Scacco alla cosca Molè tra Reggio e Roma, 54 arresti. In manette l’attore Sammarco
Giu 24, 2014 - redazione
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Ros e ha permesso di ricostruire gli affari della potente cosca in diverse regioni d’Italia. Individuato anche un imponente traffico di armi con i Paesi dell’Est
Duro colpo alla cosca Molè tra Reggio e Roma, 54 arresti. In manette anche l’attore Stefano Sammarco
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Ros e ha permesso di ricostruire gli affari della potente cosca in diverse regioni d’Italia. Individuato anche un imponente traffico di armi con i Paesi dell’Est. Sequestrati beni per 25 milioni di euro
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REGGIO CALABRIA – Blitz dei Carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali di Roma e Reggio Calabria contro la cosca Molè. I militari impegnati nell’operazione, denominata “Mediterraneo”, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria a carico di 54 affiliati alla ‘ndrangheta accusati a vario titolo di associazione mafiosa, traffico di armi e stupefacenti ed intestazione fittizia di beni. Sequestrati beni e quote societarie per un valore complessivo di circa 25 milioni di euro.
Al centro delle indagini, coordinate dalla procura distrettuale antimafia reggina, le attività illecite di una delle più potenti cosche della ‘ndrangheta, con diramazioni in ambito nazionale e internazionale. In particolare, spiegano gli investigatori, le indagini hanno documentato i consistenti interessi della cosca in «ramificate iniziative imprenditoriali e commerciali in Calabria, Lazio ed Umbria, nonchè la gestione di ampi settori della distribuzione delle slot machine sul territorio nazionale».
Accertati anche «rilevanti traffici di armi dai Paesi dell’est europeo e l’importazione di ingenti carichi di stupefacenti dal nord Africa».
Tra le persone coinvolte e arrestate nel blitz c’è anche un attore: si tratta di Stefano Sammarco, protagonista di numerose fiction e del film “5”. Secondo gli inquirenti è addirittura il capo cordata dello spaccio nella zona di Civitavecchia, punto di riferimento apicale della ‘ndrangheta nella zona. Sammarco già nel 2012 era stato arrestato per spaccio di hashish.
Dei 54 arresti eseguiti nell’ambito dell’Operazione Mediterraneo, condotta dai Carabinieri del Ros contro la cosca Molè di Gioia Tauro, solo 25 sono stati eseguiti nella Piana di Gioia Tauro. Tra questi sono finiti in manette le nuove leve della cosca Molè, tra cui i giovani rampolli della famiglia, due ventenni. Sono scattate le manette anche per gli armieri della cosca, e tra le maglie del Ros sono finiti anche alcuni affiliati ritenuti “importanti”. Una ventina di arresti, invece, sono stati eseguiti tra la Capitale e l’Umbria, dove avveniva il reimpiego dei soldi illecitamente accumulati dalla cosca. Poco meno di una decina di arresti sono stati eseguiti anche in provincia di Catanzaro.
Le armi venivano acquistate a pezzi e poi assemblate in un’officina meccanica di Gioia Tauro. Il retroscena è stato svelato dal comandante dei Ros, generale di Brigata Mario Parente. L’alto ufficiale ha spiegato le attività investigative che hanno portato all’arresto di 54 persone ritenute collegate al clan Molé di Reggio Calabria.
«Le indagini si sono sviluppate nel corso di due anni: abbiamo stretto il cerchio intorno ai malavitosi – ha affermato – mettendo in luce le attività illecite della cosca Molè di Gioia Tauro, una delle più pericolose e potenti della ‘ndrangheta reggina».
«Abbiamo ricostruito gli ingenti interessi illeciti del sodalizio – spiega il generale Parente – e le sue consolidate proiezioni fuori dalla Calabria, documentando anche i processi riorganizzativi interni, a seguito della cruenta contrapposizione con la famiglia storicamente alleata dei Piromalli, culminata nel 2008 nell’omicidio del reggente Rocco Molè». Il numero uno del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei Carabinieri, ha rivelato anche il particolare sulle armi: «Il solidalizio criminale si riforniva di armi inertizzate, o parti di armi, in territorio sloveno, per poi modificarle e assemblarle all’interno di un’officina meccanica di Gioia Tauro, sotto il diretto controllo dei Molè».
I NOMI DEGLI ARRESTATI
Delle 53 persone arrestate dai Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Mediterraneo”, 44 persone sono state trasferite in carcere, mentre per 9 sono stati disposti gli arresti domiciliari.
