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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 24 APRILE 2024

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Calogero Mannino, democristiano: professione (trentannale!) imputato. La vera storia dei processi siciliani (e non solo!)!

Calogero Mannino, democristiano: professione (trentannale!) imputato. La vera storia dei processi siciliani (e non solo!)!

Poi dicono che io sono prevenuto, ma quanto sto per raccontare, in modo non ‘strumentale’ -poiché trattasi non solo di un amico, bensì di un ‘pezzo’ della mia vita, una parte importante, dal punto di vista affettivo, formativo ed infine politico- è la storia di un ‘Uomo di Stato’ (così si è sempre, giustamente definito!), il quale proprio allo Stato non ha mai e poi mai voltato le spalle, e ancora mai lo ha infangato o tradito, oppure, nel modo più assoluto, ha pensato di ‘svendere’ le istruzioni tutte, pur se tale è stata l’ ‘assurda’ accusa, rivoltagli e sviluppatasi, in un trentennio di plurimi procedimenti giudiziari, da cui è sempre uscito assolto.
È la storia, insomma, di un ‘professionista’ -purtroppo!- la cui ‘attività’ a tempo pieno, dal nefasto 1992, è diventata quella dell’imputato, disgraziatamente eccellente.
Anche Lillo, come lo chiamiamo tutti familiarmente, ha patito al pari di Enzo Tortora (e più di lui), una straziante e dolorosissima esperienza con l’ ‘Universo della Giustizia Italiana’ e ancora sto qui a chiedermi se il principio del ‘ne bis Idem’ -cioe` quello che sancisce di non poter processare un qualsiasi qualcuno, per lo stesso ipotetico reato- sia valso per lui o meno.
E già, perché Lillo, di riffa o di raffa, oppure a seguito di un ‘destino cinico e baro’ (anche se in questo caso, Saragat, cioè colui il quale coniò tale locuzione, sebbene a seguito della sconfitta elettorale del 1952, non c’entra nulla), proprio lui, ovvero Mannino, da leader della DC siciliana (di cui è stato Commisario Regionale per ben quattro anni, cioè dal 1983 al 1987), ha patito -con tutta la sua famiglia e gli amici veri, che mai lo abbiamo rinnegato- un’autentica ‘Via Crucis’ laica, praticamente il supplizio di trent’anni, trascorsi, per lo più o pressappoco, nelle aule del Tribunale.
È vero, ha ragione Lillo, questo tempo è lungo una vita e la vita -la sua vita!- se la sono presa, senza un minimo di resipiscenza, da parte di chi lo ha indagato e contro di lui ha chiesto imputazioni o condanne, con l’ assoluto (pre)dominio, tipico della furia e della barbarie ‘neogiacobina’.
Ma è mai possibile credere allo zelo superpartes di chi nelle vesti di P.M., sosteneva non accuse, ma grottesche surrealita`, in luogo a mistificazioni della storia politica, non solo democristiana, bensì della Sicilia tutta (e anche italiana)?
È, sempre, mai possibile che costoro non si fossero ricordati come fu proprio Mannino a espellere -il quale non gliela perdonò affatto e per sempre- Vito Ciancimino, dal Partito, impedendogli nel congresso di Agrigento, persino la partecipazione ad una lista unitaria, proprio per marcare la differenza e la svolta, di cui, sempre Mannino, era l’incarnazione autorevole e credibile?
E poi…già poi, i ‘mitici’ Procuratori Palermitani, hanno rimosso il ricordo di chi si adoperò, politicamente -con tutto il suo prestigio e la credibilita`, ed anche il lecito carisma- affinché si potessero effettuare i lavori per la costruzione dell’Aula Bunker, dove si celebrò il Maxiprocesso, istruito da Falcone e Borsellino?
Qualora lorsignori non lo sapessero o lo volessero rimuovere dalla memoria, lo dico io, ora, qui, subito: fu, anche e principalmente Lillo Mannino, a capo della Democrazia Cristiana Siciliana, ad imporsi, anzi a ‘pressare’, alfine di completare l’opera, quindi eseguita, per di più a tempo di record.
Perciò, uno che fa tutto ciò, al termine della Prima Repubblica, lo si accusa di ‘trattare sottobanco’, pur di salvarsi la vita e di trattare, proprio con il suo ‘nemico acerrimo’, cioè il Ciancimino, di cui sopra!
Assurdo, tutto assolutamente assurdo, in quanto, viene messo in scena, praticamente, un teorema accusatorio, il quale mai avrebbe dovuto, solamente, essere ‘coltivato’, quale ipotesi investigativa, seria, autentica, cioè da perseguire, ma così -incredibilmente, ingiustamente (e non aggiungo altro!)- dicevo così è stato e così è andata.
Eppure c’è dell’altro, cioè il legame con Falcone, del quale Mannino, pur potendolo fare, durante gli anni dei processi subiti, mai ne ha fatto cenno – poiché Lillo è così, un uomo perbene, di grandi pudori e dignitosa, ancorché autentica, riservatezza affettiva- anzi, con eleganza e stile, non ha mai citato il magistrato assassinato, contrariamente a come hanno fatto molti colleghi del defunto, persino e soprattutto coloro i quali gli erano ‘ostili’, proprio nello stesso Palazzo di Giustizia palermitano, che venne definito, a torto o a ragione, il ‘Palazzo dei Veleni’, ma che con una strumentalità cinica, e miseramente calcolatoria, dopo la strage di Capaci, si sono proclamati (in modo autoreferenziale) ‘eredi morali e professionali’, cancellando e omettendo, anni di boicottaggi e altro ancora, certamente in modo e maniera molto discutibile.
