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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Come si fa ad uccidere dei bambini? Vittime della mafia e delle “bestie umane”

Come si fa ad uccidere dei bambini? Vittime della mafia e delle “bestie umane”
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La violenza è debolezza umana, incapacità culturale di creare e soprattutto distruggere. Ma quando questa si fa nei confronti di bambini, non è solo incapacità è anche (e soprattutto) bestialità. Quanto è accaduto a Lamezia Terme l’alta sera, dove un uomo è stato freddamente ucciso da sicari senza pietà e soprattutto senza onore visto che non hanno esitato un attimo, sparando e ferire (fortunatamente) un bimbo di 12 anni, il quale si trovava con la vittima, lo zio,  perché dava una mano nella sua attività di commerciante.

Il gesto potrebbe essere il solito deja vu di una Calabria sempre più in preda alla criminalità organizzata e alla mercé di bande criminali di ogni ordine, grado e società.

Ma quando si vanno a toccare dei bambini, inizia come una sorta di meccanismo dell’anima che macina amarezze, dolore, rabbia e impotenza. Quando si arriva a colpire un innocente è un fatto in cui le bestie hanno più dignità degli uomini. Perché essi stessi si trasformano nella peggiore specie di bestialità.

La Calabria è terra di omicidi, è terra di mafia, è una terra inquinata da bestie feroci prive di anima, senza una coscienza reale e misericordiosa. Una terra dove regna l’anarchia della legalità, un luogo pazzoide senza meta né controllo. E una volta per tutte, che siano maledetti quelli che abusano di una terra straordinaria per inquinarla del loro marciume umano. Gente miserabile senza dignità che utilizza la violenza e l’uso delle armi per prevalere sugli altri, perché altrimenti sarebbero dei coglioni vuoti, vigliacchi e idioti non degni di onorabilità!

Il grande Èlie Wiesel una volta disse, «Ho giurato di non stare mai in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. Dobbiamo sempre schierarci. La neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato», allora perché continuare questo silenzio che non è altro che complicità e paura? Non è facile, ma nemmeno tanto difficile, ci sono ancora sprazzi di legalità che inducono fiducia e speranza. C’è ancora tanta strada da fare, però se per un attimo iniziassimo a far respirare le nostre coscienze dell’indignazione, un risultato dovremmo riuscire ad ottenerlo, “purché si parli”.

Non è la prima volta che accadono episodi del genere contro i bambini, la ferocia mafiosa non risparmia nessuno ed anche se questa volta il bimbo è rimasto ferito, in tanti altri casi sono stati uccisi. C’è un bel libro del giornalista Bruno Palermo, “Al posto sbagliato” in cui parla di 108 le storie di bambini vittime di mafia.  È inutile dire che la mafia è onore che non tocca né donne né bambini, non è così! A parte che l’onore e il rispetto si ottiene con le buone maniere, l’educazione, la nitida coscienza e contro ogni tipo di violenza, oltre ad un’educazione culturale per il progresso e non il regresso umano.

Tra i tanti bambini ammazzati, ricordiamo e lo facciamo solo per non dimenticare e scuotere le coscienze, nel 1975, parliamo di oltre quarant’anni fa vennero assassinati a Cittanova i fratellini Michele e Domenico Facchineri, di 9 e 12 anni, vittime della faida contro i Raso-Albanese. Passando poi per il dodicenne Michele Arcangelo Tripodi di Rosarno, rapito nel 1990 e sette anni dopo furono ritrovati i suoi resti in una fossa. C’è anche Marcella Tassone di Laureana di Borrello, a dieci anni non ancora compiuti è stata massacrata insieme al fratello Alfonso, 20 anni, pregiudicato, a colpi di lupara ed è stata finita con un colpo di pistola alla testa. Senza dimenticare storie di un passato recentissimo nella provincia di Cosenza un bambino di tre anni, Nicolino “Cocò” Campolongo è stato ammazzato con un colpo di pistola alla testa e poi bruciato dentro un’automobile insieme ai corpi del nonno e di un’amica dell’uomo. Una vera e propria esecuzione mafiosa. E fanno male come macigni le parole della mamma di “Cocò”, Imma Mancuso, “Mi chiedo con quale coraggio si può arrivare ad ammazzare un bambino. Questa mafia è uno schifo. Purtroppo nessuno parla. Tutti stanno in silenzio anche davanti ad una tragedia come quella di Cocò. La gente si sarebbe dovuta rivoltare, ma purtroppo non è accaduto e nulla si farà. La maggioranza dei calabresi non cambia, continua a credere in questi assassini e la mafia fa più schifo di quella di prima, quella che ho conosciuta da bambina”. C’è anche l’omicidio di Domenico “Dodò” Gabriele, un bambino di undici anni morto dopo tre mesi di coma a causa delle ferite riportate durante una sparatoria in un campo di calcetto a Crotone nel giugno del 2009.  Anche così si muore in Calabria.

Scene che ricordano le “Fucilazioni” del Goya. Le vittime spinte contro il muro, le armi puntate all’altezza del petto e la raffica letale che squarcia l’oscurità dell’infinito, spezza il futuro e la speranza di ognuno di noi.