Gioia Tauro, “Res Tauro”. Il boss “Facciazza” Piromalli, “Il ministro sta a Roma e noi stiamo qua” perchè “a Gioia Tauro si fa quello che decide Pino”. Pure una classe da spostare…vicino casa!
Set 25, 2025 - Giuseppe Larosa
L’operazione “Res Tauro” ci consegna lo spaccato di una società succube alla “veemenza” mafiosa di ‘ndranghetisti senza scrupolo che impongono il loro potere con una continua strategia della paura: loro sono i padroni, i Piromalli, e tutto quel che accade a Gioia Tauro è cosa loro, devono chiedere il permesso a loro e nessuno si deve azzardare di uscire fuori dal seminato. Loro sono i padroni e devono essere serviti da quella “società molliccia” che il magistrato Stefano Musolino ha definito durante la conferenza stampa manifestando anche delle preoccupazioni “fosse stato un cittadino di Gioia Tauro” e che siamo davanti ad un boss, Pino “Facciazza” Piromalli che ha indossato “Il manto del lupo” indossato “solo se ci sono gli agnelli”. Riferito appunto ad una società che non riesce a ribellarsi al potere mafioso. Eppure, leggendo le intercettazioni c’è da rabbrividire, così come li abbiamo letti noi e ci siamo fortemente indignati perché ancora nel terzo millennio ci siano ancora queste condizioni mafiose che non si riescono a debellare, di gente che non lavora, nullafacenti che vivono sulle spalle dei lavoratori pretendendo denaro e paradossalmente anche “rispetto”. Rispetto ad un ‘ndranghetista che in teoria dovrebbe stare in galera e la chiave buttata al mare. È vero che occorre ribellarsi, ma come? Pensate che sia facile opporsi a dei delinquenti senza scrupoli che arrivano finanche a fare minacce orrende e soprattutto con quella “veemenza” descritta durante la conferenza stampa dal colonnello dei Ros?
Ma in questa triste pagina di “ndrangheta non ci sono solo minacce ed estorsioni a imprenditori, ma anche quel “rispetto” scaturito da una pretesa, ovvero, guardate che solo a riportarli alcuni passaggi non è facile, specie quando si legge che la figlia del boss “facciazza” Piromalli pretendeva che il preside della scuola della figlia spostasse la classe dall’edificio scolastico in zona marina all’altro più vicino alla propria abitazione. Una questione di “comodità” che la figlia del boss della Piana sottopone al padre, il quale senza batter ciglio tenta di esaudire la richiesta. È assurdo o no? Si parla di “società molle”, ma immaginate un dirigente scolastico che si vede di fronte la figlia di un potente boss della ‘ndrangheta che fa una richiesta del genere, cosa dovrebbe fare? Visto che “A Gioia Tauro si fa quello che decide compare Pino” (sic!).
E la giustificazione è che a lei, la figlia di compare Pino che decide quella che si fa a Gioia tauro.
In particolare, su istigazione della figlia di “Facciazza” (“a me interessa per una questione di comodità mia… ah… le ho detto io “… come, con la scuola all’angolo de… della casa, che ho, devo salire tutte le… inc… mattine, devo salire qua sotto?”, ora siccome…, il preside li sta accontentando a tutti… ora accontenta a me!… gli è piaciuto venire a Gíoía a scuola!?”),
Parole inequivocabili, secondo gli investigatori. “Con un lessico che non si presta ad interpretazioni alternative, la donna chiariva che l’esigenza di uno spostamento di classi atteneva a ragioni di comodità”.
Pino “Facciazza” Piromalli non ha esitato un attimo per esaudire il desiderio della figlia, “se vogliono…, faccio andare a suo cognato, quello là… del… inc… ora lo mando a chiamare…”, chiarendo che se il dirigente non avesse assecondato quella istanza «si prende le cose e se ne va”. Un potere a tutto campo, quello del boss. Secondo la logica degli interlocutori, infatti, il dirigente scolastico, avendo scelto di lavorare a Gioia Tauro doveva adeguarsi alle regole di ‘ndrangheta lì vigenti, ossia sottomettersi al volere dei membri della cosca. Un controllo del territorio che si comprende ancora maggiormente dalle parole del boss pronunciate poco dopo, “Il Ministro sta a Roma e noi stiamo qua!”. E a Gioia Tauro, anche a detta della figlia di Piromalli, la regola era una: “Gli è piaciuto venire a Gioia a scuola!?”.
Questa è l’aria che si respira a Gioia Tauro e questa è quella “veemenza” di cui si parlava durante la conferenza stampa per l’operazione della Dda, ma soprattutto questa è l’amara realtà la quale i cittadini gioiesi devono convivere “ricattati” dalla strategia della paura della ‘ndrangheta.