I destinatari delle misure cautelari in carcere sono:
Girolamo Molè, 53enne nato a Gioia Tauro;
Antonio Albanese, 69enne nato a Gioia Tauro;
Carmelina Albanese, 35enne nata a Gioia Tauro;
Cosimo Amato, 46enne nato a Vibo Valentia;
Ayoub Baba Khayi, 25enne nato a Rabat (Marocco);
Marino Belfiore, 34enne nato a Gioia Tauro;
Altin Belulaj, 34enne nato a Vlore (Albania);
Fation Belulaj, 29enne nato a Vlore (Albania);
Antonio Bonasorta, 43enne nato a Polistena;
Carmelo Bonfiglio, 34enne nato a Polistena;
Carmelo Cicciari, 21enne nato a Vibo Valentia;
Gaetano Cicciari, 57enne nato a Gioia Tauro;
Claudio Celano, 50enne nato a Roma;
Fabio Cesari, 52enne nato a Roma;
Patrizio D’Angelo, 31enne nato a Roma;
Marco De Donno, 49enne nato a Roma;
Mirko Di Marco, 39enne nato a Roma;
Patrizio Fabi, 35enne nato a Roma;
Eugenio Ferramo, 30enne nato a Budrio (BO);
Arcangelo Furfaro, 45enne nato a Taurianova.
Enrico Galassi, 29enne nato a Civitavecchia (RM);
Domenico Galati, 33enne nato a Vibo Valentia;
Giuseppe Galluccio, 51enne nato a Rizziconi;
Giuseppe Guardavalle, 47enne nato a Vibo Valentia;
Girolamo Magnoli, 35enne nato a Cannes (Francia);
Giuseppe Salvatore Mancuso, 25enne nato a Vibo Valentia;
Domenico Mazzitelli, 54enne nato a Gioia Tauro;
Ippolito Mazzitelli, 22enne nato a Gioia Tauro;
Pietro Mesiani Mazzacuva, 47enne nato a Reggio Calabria;
Valeria Mesiani Mazzacuva, 45enne nata a Reggio Calabria;
Francesco Modaffari, 45enne nato a Ivrea (TO);
Antonio Molè, inteso “u niru”, 25enne nato a Gioia Tauro;
Antonio Molè, inteso “u jancu”, 24enne nato a Gioia Tauro;
Annunziato Pavia, 44enne nato a Gioia Tauro;
Fiorina Silvia Reitano, 64enne nata a Rosarno;
Vincenzo Ritrovato, 23enne nato a Polistena;
Pasquale Saccà, 46enne nato a Villa San Giovanni;
Manolo Sammarco, 35enne nato a Roma;
Stefano Sammarco, 33enne nato a Roma;
Manuel Alesander Signoretta, 23enne nato a Vibo Valentia;
Domenic Signoretta, 29enne nato a Hann, (Germania);
Carmelo Stanganelli, 45enne nato a Gioia Tauro;
Domenico Stanganelli, 28enne nato a Cannes (Francia);
Ferdinando Vinci, 44enne nato a Roma.
I nove destinatari di custodia cautelare degli arresti domiciliari, invece, sono:
Giuseppe Belfiore, 73enne nato a Gioia Tauro;
Giovanni Burzì, 24enne nato a Cinquefrondi;
Alfredo Chiofalo, 29enne nato a Civitavecchia (RM);
Pietro Giovanni De Leo, 42enne nato a Taurianova;
Alessandro Giusto, 34enne nato a Roma;
Alessio Mocci, 27enne nato a Civitavecchia (RM);
Massimo Modaffari, 43enne nato a Ivrea (TO);
Claudio Ruffa, 47enne nato a Vibo Valentia;
Maria Teresa Tripodi, 49enne nata a Oppido Mamertina.
