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TAURIANOVA (RC), VENERDì 17 MAGGIO 2024

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Calabria, scuola, la DAD un fallimento. A chi sta bene? Oltre 13 mila su 40 mila insegnanti non si sono vaccinati. Perchè? Inutile nasconderlo sono stati 18 mesi di “pandemia” e per tanti attori della scuola è stata una vera pacchia. Cerchiamo di capire le ragioni

Calabria, scuola, la DAD un fallimento. A chi sta bene? Oltre 13 mila su 40 mila insegnanti non si sono vaccinati. Perchè? Inutile nasconderlo sono stati 18 mesi di “pandemia” e per  tanti attori della scuola è stata una  vera pacchia. Cerchiamo di capire le ragioni

di ROBIN HOOD

Un dato elevatissimo 13.660 personale della scuola calabrese che ancora non si è vaccinato contro il coronavirus. Un numero impressionante. In Calabria la scuola è quasi fallita, la stragrande maggioranza dei ragazzi affidati alla Dad non ha raggiunto risultati sufficienti non per responsabilità esclusiva degli alunni, ma anche per menefreghismo della scuola e delle istituzioni . Un fallimento in tutti i sensi, ed a tanti sta bene. Ai professori (comodamente seduti) da casa non sono in grado di dare giudizi online, impossibile poter giudicare i ragazzi via internet. Oltre a non parlare di attori della scuola impegnati su più fronti nella vita. In taluni casi l’insegnamento è un optional, pagato dallo Stato, senza far nulla. A questo va aggiunto che tantissimi ragazzi non hanno la possibilità di avere la linea internet ed in determinati comuni è un miraggio. Moltissimi alunni abbondonati al proprio destino oltre che tanti hanno deciso di mollare. Un disastro che deve far riflettere tutti. Cercare di capire chi ha determinato il fallimento non è difficile intuirlo. Agosto 2021 oltre 13 mila docenti non si sono ancora vaccinati… vuoi vedere che la DAD conviene a qualcuno? Di una cosa siamo certi l’istruzione per gli alunni interessa ad una ristretta cerchia di docenti volenterosi, che vanno difesi contro gli usurpatori dei soldi pubblici, che alla fine si permettano di dare anche giudizi. Poi la colpa è di Nino Spirli’…

Didattica a distanza: un fallimento camuffato da rivoluzione

La rivoluzione digitale a lenta agonia il passo è breve. L’esperienza della didattica a distanza (“Dad” nel burocratese scolastico), nel sentire di tanti docenti e discenti, è una pagina da archiviare. «Prof non va la connessione», «Prof non riesco a entrare», «Prof il pc è rotto»: alcuni dei ritornelli ascoltati in 3 mesi di Dad, in bilico fra un mare di piattaforme (Skype, Zoom, Meet, Jitsi, Argo, WeSchool, Classroom ecc.) e il senso di alienazione nel parlare a un monitor.

Microfoni e videocamere spenti, un puzzle di avatar e blocchi neri. Fino, poi, insomma, una situazione insostenibile, in un contesto (pandemia e lockdown) di per sé distopico.

A un’analisi territoriale, la Dad (piovuta sulla popolazione scolastica impreparata) è un ritratto sociologico dell’Italia. Se, infatti, la “locomotiva” lombarda ha pagato caro la pandemia in termini di vite umane, il Covid ha presentato alla banlieue meridionale il salato conto della sua apartheid socioeconomica. Fra gli altri ritornelli ascoltati spiccano: «Prof non ho il pc», «Prof il pc ce l’ha mia madre/padre/fratello/sorella». Una spiegazione la danno i dati Istat (‘18-’19) impietosi: il 33,8% delle famiglie italiane non ha pc/tablet in casa, il 47,2% ne ha uno e il 18,6% ne ha due o più. La percentuale di famiglie senza pc/tablet sale al 41,6 al Sud (circa il 30% nel resto del Paese), e la Puglia è un caso critico. In questa classifica al rovescio, dove vince il peggiore, la nostra regione è terza, Calabria (46%) e Sicilia (44,4%). Ultima la p.a. di Trento, al 25%. Bene Bolzano e Lombardia: oltre il 70% di famiglie ha mezzi hi-tech di lavoro.

