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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 08 DICEMBRE 2024

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Cancellare in fretta Mourinho,

| Il 30, Ago 2010

Che cosa nasconde il coro di elogi per l’Inter di Benitez.

Cancellare in fretta Mourinho, la missione che unisce il calcio italiano.

Che cosa nasconde il coro di elogi per l’Inter di Benitez.

 

Era ampiamente previsto, ma non per questo è meno sorprendente l’impegno che il calcio italiano – un calcio notoriamente diviso su tutto – sta mettendo nell’unica impresa in cui è riuscito a trovare granitica e rapidissima unanimità: cancellare l’ingombrante memoria di José Mourinho.Dopo la conquista della Supercoppa italiana da parte dell’Inter di Rafa Benitez (prima partita e primo successo ufficiale del tecnico spagnolo), è quasi sembrato di sentire l’enorme sospiro di sollievo emesso da stampa e allenatori di casa nostra: ha vinto l’allenatore che esplicitamente nega la propria importanza e attribuisce il merito dei successi a calciatori e società. In altre parole, ha vinto l’allenatore che riannoda il filo dell’antica tradizione di falsa modestia tipica dei tecnici italiani, che Mourinho in poche conferenze stampa aveva fatto saltare.Soprattutto, però, sugli allenatori e sugli osservatori italiani il successo di Benitez ha un fondamentale effetto tonificante, perché permette di avviare ufficialmente l’opera di ridimensionamento. Vinceva Mourinho, vince anche Benitez. E il fatto che lo spagnolo abbia battuto la Roma schierando la stessa formazione che ha conquistato la Champions al Bernabeu non è (come sarebbe logico pensare) la prova che Mourinho aveva fatto un capolavoro, ma che i giocatori sono così bravi che cambiando l’allenatore il risultato non cambia. E cioè: l’Inter vince perché ha più fuoricl

E così, il più è fatto. Mourinho, il secondo allenatore più importante della storia dell’Inter dopo Helenio Herrera, sta già diventando uno che ha fatto bene, per carità, ma sulla cui importanza non bisogna esagerare. Una boccata d’ossigeno per la categoria, che da un giorno all’altro si era ritrovata invecchiata, criticata e sconfitta da un tecnico il cui carisma aveva fatto passare (troppo) in secondo piano la bravura.

 

Trovando, in questo, un complice non casuale nella stampa. È?vero, Mourinho serviva su piatto d’argento almeno una notizia al giorno. Ma ci volle poco a capire che non era un regalo. La celebre conferenza stampa degli «zeru tituli», con l’accusa di prostituzione intellettuale a un’intera categoria (senza distinzioni), è ovviamente il simbolo dell’insopportabilità di Mourinho per un intero sistema. Che per anni ha vissuto trovando normali e accettabili cose che un allenatore proveniente da un altro mondo trovava semplicemente incredibili (non a caso, Barbara Spinelli sulla Stampa paragonò Mourinho al bambino che, nella favola, dice che il re è nudo).

asse che gioco.Anche Benitez è straniero, anche Benitez arriva dall’Inghilterra. Ma è troppo diverso da Mourinho e – soprattutto – ha osservato così bene quanto è accaduto in Italia negli ultimi due anni, da non poter che adottare la strategia opposta. Non è – e non può essere – un caso se un paio di settimane fa, sul Corriere dello Sport, Claudio Ranieri lo ha definito in un modo che dice tutto su quello che ci aspetta nella stagione 2010-2011: «Benitez? Ha preso molto dalla scuola italiana». Una normalizzazione in piena regola, che è come dire: se dobbiamo perdere, meglio che succeda con uno che non ci metta di fronte alla nostra arretratezza, al disastro del nostro calcio, alla nostra convinzione di essere ancora e sempre i migliori a dispetto dell’evidenza. E anche alla nostra ipocrisia.L’ottimo Rafa, ovviamente, non ne ha nessuna responsabilità. Di certo le sorti del calcio italiano non devono dipendere da lui (come dallo Special One). E, indubbiamente, un po’ di tensione in meno male non fa. Ma vivere (e raccontare) Mourinho come una brutta parentesi da chiudere in fretta è il modo migliore per garantire al calcio italiano un destino periferico. Culturale, ma anche (piaccia o non piaccia) tecnico e tattico. La storia insegna che il declino può capitare, e per tante ragioni. Ma sceglierlo, anche con una certa fierezza, è una colpa.