Ernesto Alecci sulla fuga dei medici cubani dalla sanità calabrese. Presentata un’interrogazione al Presidente Occhiuto

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Secondo le ultime notizie stampa, un altro medico della delegazione cubana ha deciso di cambiare rotta, dirigendosi verso la sanità privata. Seguendo un trend, purtroppo, molto in voga al momento nella sanità calabrese, questo medico ha dunque deciso di prestare il proprio servizio all’interno di una clinica privata a due passi dall’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, dove era stato originariamente assegnato. Anche perché probabilmente, all’interno di questa clinica privata, le macchine e l’aria condizionata funzionano, le ferie si fanno davvero, i turni non sono massacranti e lo stipendio non prende il volo per Cuba. E tutto questo mentre il vecchio ospedale Jazzolino aspetta da vent’anni di essere rimpiazzato da uno nuovo…

Questo nuovo caso di “abbandono” si aggiunge agli altri casi: oltre chi ha scelto il settore privato, c’è chi è andato in ferie e non è più tornato, chi ha preferito la sanità spagnola, chi ha fatto perdere le proprie tracce, etc. I conti cominciano a non tornare. L’accordo firmato nel 2022 con la società cubana “Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A.” prevedeva l’arrivo di 497 medici. Al maggio 2025 ne risultavano circa 370 in servizio, ma i casi di abbandono continuano a moltiplicarsi. Per questo motivo ho depositato un’interrogazione a risposta scritta al Presidente della Giunta Regionale e Commissario Occhiuto per fare chiarezza sull’intero progetto di cooperazione sanitaria con i medici cubani. La mia interrogazione intende verificare quanti medici cubani siano ancora oggi in servizio in Calabria, quanti abbiano lasciato, quali controlli siano in atto per verificare l’andamento del progetto, e se si intenda rivedere le condizioni contrattuali, che prevedono un compenso lordo di circa 4.700 euro, di cui solo 1.200 euro sono effettivamente percepiti dal medico.

Con queste premesse è legittimo chiedersi se questa forma di cooperazione valorizzi adeguatamente i medici cubani che hanno prestato il loro servizio nei nostri ospedali. Per salvare la sanità pubblica non basta “importare” medici, vanno fatti sentire parte di un progetto alla pari dei loro colleghi italiani. Evidentemente una volta giunti nella nostra regione alcuni di loro si accorgono che possono avere opportunità migliori in altri contesti. L’augurio è che si possa lavorare ad una riforma strutturale della sanità calabrese che ancora oggi sembra muoversi in modo scomposto tra proclami e interventi tampone.