo accompagnato da riforme presidenzialiste, gli effetti negativi sono quelli di cambiare il DNA dei partiti svuotandoli. Un simile disegno di riforme- al pari della riforma della scuola- non sarà mai compreso dall’elettorato progressista, e la conseguenza sarà il fallimento dell’operazione politica autolesionista che sta accompagnando la stagione politica del giovane Renzi, il quale riconsegnerà la guida del paese a una destra populista culturalmente attrezzata, con l’effetto della distruzione del partito democratico dalle sue fondamenta. Non giriamoci intorno, si pone oggi una questione che riguarda la vita democratica del partito, tra partecipazione, conflitto e decisione. Il manifesto di Fabrizio Barca “ il partito palestra” è un pregevole lavoro sul modello di partecipazione politico e organizzativo del PD, purtroppo il limite è rappresentato dal discrimine tra teoria e pratica. D’altronde, è pura verità che la direzione intrapresa da Renzi segretario del PD, e le politiche che si stanno attuando con l’incarico di Presidente del Consiglio è in antitesi all’idea di partito e di governo delle istituzioni sviluppate da Barca. Il discrimine è di trovarci di fronte ad un ottimo manifesto politico, ma il riferimento partito non può essere quello che è oggi il PD, e non sarà così ingenuo l’ex Ministro nel pensare che il lavoro sui circoli di Roma, sul potere feudale dei potenti riguardi solo la capitale.
La realtà di ciò che pensa Barca sulla palestra partito è completamente dissimile dalle azioni dell’IO Renziano sulle scelte politiche, sulle riforme che sta attuando e sul modello di partito. Per fare degli esempi, la vicenda della scuola, legge elettorale, e a seguire il Senato e così via, mi chiedo? E chiedo all’ingenuo Barca, la “palestra partito” ha funzionato per le riforme fin qui attuate? Oppure, la partecipazione e la discussione sono state scippate ai circoli. Caro Fabrizio Barca la partecipazione degli iscritti perché non è stata sperimenta con la Riforma della Scuola, mi sa tanto che continui a credere in un partito che non c’è, non ti sei accorto dei voltagabbana di Renzi, il quale ieri proponeva una conferenza nazionale sulla Scuola, e oggi pone la fiducia sul disegno di Legge. La democrazia partecipata non si evoca, si pratica. Come vedi, l’unica palestra che Renzi frequenta è quella per mantenere il suo fisico, guardarsi allo specchio, autocelebrarsi, e vedrai che inizierà pure a raccontare barzellette.
Maurizio Cannata
Iscritto – PD