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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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Apriamo un dibattito sulla legge elettorale

Apriamo un dibattito sulla legge elettorale

Editoriale di Bruno Morgante

Apriamo un dibattito sulla legge elettorale

Editoriale di Bruno Morgante

 

 

Il presidente Berlusconi ultimamente ha rilanciato la necessità di una riforma elettorale che ridia al cittadino il potere di scegliersi il parlamentare, fermo rimanendo il sistema maggioritario.

Forse questa volta si farà sul serio per cui, vista l’importanza del tema, vitale per la democrazia, riteniamo importante partecipare alla discussione con nostre riflessioni, partendo da una analisi della situazione attuale.

Il tentativo è di valorizzare quanto di buono c’è nella nostra breve storia democratica per avere punti di riferimento solidi su cui costruire,non per restaurare, ma per meglio stare in Europa e per non rischiare di buttare il bambino insieme all’acqua sporca, come forse è successo quando la domanda di cambiamento non soddisfatta dai partiti si è trasformata in una demonizzazione di tutto quanto c’era prima.

Con questo articolo apriamo un dibattito per arrivare a formulare proposte, che non per forza debbono essere convergenti, essendo fondamentale il principio che sulla legge elettorale si sviluppi il massimo di partecipazione perché non è materia tecnica appannaggio dei soli partiti, ma rappresenta le regole del gioco democratico e quindi la misura di quanto conta il nostro voto e la possibilità di costruire una democrazia partecipata, alternativa alla democrazia oligarchica a cui stiamo andando incontro.

Da tempo il tema della riforma elettorale, per sanare lo sconcio perpetrato ai danni della democrazia rappresentativa con la legge vigente, che è una porcata a sentire il suo stesso estensore Calderoli, affiora, come un fiume carsico, al centro del dibattito politico spesso quando si vuole prendere tempo o mandare messaggi al’interno del proprio schieramento, per inabissarsi subito dopo.

Nel primo caso i media organizzano subito dibattiti tra i partiti, sui giornali si esprimono valenti politologi, le ipotesi di riforma fioriscono spaziando dal sistema maggioritario uninominale puro modello anglosassone,al sistema francese con uninominale a doppio turno, al sistema proporzionale alla tedesca con sbarramento, al sistema spagnolo con innesto di sistema polacco, per finire ai nostalgici del bipartitismo per legge, con poteri assoluti ai segretari di partito.

C’è da essere spaventati.

Nel secondo caso, quando il tema si inabissa, nel momento in cui qualcuno pone il problema della riforma elettorale i giornalisti, ma soprattutto i parlamentari in carica, intervengono per dire che i cittadini non vogliono sentire parlare di legge elettorale, ma di problemi veri quali la disoccupazione, la casa, etc..

Siamo nella demagogia più pura.

Intanto stiamo minando alla base la struttura democratica del nostro Paese.

Votiamo sulla base di una legge incostituzionale, come dichiarano quasi tutti i costituzionalisti.

I voti dei cittadini non sono uguali perché il premio di maggioranza ( siamo l’unica democrazia occidentale ad averlo) e gli sbarramenti disuguali tra chi è in coalizione e chi si presenta da solo rendono diverso il peso di ogni voto a seconda del partito votato.

Se io voto un partito che prende il 3,5% dei voti, ma non è apparentato in uno schieramento, non contribuisco ad eleggere nessun deputato, perché c’è lo sbarramento al 4%, mentre se voto un partito che prende lo 0,3% dei voti, ma è apparentato in uno schieramento in cui tutti i partiti superano il 2% dei voti, contribuisco ad eleggere parlamentari.

Ne discende, anche, che i maggiori partiti che guidano gli schieramenti possono stabilire quali dei piccoli partiti che non arrivano al 4% dei voti possono esprimere deputati nel parlamento, facendoli apparentare e quali invece debbono sparire dal parlamento, negando l’apparentamento.

Non c’è il voto di preferenza e i parlamentari dei singoli partiti vengono eletti in proporzione ai seggi assegnati al singolo partito scorrendo l’ordine di presenza della lista bloccata a livello regionale redatta dal segretario di quel partito.

