Allarme tonno avariato, alcuni casi di intossicazione in Puglia, Basilicata, Lazio e Veneto
Giu 02, 2017 - Giovanni D'agata
E’ cronaca nazionale di questi giorni quella che riporta più di 200 casi di intossicazione
da tonno registrati negli ultimi giorni. Il ‘’veleno’’ che ha intossicato
viaggiava in quintali di pesce, alcuni dei quali sequestrati dalle Capitanerie di
Porto, altri finiti sulle nostre tavole nelle Regioni di Puglia, Basilicata, Lazio
e Veneto. Non in ultimo dopo questo fatto di cronaca nel pomeriggio di oggi, è stata
diramata dal Ministero della Salute una nuova allerta alimentare. Il richiamo riguarda
il “Trancio di Tonno” pinna gialla ( Thunnus Albacares) decongelato lavorato e commercializzato
in Italia dalla ditta “ITTICA ZU PIETRO” srl con sede a Bisceglie (BT) via Varsavia
n 9. Nello specifico interessa i lotti L1 753180517 e L2 753200517 confezioni da
circa 2 kh al pezzo, con termine minimo di conservazione rispettivamente del 02/06/2017
e 07/06/2017. Motivo del richiamo: presenza di Istamina oltre i limiti ex Reg. 2073/2005
s.m.i.. Gli episodi, oltre ad essere interessanti da un punto di vista epidemiologico,
si tratterebbero infatti di uno dei pochi casi documentati in Italia, è molto utili
da un punto di vista didattico: evidenziano il sottile confine che esiste tra dose
terapeutica o fisiologica e dose tossica; richiama il concetto di sinergismo tra
sistemi molecolari; ricorda che questi, in certe condizioni, si trasformano e cambiano
le loro proprietà biologiche. Non in ultimo, questo fatto di cronaca ci procura
una certa ansia ‘’benefica’’ che ci ricorda che è necessario prestare molta
attenzione alla qualità dei cibi che consumiamo. L’ingestione di partite di tonno
mantenuto in condizioni non idonee di conservazione, ha causato nei malcapitati la
cosiddetta sindrome sgombroide, o intossicazione da istamina (HFP). La sindrome sgombroide,
ricorda Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti [1]” è una
sindrome acuta causata principalmente dal consumo di prodotti ittici contenenti alti
livelli di istamina e probabilmente di altre ammine vasoattive o altri composti.
Nella maggioranza dei casi la HFP ha un andamento benigno con sintomatologia limitata,
ciò causa una notevole sottostima dell’incidenza del fenomeno. Dal 1970 i paesi
con il maggior numero di casi riportati sono il Giappone, gli Stati Uniti e il Regno
Unito, ma probabilmente perché in questi paesi il sistema di notifica è il migliore.
I casi riportati in Italia, invece, sono pochi e scarsamente documentati.6,7 Si
ricordano:
-il focolaio di Palermo nel 1979, nel quale furono coinvolte 250 persone;
-il caso di Catania nel 1999, nel quale , delle 12 persone che avevano mangiato tonno
cotto in casa, 7 presentavano sintomi riferibili a sindrome sgombroide;
-due casi gravi, registrati nell’arco di cinque giorni in un ospedale di Palermo
nel 1996;
-12 episodi di avvelenamento diagnosticati nelle regioni Umbria e Marche nel quinquennio
1996-2001;
-un caso nel gennaio 2005 e due casi nel 2006 presentati all’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.
La diagnosi di ‘’scombroid syndrome’’ si basa sulla sintomatologia ( nausea,
vomito, diarrea, vertigini, cefalea, rush cutaneo, disturbi respiratori e ipotensione)
e sulla storia di recente assunzione di sgombroidi. L’inizio della sintomatologia
è rapido (20-30 minuti dall’assunzione dell’alimento) e i disturbi, abitualmente
di lieve entità, si risolvono in genere in meno di 24 ore. La mancanza di precedenti
reazioni allergiche al cibo implicato dovrebbe indurre il medico ad escludere l’allergia.
L’analisi di materiale biologico (vomito, sangue, urine) degli intossicati è invece
difficilmente ottenibile e di dubbia interpretazione (rapido metabolismo, diverse
origini dell’istamina). La terapia della sindrome sgombroidea è basata sull’impiego
di antistaminici.L’istamina e le altre ammine biogene sono sostanze azotate che
si formano prevalentemente dalla degradazione (decarbossilazione) microbica di aminoacidi.
I microrganismi coinvolti sono comunemente presenti nell’ambiente, pertanto le
ammine biogene possono essere contenute in alimenti e bevande, ma la loro presenza
è maggiore nei cibi a rapida deperibilità. Soprattutto se fermentati e ricchi di
particolari amminoacidi, come pesci, carni, salumi, latticini e formaggi, succhi
di frutta, vino e cacao. Non tutte le ammine biogene sono tossiche dal momento che
alcune di esse svolgono importanti funzioni fisiologiche.