A marzo il ministro diceva in Parlamento che la Dad aveva raggiunto 6.7 milioni di alunni italiani, lasciando però fuori 1.6 milioni di studenti (stime Cittadinanzattiva). Troppi alunni si sono persi, altri hanno studiato dal telefono, inviando foto di compiti (spesso copiati qui e lì) scribacchiati sul quaderno, contando su una connessione debole o limitata. Regione Puglia ha pubblicato un bando da 2 milioni per l’acquisto di strumenti da parte delle scuole (sulla Murgia i carabinieri hanno ritirato i dispostivi per consegnarli agli studenti), il Comune di Bari ha chiesto aiuto ai privati, raccogliendo qualche centinaio di tablet. Misure insufficienti ma non trascurabili, in relazione alla necessità last minute.

Fra gli insegnanti, poi, la percezione cambia a seconda delle discipline: «I soggetti più fragili o meno interessati si lasciano andare con facilità, scomparendo quasi del tutto e rendendo obsoleti i tentativi di recupero – dice Marco Gadaleta, docente d’informatica al “Cartesio” di Triggiano. La correzione dei compiti non può basarsi sull’autenticità dell’elaborato; vanno rivisti standard di voti e tipologie di attività da assegnare. In positivo, la qualità della lezione giova del tono più colloquiale, gli interventi sono sinceri, le distrazioni diminuiscono. I reali interessi degli studenti trovano più spazio e si integrano nel programma. Il paradigma di valutazione è alterato ma, se ben strutturato, invoglia lo studente a utilizzare l’attività assegnata come strumento per comunicarsi a docente e compagni».

Una docente di lettere di un istituto di Polistena , dice: «La scuola è presidio della legalità sul territorio, è spazio fisico per la formazione di coscienze critiche e per l’esercizio della cittadinanza attiva. Il suo ruolo non può essere smaterializzato, né ridotto a mero canale di trasmissione. Spero che, a fronte dell’efficienza organizzativa dimostrata dai suoi soggetti, nessuno intenda replicare il “mostro” fuori dall’emergenza: efficienza non è efficacia».

La Dad, in generale, ha allargato il gap culturale centro-periferia, sollecitando riflessioni sui limiti sociali del sistema liberale. «Il bilancio è negativo – dice un docente di Cittanova (Piemonte 7mo, con il 34% di famiglie senza pc/tablet). Parola d’ordine “confusione”: Ministero e uffici scolastici o non hanno dato direttive o non c’è stata chiarezza. Docenti e istituti si sono autogestiti, facendo i conti con strumenti ignoti e lavorando anche 24/7: nelle periferie e in provincia di Torino, per esempio, le scuole hanno organizzato il comodato d’uso dei device per famiglie. Quanto ai ragazzi, chi lavorava bene (perché seguito anche a casa) ha continuato a lavorare bene, chi rimaneva indietro è rimasto ancora più indietro. La scuola spesso si trova a tamponare situazioni di disagio socioeconomico, cosa impossibile a distanza. Al Nord il fenomeno è accentuato, con un tessuto sociale più sfrangiato rispetto al Sud: con la Dad siamo al “darwinismo didattico”».

Continua un docente dell’alberghiero di Vibo Valentia che spiega: «Né un successo né un insuccesso. Si è cercato di non far perdere nulla ai ragazzi, ma l’Italia non era pronta. Tutti abbiamo un telefono e navighiamo, ma conosciamo poco i mezzi digitali. Non molti hanno strumenti informatici a casa, l’Italia è digitalmente arretrata. Abbiamo fatto fatica a riformulare metodi e programmi, la Dad è fredda e coinvolge poco. Fortunatamente la preside del mio istituto si è prodigata per fornire strumenti ai ragazzi, sfruttando i finanziamenti. Si dovrebbe puntare su corsi di formazione per studenti e soprattutto docenti, che spesso trascurano il bisogno di acquisire competenze. Per eliminare le diseguaglianze la scuola deve tornare centro della società».