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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

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Blonde Redhead, “Penny Sparkle”

Blonde Redhead, “Penny Sparkle”

Un vecchio gruppo, ma sempre attuale

MARINA CALIVI

Blonde Redhead, “Penny Sparkle”

Un vecchio gruppo, ma sempre attuale

 

MARINA CALIVI

Se qualcuno, come me, riscoprisse oggi i Blonde Redhead dopo i loro tumultuosi esordi avvenuti 16 anni fa, sicuramente
penserebbe si tratti di un gruppo completamente nuovo. Perchè da fedeli ispiratori dei Sonic Youth, rumorosi, graffianti,
ed assolutamente pop, si sono via via addolciti dando vita a sonorità più calde e sinuose, rendendo questo “Penny Sparkle”
una piacevole “tortura” per gli amanti del più elegante ed etereo dream-pop.

Scivola via come gocce di pioggia in un pomeriggio desolato d’autunno, brucia e scalfisce come il sole cocente d’agosto,
sulla pelle, in un vortice degnamente guidato dalla voce raffinata e comunicativa di Kazu Marino, leader indiscussa di
questo trio italo-giapponese, affiancata dai gemelli Amedeo e Simone Pace (italiani d’origine, ma newyorkesi d’adozione).

Questo “Penny Sparkle” dalla complessità emotiva disarmante, regala spunti di innata e provocatoria sensualità dalla prima
all’ultima traccia, senza tralasciare quella vena malinconica, volutamente presente, che rende la loro musica quasi una cura
intensiva per stare meglio. Protagoniste essenziali di questo nuovo, esaltante capitolo della carriera dei Blonde Redhead,
certamente tastiere dalle pulsazioni e tessiture synth-dark degli anni 80, le quali si sovrappongono a quelle chitarre
incalzanti e creative che avevano reso quasi incoscienti gli esordi del trio newyorkese.

Pregna di elettronica ed ambientazioni dreamy l’iniziale “Here Sometimes”, mentre prevale il trip-hop allo stato puro in
“Oslo”, con la quale l’album raggiunge l’apice compositivo, ricordando in alcuni aspetti i primi Portishead. La versatilità
delle loro composizioni emerge nella perla vintage “Will Be There A Stars” con Amedeo Pace alla voce, nella quale è evidente
una concessione al sound del passato, l’unico vero episodio sporco e rock tra le tinte notturne e le ammiccanti melodie di
Kazu (“Black Giutar”, “Spain”).

Una trasformazione, la loro, che ha generato non poche perplessità da parte della critica, definita appunto come un problema
strutturale, una vera perdita d’identità, ma che è semplicemente sinonimo di un maturo cambio di rotta, una degna concatenazione
con il loro precedente “23”, un lavoro pieno e denso da ascoltare e riascoltare in tutta la sua integrità..Magari in un cupo
e malinconico giorno di pioggia.

redazione@approdonews.it