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TAURIANOVA (RC), SABATO 27 LUGLIO 2024

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Carneade! Chi era costui? Le riflessioni del giurista blogger Giovanni Cardona sul misconosciuto rito accusatorio

Carneade! Chi era costui? Le riflessioni del giurista blogger Giovanni Cardona sul misconosciuto rito accusatorio
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Trascrizioni di interrogatori svoltisi in importanti processi d’oltre Manica e d‘oltre Oceano, nonché interrogatori “simulati”, sono la pietra di paragone per i giovani candidati inglesi ed americani all’esercizio della professione forense, e anche una raffinatezza per incalliti cinefili, avendo l’Italia scoperto il rito accusatorio in platea: ammirevole esempio è la sceneggiatura del controesame ne “I segreti di Filadelfia”, epico film in bianco e nero del 1957 con Paul Newman, tratto dal romanzo L’uomo di Filadelfia di Richard Powell.
In molti altri casi di specie, la fiction è più rigorosamente autentica della melodrammatica realtà di altri veri dibattimenti.
Un esempio eloquente riguarda un avvocato americano che in un processo celebrato a metà dell’ottocento, di fronte ad un impassibile esaminato che, pervicacemente negava di aver mai provato il benché minimo timore di fronte ad un’arma spianata, per dimostrarne l’inattendibilità estrasse da sotto la toga una pistola, brandendola contro giudici, procuratore distrettuale e teste, con effetti devastanti, ma felicemente risolutivi per la causa, ancorché non abbiamo ragguagli sugli sviluppi della carriera dell’estroso avvocato.
Ogni teste ha una sua peculiare psicologia, ogni controesame ha una sua specifica finalità, essendo variegata la platea: dal teste ostile, al teste qualificato, al contro-interrogatorio demolitore, all’esame e controesame di periti ecc..
La lettura di trascrizioni originali di esami e controesami testimoniali d‘epoca, non porterebbe a recriminare il vecchio rito inquisitorio, scoprendo, come un processo accusatorio correttamente condotto ed impostato, richieda tempi più brevi rispetto al passato.
I vedovi dell’eloquenza e della retorica forense e gli inconsolabili dell’arringa, leggendo ed esaminando con attenzione lo schema dei passati interrogatori, scoprirebbero le compiute geometrie e l’armonia del ritmo, quasi musicale, che cadenza la progressione argomentativa di interrogatori quali raffinati distillati di discussione.
Essi riproducono gli schemi dell‘arringa classica: l’introduzione generale, la focalizzazione degli argomenti decisivi, il lento ma sistematico accerchiamento del teste, la seduzione, la stoccata improvvisa e decisiva con sapienti chiuse ad effetto.
Capolavori d’ingegno compendiato: un bagaglio di sapienza enorme condensato in esigue frasi, inerente allo studio del processo ed alla perspicacia della natura degli uomini che si hanno di fronte: in sintesi la cultura come strumento per incidere sulla realtà.
L’Italia è un paese bizzarro, del tutto peculiare, che del rito accusatorio nulla vuol sapere, perché è tipico di altre culture e di altre tradizioni, mentre ha saputo fagocitare ed assimilare in breve tempo Boy friend, Politically correct, Impeachment, Target, T-shirt, Spoil system, Budget, Air Terminal, Coffee Break, Lunch, Wireless, Privacy, Authority, Ticket, ed anche i cultori del Cricket pare crescano.
Forse perché, per i detrattori, il processo penale è considerato pura forma, una sceneggiata, e per vincere le cause c’è chi crede non occorra indossare una toga: può bastare, a seconda dei gusti, una tonaca, un cappuccio o un grembiulino.
Diciamoci la verità, tira una brutta aria: la folla più che di processo accusatorio, ha voglia di giustizia sommaria e spacciatori all’ingrosso di siffatta materia nel corso del tempo li abbiamo sempre rinvenuti.
Come per il piccolo sarto di Woody Allen, narrare di un’illusione di civiltà serve, anche in un’epoca di ombre e nebbia.