Dopo cinque anni di attesa il Tribunale di Roma assolve tutti gli imputati , “Rilancio” si rivela solo un flop
Lug 20, 2014 - redazione
Perché il fatto non sussiste. Fra essi alcuni imprenditori che avevano avuto il coraggio di denunciare la ‘ndrangheta e che con una sommatoria di sviste furono considerati mafiosi
di LUIGI MAMONE
Dopo cinque anni di attesa il Tribunale di Roma assolve tutti gli imputati , “Rilancio” si rivela solo un flop
Perché il fatto non sussiste. Fra essi alcuni imprenditori che avevano avuto il coraggio di denunciare la ‘ndrangheta e che con una sommatoria di sviste furono considerati mafiosi
di Luigi Mamone
Dopo cinque lunghi anni – la parola fine ad un vicenda dai toni drammatici , caratterizzata da una studiata spettacolarizzazione degli arresti e da una spietata e forse concertata cassa mediatica nella quale in nome del diritto di cronaca – alcuni reporter avevano riportato – quasi che fossero verità dogmatiche – pagine di accuse tutte rivelatesi alla fine priva di alcun riscontro – è stata pronunciata dal Presidente del Tribunale di Roma che ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste” l’Editore di Approdo News, Luigi Longo, e altri suoi soci e partner commerciali, italiani e ceki indagati , arrestati e poi mandati a giudizio nel mediaticamente roboante contesto dell’operazione denominata “Rilancio” che alla fine , fra falsi, errori di lettura, interpretazioni illogiche e superficiali del materiale d’indagine, intercettazioni comprese- passerà alla storia per uno dei flop più vergognosi della storia investigativa italiana. Scenari inquietanti e connection internazionali sottesi al traffico di merci contraffatte in transito per il porto di Gioia Tauro con dietro l’ombra della ndrangheta. Nella caso di specie il “Clan Piromalli e Alvaro”.
Fin dalle prime battute d’indagine la dimensione della clamorosa gaffe giudiziari prende corpo. Gli indagati e Luigi Longo in particolare, ribattono colpo su colpo alle contestazioni dimostrando l’erroneità delle stesse, le imprecisioni, le omonimia, le commistioni di ruoli che appare incredibile possano essersi verificate. Addirittura Longo – che con Aldo Alessio- fu un dei principali testi d’accusa contro le ‘ndrine del porto nel processo Cent’anni di Storia viene trasformato nel referente del Clan Piromalli e Alvaro. Un uomo dell’ ndrine, insomma, Una telefonata intercettata viene letta in maniera distorta e i redattori dell’informativa non si curarono neanche di capire chi fosse l’interlocutore del Longo, che poi dimostrò essere un loro partener commerciale che sull’onda dell’arresto del Sindaco di Gioia Tauro dal Torrione aveva telefonato pensando si trattasse invece del comandante Aldo Alessio – che a Gioia era stato sindaco prima di Dal Torrione.
La circostanza poi che la figura di Longo venga sotto il profilo personologico assolutamente stravolta, la dice lunga sulla leggerezza con al quale una ipotesi investigativa aveva preso corpo ed era poi sviluppata.
Il fatto è che l’assoluzione, non ripaga assolutamente nessuno degli assolti delle calunnie subita anche da una stampa di velinari pronti solo a cercare di far notizia senza alcun rispetto verso l’oggettività e il rispetto verso chi ha comunque diritto di difendersi e di dire la sua verità. E con gli arrestati in quei giorni nessuno fu tenero: uno dei detenuti oggi assolti non ottenne neanche il permesso di partecipare al funerale della madre. Giusto – si dirà – erano mafiosi o presunti tali- affiliati alla ndrina e al clan Piromalli, Alvaro. Peccato che non fosse vero. E che dire della azienda che Longo , gestiva al porto di Gioia con Germano Ventura, Bruno Morgante a altri soci? Andata in malore dopo l’operazione “Rilancio” mentre prima era in salute e fatturava milioni di euro l’anno . La vicenda lascia l’amaro in bocca. Esiste tutto un apparato investigativo che nel caso di specie ha peccato gravemente di leggerezza; ha travisato i fatti e il contenuto delle telefonate, ha omesso dal valutare le indicazioni che la polizia ceca aveva loro fornito e che avrebbe escluso in partenza il coinvolgimento degli arrestati. E poi la gogna mediatica, la diffusione alla stampa delle immagini – foto e filmati – del blitz in un albergo di Roma dove Longo venne arrestato e la cinica e becera storicizzazione di ruoli e mansioni in seno alla ndrangheta che mai erano esistiti ma che consentirono a qualche giornale di aumentare le vendite in quei giorni . Una vicenda paradossale e gravissima come è ogni vicenda in cui un innocente di ritrovi – così come Alberto Sordi nel celeberrimo “detenuto in attesa di giudizio”- a gridare e a dimostrare la propria innocenza davanti a gente che resta indifferente e staccata considerandoti alla fin fine solo un numero di Registro Generale e ad altra che dogmatizza , storicizza e pappagallescamente enfatizza. Una vicenda che avrà però altri strascichi giudiziari perché una tale sommatoria di errori lascia aperte le porte a molte ipotesi : colpose e dolose che nell’immediatezza provocarono il tracollo di una azienda che nell’area del Porto cresceva e i cui soci avevano avuto il coraggio ( o forse la colpa ) di denunciare la presenza della ndrangheta nel porto.
Ma su questo nelle forme e nei tempi dovuti sarà la magistratura ad accertare le responsabilità.