ECCO LA NOTA DEL COMANDO PROVINCIALE DEI CARABINIERI DI REGGIO CALABRIA
OPERAZIONE “MEDITERRANEO ”
DALLE PRIME ORE DI QUESTA MATTINA, I CARABINIERI DEL ROS E DEI COMANDI PROVINCIALI DI REGGIO CALABRIA E ROMA STANNO ESEGUENDO UN PROVVEDIMENTO CAUTELARE, EMESSO DAL GIP DEL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA, NEI CONFRONTI DI 54 AFFILIATI ALLA COSCA MOLE’, INDAGATI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA, TRAFFICO DI ARMI E DI STUPEFACENTI ED INTESTAZIONE FITTIZIA DI BENI. AL CENTRO DELLE INDAGINI DEL ROS, COORDINATE DALLA PROCURA DISTRETTUALE ANTIMAFIA REGGINA, LE ATTIVITA’ ILLECITE DI UNA DELLE PIU’ POTENTI COSCHE DELLA ‘NDRANGHETA, CON DIRAMAZIONI IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE. LE ATTIVITA’ HANNO DOCUMENTATO I CONSISTENTI INTERESSI DEL SODALIZIO IN RAMIFICATE INIZIATIVE IMPRENDITORIALI E COMMERCIALI IN CALABRIA, LAZIO ED UMBRIA, NONCHE’, LA GESTIONE DI AMPI SETTORI DELLA DISTRIBUZIONE DELLE “SLOT MACHINES” SUL TERRITORIO NAZIONALE. ACCERTATI ANCHE RILEVANTI TRAFFICI DI ARMI DAI PAESI DELL’EST EUROPEO E L’IMPORTAZIONE DI INGENTI CARICHI DI STUPEFACENTI DAL NORDAFRICA. SUL FRONTE PATRIMONIALE, SONO STATI SEQUESTRATI BENI AZIENDALI E QUOTE SOCIETARIE RICONDUCIBILI ALLA COSCA, PER UN VALORE COMPLESSIVO DI 25 MILIONI DI EURO. I PARTICOLARI DELL’OPERAZIONE SARANNO RESI NOTI NEL CORSO DI UNA CONFERENZA STAMPA CHE SI TERRA’ ALLE 11.30 ODIERNE PRESSO IL COMANDO PROVINCIALE CARABINIERI DI REGGIO CALABRIA.
ECCO LA NOTA DIRAMATA DAL PROCURATORE CAFIERO DE RAHO
Nella mattinata odierna i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Reggio
Calabria hanno dato esecuzione all’ ordinanza di custodia emessa dal GIP presso il
Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia,
nei confronti di 53 persone indagate, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa,
associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, traffico di armi, intestazione
fittizia di beni ed altri reati.
L’articolata e complessa indagine, diretta dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio
Calabria, sviluppata dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri di Roma,
trova il suo fondamento nelle mutate dinamiche connotanti gli equilibri mafiosi propri
della piana di Gioia Tauro (RC) negli ultimi anni – ritenute obiettivo assolutamente
primario sotto il profilo delle attività di approfondimento investigativo – ed acquisisce
valore ancora più significativo laddove correlata alle antecedenti attività di contrasto
condotte dal ROS, culminate con le note operazioni convenzionalmente denominate
UCent’anni di storia” e UMaestro”.
Giova infatti fare breve cenno all’ omicidio del boss MOLE’ Rocco, ilIo febbraio 2008, che
ha rappresentato una sorta di spartiacque nell’ ambito degli equilibri criminali propri dello
versante tirrenico dell’ alta provincia reggina, determinando la sostanziale frattura dello
storico sodalizio con la ‘ndrina PIROMALLI, e l’affermazione delle due cosche come
entità autonome, operative sul medesimo territorio.
L’attacco frontale subito dalla cosca MOLE’ con eliminazione dell’unico dei tre fratelli in
libertà imponeva dunque una necessaria riorganizzazione, in linea con la strategia dettata
1 nell’immediatezza del fatto di sangue proprio dal capo storico MOLE’ Girolamo cI.’61
che, dal carcere di Secondigliano (NA) ove era recluso, impartiva ordini alla famiglia –
pedissequamente osservati – incentrati sul temporaneo allontanamento da Gioia Tauro
verso Roma, sul periodico rientro a Gioia Tauro (RC) e sulla necessità di prendere tempo
per raccogliere le forze e reagire all’ affronto subito.
L’indagine ha riscontrato a pieno quanto sopra, fotografando una ‘ndrina impegnata su
più fronti, in ragione dell’ esigenza – da un lato – di continuare a manifestare la propria
piena operatività sul territorio, indispensabile ai fini dell’ affermazione e del mantenimento
del proprio 11 ruolo” I e della necessità – dall’ altro – di conquistare nuovi spazi fuori dai
confini calabresi, finalizzati alYampliamento del raggio d’azione ed al successivo
reinvestimento dei maggiori proventi illecitamente conseguiti in attività produttive. Si
assisteva infatti al graduale trasferimento di traffici ed interessi su tutto il territorio
nazionale el soprattuttol in direzione della Capitalel ove veniva registrata la presenza di
diversi elementi di vertice.