Una oligarchia composta dai segretari dei partiti nomina, quindi, il parlamento. Solo l’imperatore romano Caligola ebbe questo potere e nominò senatore il proprio cavallo. Ancora a questo non siamo arrivati perché siamo al livello di segretarie personali, personal trainer, avvocati personali, medici personali, belle ragazze, etc..

Il principio costituzionale che il parlamentare non ha vincolo di mandato, quale garanzia di libertà del deputato, rappresentante del popolo, permette di esprimersi anche in maniera difforme dall’ordine di partito se ritiene che questo non coincida con il mandato dei propri elettori, non esiste più nei fatti, in quanto il deputato non viene votato dai cittadini ma nominato dal proprio segretario per cui se disobbedisce non verrà più nominato a meno che non cambi partito e non ottenga dal nuovo segretario la promessa di essere nominato, quale premio per il cambiamento di casacca.

Non siamo più di fronte a libertà di pensiero e a dissenso per motivi ideali, culturali, di coscienza, ma a mero trasformismo.

A questo punto non si capisce chi rappresentano i parlamentari.

Nella scheda elettorale c’è il nome del leader dello schieramento per cui lo stesso, se vincente, si sente investito direttamente dal popolo per governare, mentre abbiamo una costituzione che prevede un regime parlamentare, per cui i cittadini eleggono il parlamento e il presidente del consiglio viene nominato dal presidente della repubblica e deve poi ricevere la fiducia della maggioranza dei componenti di entrambi i rami del parlamento per governare.

Da ciò si deduce che da decenni viviamo ormai con una costituzione vigente e con una costituzione materiale che spesso entrano in rotta di collisione generando tensione e accuse reciproche tra i due schieramenti da una parte di cesarismo e di deriva plebiscitaria e dall’altra di non rispetto della volontà popolare e quindi della democrazia sostanziale.

Da decenni non si affrontano i problemi del Paese perché si governa con i sondaggi giornalieri, per cui nessuno assume decisioni che possono creare malcontento e regalare vantaggi all’avversario politico.

Ciò implica l’uso smodato della comunicazione e la deriva populista e demagogica per tranquillizzare il popolo e la demonizzazione dell’avversario politico, che diventa il nemico da combattere e il responsabile di tutti i mali in quanto impedisce, anche se minoranza, di fare le cose buone per il paese.

In questo clima di transizione perenne non c’è certezza della costituzione e si arriva ad accettare come fatto folkloristico anche l’offesa alla bandiera da parte di un ministro della repubblica, così come il gesto volgare con il dito medio dritto nella mano chiusa nei confronti del presidente della repubblica.

Gli schieramenti sono ostaggio dei partiti estremi, anche se minori, perché in questo sistema bipolare, dove si può vincere per pochi voti, sono indispensabili.

Di fronte a questi fatti e alla crisi economica senza precedenti che attraversa il paese non desta meraviglia il fatto che i partiti abbiano l’8% di gradimento da parte dei cittadini e che ben un milione e duecentomila elettori, senza grande organizzazione ed informazione, abbiano firmato per un referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale, referendum che non si terrà perché la corte costituzionale lo ha ritenuto inammissibile.

Eppure gli italiani sono il popolo che è riuscito a rimboccarsi le maniche dopo la guerra, da cui il paese era uscito distrutto, compiendo un miracolo che lo ha portato dopo appena venti anni a diventare una delle grandi potenze industriali del mondo, da popolo semi analfabeta e contadino quale era.

Forse è il caso di tentare di capire cosa è successo per arrivare a questo punto e per ognuno di sforzarsi di dare il proprio contributo per superare questa fase infinita di transizione.

Abbiamo bisogno di un sistema elettorale che permetta al cittadino di scegliersi il proprio parlamentare e che sappia coniugare, attraverso processi decisionali snelli, governabilità e valorizzazione, attraverso un parlamento forte per mandato popolare, della partecipazione, della rappresentanza delle idee e dei territori.

Noi riteniamo che sia possibile raggiungere questi obiettivi valorizzando il potere di scelta dei cittadini, il ruolo dei partiti da riformare, che rimangono un pilastro della democrazia e momento insostituibile di partecipazione della gente alle vicende pubbliche, il ruolo del parlamento e il potere dell’esecutivo che deve poter contare su processi decisionali snelli e certi.

redazione@approdonews.it