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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Clan calabresi e siciliani facevano affari a Milano. Arrestati figlia e genero dello stalliere di Arcore

Clan calabresi e siciliani facevano affari a Milano. Arrestati figlia e genero dello stalliere di Arcore

Operazione condotta dalla Dda nel capoluogo lombardo: la mafia si era infiltrata nel tessuto economico grazie all’alleanza con la ‘ndrangheta. Sigilli a beni di un uomo di fiducia del padrino Matteo Messina Denaro. E in manette finiscono gli “eredi” delle attività criminali avviate daMangano, l’uomo che Dell’Utri presentò a Berlusconi

Clan calabresi e siciliani facevano affari a Milano. Arrestati figlia e genero dello stalliere di Arcore

Operazione condotta dalla Dda nel capoluogo lombardo: la mafia si era infiltrata nel tessuto economico grazie all’alleanza con la ‘ndrangheta. Sigilli a beni di un uomo di fiducia del padrino Matteo Messina Denaro. E in manette finiscono gli “eredi” delle attività criminali avviate daMangano, l’uomo che Dell’Utri presentò a Berlusconi

 

C’era un patto per allungare le mani sull’economia milanese: un’alleanza “strategica” mafia calabrese e siciliana per “perseguire comuni interessi economici”, che emerge nell’inchiesta milanese che ha permesso l’arresto di otto persone, tra cui la figlia e un genero di Vittorio Mangano, l’uomo noto come lo “stalliere di Arcore”, considerato “testa di ponte della mafia al Nord”.
Mangano, al vertice del mandamento di Pagliarelli, è morto agli arresti domiciliari nel luglio del 2000.Nella villa di Arcore venne assunto da Silvio Berlusconi cui l’ha presentato Marcello Dell’Utri. E ora Cinzia Mangano, sua figlia,insieme al marito, Enrico Di Grusa, secondo le risultanze della Dda avrebbero “raccolto la sua eredità criminale” aiutati da Giuseppe Porto, uomo di fiducia a Milano. Quest’ultimo faceva anche da mediatore ”per ottenere un aiuto nelle imminenti consultazioni elettorali”.

LA RETE ECONOMICA FA AFFARI COI MORABITO – Al centro delle indagini della Polizia è finita in realtà una rete di società cooperative attive nella logistica e nei servizi, che, mediante false fatturazioni e sfruttamento di manodopera, hanno realizzato profitti “in nero” almeno dal 2007. Parte di questi profitti è stata poi utilizzata per sostenere, dal punto di vista logistico ed economico, importanti esponenti di “cosa nostra” detenuti o latitanti; altro denaro è stato invece investito in nuove attività imprenditoriali, infiltrando ulteriormente l’economia lombarda.

E proprio perche “espressione sul territorio milanese di Cosa Nostra, era alle cooperative del gruppo che nel 2003 si era appoggiata la ‘ndrangheta del gruppo Morabito per poter ulteriormente penetrare nel tessuto economico milanese con le proprie cooperative” si legge nell’ordinanza di 558 pagine firmata dal gip Stefania Donadeo”. Lo si legge nell’ordinanza di 558 pagine firmata dal gip Stefania Donadeo.

L’INTRECCIO SUI VOTI PER L’ASSESSORE DELLE ‘NDRINE – Ed è sempre Giuseppe “Pino” Porto a intrecciare le vicende di personaggi vicini alle ‘ndrine. E’ all’uomo di fiducia del gruppo criminale milanese che si rivolgono per ottenere un aiuto esponenti politici facendo emergere “rapporti significati nell’ambito di quell’insieme di relazioni esterne che si sono definite come capitale sociale del sodalizio mafioso”. E per le elezioni regionali del marzo 2010 Giuseppe Porto “su input di Gianni LaStella” si adopera “per sostenere il candidato del Pdl Domenico Zambetti” che diventerà assessore in Regione Lombardia con Formigoni. E Domenico Zambetti sarà poi arrestato nell’ottobre del 2012, con l’accusa di avere comprato voti dalla ‘ndrangheta.

I SOLDI DELL’UOMO DI FIDUCIA DI MESSINA DENARO – La Dda di Milano, che coordina l’operazione, ha ottenuto il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di oltre 700 milioni all’imprenditore di Castelvetrano Giuseppe Grigoli, 64 anni, indicato dagli inquirenti come uomo di fiducia e prestanome del boss latitante Matteo Messina Denaro, ritenuto nuovo capo di Cosa Nostra. Le persone arrestate, oltre al genero (Enrico Di Grusa, 47 anni) e alla figlia (Cinzia, 44) di Manganoe a Giuseppe Porto, imprenditore di 59 anni, sono Walter Pola, 51, Vincenzo Tumminello, 56, Orlando Basile, 43, Antonio Fabiano, 58, e Alberto Chillà, 53 anni. Cinzia Mangano era “quella che gestiva i soldi” e insieme al marito e a Porto era ai vertici dell’organizzazione. C’è poi tutta una serie di commercialisti, bancari, legali che collaboravano alla gestione della rete di cooperative e all’emissione delle false fatture.