Deriva laziale della cosca MOLE’I maturata non soltanto in ragione dei citati IIfattori
interni”, ma anche da “fattori esterni”, compendiabili nella citata continua e pressante
azione di contrasto esercitata negli anni dagli apparati dello Stato. Era infatti soprattutto la
sempre più incisiva applicazione delle normative in materia di misure di prevenzione
patrimoniale ad indurre anche la cosca oggetto delle investigazioni a ricercare ogni
possibile accorgimento finalizzato ad eludere tali disposizioni di legge, sì da assicurare al
sistema nel suo complesso la necessaria tenuta. Ciò ha infatti implicato la necessità di
rendere sempre più difficilmente tracciabili i patrimoni illecitamente conseguiti, sia sotto il
profilo prettamente Il geografico” – attraverso lo sviluppo dei molteplici illeciti interessi in
zone meno “battute” – sia dal punto di vista delle stesse modalità di gestione ed
amministrazione delle risorse in questione, sempre più accorte e raffinate.
Il risultato investigativo ottenuto ha reso possibile contrastare e colpire l’organizzazione
tanto in Calabria, nel centro vitale dell’ accumulazione originaria in termini di potere
criminale ed economico in senso stretto, quanto nelle altre aree del territorio nazionale ove
la cosca MOLE’ ha inteso stabilire le proprie promanazioni.
2 Dato significativo, che va qui certamente ripreso e valorizzato, costituente un po’ il file
rouge dello sviluppo investigativo, è costituito dalla costante guida del sodalizio da parte
del boss detenuto MOLE’ Girolamo cl.’61 che, come si vedrà, nonostante le difficoltà
legate al regime detentivo ha continuato ad imporre la sua linea dettando i tempi.
Il tutto con grande accortezza, apprezzabile soltanto con occhi attenti e da profondi
conoscitori di determinate dinamiche; laddove infatti, ad esempio, emergeva in precedenti
impegni investigativi il tentativo di trasmettere “imbasciate” attraverso veri e propri
messaggi criptati, da decodificare (emblematico quanto riscontrato proprio in occasione
del libro – “Lo Zahir” di Paulo Cohelio, che MOLE’ Girolamo passò ai familiari,
unitamente al codice necessario alla decriptazione dei messaggi ivi contenuti), nella
fattispecie veniva invece fatto più frequente riferimento a metafore, laddove non a gesti
e/ o segni convenzionali.
L’indagine “MEDITERRANEO” ha visto uno sviluppo su tre segmenti principali
rispettivamente attinenti:
le attività di narcotraffico, attraverso le quali il sodalizio riusciva ad assicurare
un regolare flusso di ingenti quantitativi di hashish e cocaina in entrata sulla
Capitale, sfruttando ben tre direttrici di approvvigionamento ed il connesso
ricorso ad una strutturata rete di sodali italiani e stranieri. Le attività tecniche
consentivano in progressione di individuare e trarre in arresto anche tutto il
primo livello della filiera di distribuzione;
i traffici di armi, con l’individuazione dei canali di rifornimento utilizzati dalla
cosca MOLE’ in relazione al reperimento di armi lunghe e di silenziatori
artigianali per pistola, realizzati da un “insospettabile” artigiano di Gioia Tauro
(RC). L’approfondimento investigativo in direzione di quest’ultimo conduceva
peraltro successivamente all’ emersione d’un traffico internazionale di armi di
provenienza slovaccai
3 le attività di reinvestimento dei capitali illecitamente ottenuti, nell’ acquisizione
di immobili ed esercizi pubblici, e nel connesso sfruttamento del quanto mai
attuale business delle slot machines, i cui proventi venivano regolarmente
indirizzati nella cassa comune del sodalizio. In tale ambito emergevano in
particolare due centri medico/clinici, rispettivamente siti in Gioia Tauro (RC) e
Terni, nonché diversi esercizi pubblici/ sale da gioco, tra Calabria e Lazio, oggetto
di sequestro nel corso dell’ operazione.