Ordunque, fu proprio Mannino, che portò Falcone da Francesco Cossiga (amico vero ed estimatore sincero, di Lillo, mantenendo tale posizione, sempre e senza rinnegare ciò, soprattutto negli anni dei processi e finché Francesco è rimasto in vita), per la semplice ragione -e mi riferisco a Falcone, nel 1991- che oramai, il magistrato siciliano, non riusciva più a sostenere il clima a lui avverso, da parte del suo stesso ambiente professionale e, quindi degli stessi colleghi.
Tutti questi sono fatti concreti, anzi, verità, storia autentica e non mendace, oppure apocrifa, però nessuno ha mai avuto il coraggio di dirlo e gli stessi P.M., non lo hanno voluto tenere in debita e dovuta considerazione -contrariamente a quanto prescrive e sancisce la legge!- forse per la semplice motivazione che bisognava processare, condannare e infangare, l’intera esperienza politica della DC, in quanto il disegno e la traccia del nuovo e insussistente corso italiano (iniziato, proprio nel 92), si è poggiato, su tale abominevole assunto: spazzare via i Partiti di Governo e…non continuo, poiché prove non ve ne sono, ma per il momento, un domani chissà!
Già, nel nostro Paese, dove si sono formate Commissioni Parlamentari per i più svariati motivi -e io dico, grazie a Dio- stranamente, per quel che concerne i fatti dell’epoca di cui ho più volte ribadito l’anno, ancora e nonostante le coraggiose richieste di pochi (soprattutto il Presidente Craxi, dal suo triste ed ingiusto esilio tunisino), dico nessuno -o tutt’al più un gruppo di sparuti eroi- ha inteso prendere una forte, autentica, doverosa e autorevole, posizione su codesto argomento, benché la cosa, contraddistinguerebbe, encomiasticamente, l’attuale Parlamento e l’intera classe politica (o para tale!).
La verità è triste, forse persino miserevole, epperò il lecito sospetto mi assale e mi pervade, perché se verità dovesse emergere, come si giustificherebbe la presenza nelle istituzioni, di molti e tanti dei nostri contemporanei, i quali sono, in molti casi, alla stregua degli abusivi, nella vita politica italiana?
E comunque, per onore di onestà, bisogna pur avere il coraggio -soprattutto in ossequio alla civiltà e in ottemperanza al rispetto che si deve verso la storia (quella vera, non certo la relativa e settaria, di discutibili e poco credibili ‘revisionisti’, i quali spesso e volentieri, li ritroviamo, ormai, persino nelle aule di giustizia, a concionare ed illustrare, pro domo loro, ricostruzioni fallaci, oltre ad imbastire processi dove sono i morti, a fare e ad essere protagonisti, nelle vesti di imputati e financo di testimoni!)- dicevo si deve avere il coraggio (o quantomeno trovarlo), pur di compiere una simile azione, che non sarebbe null’altro di un normale comportamento istituzionale.
Infatti, un Paese senza rispetto per la memoria e privo di conoscenza, circa fatti autentici e traumatici -che hanno, palesemente, mutato il corso degli eventi, spazzando via un’intera classe dirigente, la quale, seppur con qualche errore (ma chi non sbaglia a questo mondo?), ha, comunque, ben governato l’Italia, per quarant’anni, facendola diventare, la quinta, se non la quarta potenza economica mondiale- o anche omettendo chiarezza per ogni aspetto avvenuto (probabilmente ‘misterioso’), è un Paese ‘debole’, benché io rimanga certo del fatto, di quanto ciò non sia vero, né credibile, né giusto!
In chiosa, la considerazione finale è d’obbligo, financo, sinceramente sentita, perché la vicenda, di cui Lillo Mannino è stato -suo malgrado e senza volerlo!- protagonista e persino vittima, possa restare un monito (e uno spunto), verso chiunque sia appassionato di politica, la quale -come l’ha ben definita, San Paolo VI°, vero fondatore della DC- è anche “la più alta forma di carità cristiana, nella vita laica”, ma deve sapere scegliere e, soprattutto, in modo coraggioso, per il rispetto dovuto nei confronti dei cittadini, ha il dovere di assumersi ‘oneri’ politici, ricordando che proprio i politici, sono tenuti a dare, loro stessi per primi, il buon esempio.
Certo, Mannino l’ha così interpretata e durante la sua vicenda -surreale!- non ha mai dismesso siffatta impostazione, perché lui è veramente un ‘Uomo di Stato’, anzi, la dimostrazione del suo rigoroso contegno è sotto gli occhi di tutti, pur avendo ‘tribolato’, oppure provando dolore per la ‘violenza’ che subiva, sulla base (del procedimento infinito), di cui è stato oggetto.
Altrettanto perentorio, parrebbe confermata, l’assunto di ciascuno, (quante persone, come lui hanno affrontato, gli anni dell’infamia e della gogna, continuando a rispettare le vestigia di uno dei poteri del nostro Paese, ovvero quello , giudiziario, nonostante fosse chiara la prevaricazione di quest’ultimo, sugli altri due, cioè il legislativo e l’esecutivo, ovvero quelli afferenti alla politica.

Vincenzo Speziali
Coordinatore regionale Udc Calabria