Le attività di narcotraffico
Le indagini hanno permesso di documentare compiutamente i significativi traffici di
stupefacenti avviati e condotti dalla cosca MOLE’, dalle complesse e variegate
dinamiche legate all’introduzione sul territorio nazionale di centinaia di chilogrammi
di hashish e cocaina e la loro successiva immissione sul mercato, al percorso seguito
dagli ingenti proventi realizzati.
Lo spessore criminale ed una grande capacità di adattamento hanno infatti consentito
alla ‘ndnna gioiese di operare anche sulla piazza capitolina e sul comprensorio di
Civitavecchia (RM). Punti di forza l’assoluta perizia ed un modus operandi
consolidato, fondato su una direzione strategica da parte dei vertici di cosca e sul loro
ricorso ad una figura apparentemente non riconducibile all’ organizzazione criminale
di riferimento, così più difficilmente traccia bile – il gioiese FURF ARO Arcangelo cI.’69
– cui veniva demandata la complessiva conduzione operativa delle attività di
narcotraffico.
Era il capo storico MOLE’ Girolamo, nonostante le difficoltà legate allo stato detentivo
in regime di carcere duro, a fornire le direttive e dettare ì tempi: emblematica la lettera
inviata al fratello recluso Domenico nell’ aprile del 2012, nell’ ambito della quale
facendo riferimento alle vicende sentimentali del figlio minore, anch’ egli raggiunto da
ordinanza di custodia in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale dei Minorenni su
richiesta della competente Procura, lasciava intendere come questi avesse assunto da
tempo, seppur in maniera defilata, il controllo delle operazioni:” … quelfaccia tosta del
piccolo come saprai è insieme da 4 – 5 anni assieme alla figlia di non mi ricordo il
4 nome ma la sorella di Lino FURFARO nostro compagno di scuola1 … ( … )”. Era in
effetti proprio il rampollo della famiglia mafiosa a costituire punto di riferimento di
quest’ultimo e terminale dei proventi illecitamente realizzati: ciò tanto attraverso i
regolari rientri del FURFARO in Calabria, allorquando consegnava quanto dovuto
direttamente al primo o in occasione degli incidentali spostamenti dello stesso MOLE’
a Roma. Introiti assolutamente significativi: basti pensare al prezzo di vendita dello
stupefacente, che si aggirava tra i 1.400/1.700 euro al kg per l’hashish, ed i
40.000/45.000 euro al kg per la cocaina.
Centro propulsore delle attività permaneva dunque Gioia Tauro (RC), ove operavano i
vertici del sodalizio in stato di libertà, mentre nella Capitale veniva gestita la
distribuzione, nell’ ambito di due anonimi appartamenti del centralissimo quartiere di
San Giovanni, distanti appena 100 metri l’uno dall’altro, accoglienti rispettivamente il
sedicente imprenditore FURF ARO Arcangelo con il proprio nucleo familiare, nonché
la squadra da questi messa in campo – costituita un ristrettissimo nucleo di conterranei
proiettati in area laziale, intranei alla cosca – in grado di assicurare al sistema nel suo
complesso le necessarie garanzie di tenuta.
Erano infatti solo ed esclusivamente PAVIA Annunziato cl.’70, STANGANELLI
Carmelo cl.’69, SACCA’ Pasquale cl.’68, BABA KHAYI Ayoub cl.’89 e RITROVATO
Vincenzo cl.’91 ad occuparsi del trasporto dello stupefacente sulla Capitale.
L’abitazione in questione vedeva la saltuaria presenza anche dei soggetti più
rappresentativi della cosca quali il minore, di cui si è detto sopra, o il fratello MOLE’
Antonio cl.’89, soprannominato IIIU niru” nonché qualificati rappresentanti della cosca
vibonese dei MANCUSO e del gruppo albanese.
Aspetto determinante in tali dinamiche risulta rappresentato proprio dalla rinnovata
joint venture dei MOLE’ con la cosca vibonese dei MANCUSO – rappresentata da
MANCUSO Giuseppe Salvatore cl.’89, figlio del noto Pantaleone cl.’61 – con i quali
veniva gestito uno dei 3 canali di approvvigionamento di stupefacente.
MOLE’ Rocco infatti risultava fidanzato con SCIARRONE Demetra, nipote di FURFARO Arcangelo. Quest’ultimo
peraltro non avrebbe mai potuto essere compagno di scuola dei MOLE’, dai quali lo separano anagraficamente
quasi 10 anni.
Alle partite in arrivo dalla Calabria, si aggiungevano quelle regolarmente in arrivo
attraverso l’asse Marocco – Spagna – Francia. Al contempo, grazie al supporto fornito
da radicata componente albanese, la cosca gestiva lo stoccaggio e lo smista mento di
significativi carichi di cocaina, introdotti direttamente dai Balcani sul territorio
nazionale.
I traffici di armi
L’indagine “Mediterraneo”, tra i vari aspetti, consentiva di approfondire e
documentare altro aspetto assolutamente significativo, ovvero quello attinente la
disponibilità di armi da parte della cosca MOLE’.
La ‘ndrina oggetto delle investigazioni manifestava infatti tutto il proprio elevato
potenziale offensivo: molteplici le conversazioni nell’ ambito delle quali veniva
manifestata chiaramente la disponibilità di un vero e proprio arsenale, attraverso la
detenzione di “fucili, mitragliette, pistole e silenziatori”.
Peraltro proprio il minore dei MOLE’, di cui si è detto, costituiva parte attiva della
compravendita delle armi che venivano acquistate in provincia di Vibo Valentia
attraverso l’intermediazione di persone pure raggiunte dalla ordinaza di custodia
cautelare.
Elemento di assoluta importanza veniva quindi fornito dall’individuazione del canale
di rifornimento della cosca di silenziatori artigianali per pistola, realizzati da un
“insospettabile” artigiano di Gioia Tauro (RC), BELFIORE Giuseppe d.’41, forte della
copertura fornita dall’ officina meccanica della quale era titolare e nell’ ambito della
quale svolgeva le proprie” ordinarie” attività lavorative.
L’approfondimento investigativo in direzione del citato BELFIORE Giuseppe,
conduceva successivamente all’ emersione del traffico internazionale di armi da questi
pianificato unitamente al figlio Marino2 ed un ristretta componente di sodali italiani e
di nazionalità slovacca. Il gruppo si dedicava infatti ad una serrata attività di
riciclaggio di mezzi d’opera, oggetto di furto sul territorio nazionale, opportunamente
BELFIORE Marino veniva arrestato in data 31 marzo 2014 in Rizziconi (RC), dalla Guardia di Finanza di Reggio
Calabria, poiché trovato in possesso di dieci kalashnikov, due mitragliette e cinque pistole con numero di matricola
punzonato, e relative munizioni.
6 “ribattuti” e reimmessi in circolazione, il tutto finalizzato alla raccolta dei fondi
necessari alI’avvio delle importazioni.
Giova in tale quadro fare riferimento all’ arresto di BELFIORE Marino che, a distanza
di qualche mese, nel marzo 2014, veniva tratto in arresto dalla Guardia di Finanza,
poiché fermato nelle campagne di Rizziconi (RC) con un’ autovettura carica di armi
provenienti dalla Slovacchia, tra kalashnikov, armi lunghe, pistole con matricola abrasa
e munizionamento di ogni genere.
Le attività di reinvestimento
La progressione investigativa consentiva di “chiudere il cerchio”, laddove venivano
approfonditamente documentate anche le complessive attività di reinvestimento della
cosca MOLE’, tanto nella gestione di diversi esercizi pubblici/ sale da gioco tra
Calabria e Lazio, nell’ambito della quale riuscivano – tra l’altro – ad acquisire una
posizione importante nel delicato settore delle slot machines, imponendo
l’installazione di decine di macchinette.
Il lucroso business delle sale giochi e, segnatamente, delle slot machines, vedeva infatti
una sostanziale joint venture di più imprese, grazie all’ operato del binomio
GALLUCCIOjMAZZITELLt che riusciva ad amministrare decine di macchinette,
installate nell’ ambito di numerosi esercizi pubblici siti tra le province di Roma e Latina.
La perizia evidenziata da GALLUCCIO Giuseppe veniva acclarata anche dalle
modalità di controllo dei vari esercizi, resa più agevole dallo sfruttamento delle
telecamere ivi installate e che seguiva direttamente dalla propria abitazione.
Come accennato potevano distinguersi a pieno i 3 livelli “gestionali” (gestore del
locale/GALLUCCIO – MAZZITELLI – MOLE’) che riportavano il complesso degli
interessi alla criminalità organizzata e, segnatamente, ai MOLE’.
Congiuntamente all’ ordinanza di custodia cautelare è stato emesso decreto di
sequestro preventivo di alcune società riconducibili all’ associazione mafiosa.
Il Procuratore della Repubblica
Federico Cafiero de Raho