L’Opinione. Dopo le dimissioni del sindaco, Crotone è un città allo sbando, sospesa tra rispetto arcaico e carrierismo politico
Ott 29, 2025 - redazione
Sede Comune Crotone
di Vito Barresi, storico sociale e delle idee, candidato a Sindaco di Crotone – centrosinistra
Da crotonese, da calabrese, da cittadino della mia città e della mia regione mi sono chiesto come si può distinguere e quali differenze ci sono tra il “rispetto” e la “reputazione” in un contesto segnato dalla ‘ndrangheta, per cercare di spiegare e comprendere — con taglio amministrativo, civico e comunicativo — perché le colpe (anche solo politiche) di un sindaco possono trascinare verso il basso l’intera città, con costi reali ben oltre l’immagine.
Rispetto e Reputazione sono espressione di due logiche opposte. Rispetto è spesso sinonimo, in realtà dove è radicata la ‘ndrangheta come nel crotonese, del binomio nefasto di paura/assoggettamento. In terre dove la criminalità organizzata ha peso simbolico e materiale, “rispetto” può significare timore: si obbedisce perché si ha paura delle conseguenze. È un rispetto estrinseco, coercitivo, legato alla capacità di intimidire, non alla qualità delle decisioni. Non genera fiducia, non consolida la legalità, non crea cooperazione civica. Reputazione, al contrario, evoca il rapporto stima/affidabilità. È il giudizio di valore che la collettività forma nel tempo su una persona o un’istituzione: coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, legalità, competenza, trasparenza, equità, capacità di rendere conto. È intrinseca e si costruisce con comportamenti verificabili. In democrazia, la reputazione è la sola fonte legittima di autorevolezza; il “rispetto” ottenuto con pugni, calci, minacce — persino solo verbali — è delegittimante. “Pugni e calci” non sono leadership perchè “nessun rappresentante istituzionale può fondare la sua affidabilità sulla logica dei pugni e dei calci.” Questo non è solo un principio etico: è strategia istituzionale. La forza fisica o l’aggressività psicologica sostituiscono il confronto pubblico con la prevaricazione; trasferiscono nell’ente locale una logica privatistica di dominio che contraddice la legittimazione democratica. L’effetto è duplice. Dentro l’istituzione: paura, silenzio amministrativo, fuga dei migliori funzionari, paralisi delle procedure, appalti fragili. Fuori: sfiducia dei cittadini, degli investitori, della scuola, del terzo settore; moltiplicazione del “si salvi chi può”. I costi della cattiva reputazione per la città (oltre l’immagine)
La “pessima reputazione” ha costi economici, sociali e istituzionali. Volendo si può anche tracciare la mappa dei danni tipici che sono di natura economica, culturali ed educativi, istituzionali e politici, tanto da potere affermare in sintesi che la cattiva reputazione di un sindaco è una tassa occulta che tutti pagano, ogni giorno.
Allora, in vista delle ormai prossime elezioni comunali, chi come il sottoscritto vuole affrontare questa impegnativa e straordinaria missione civica e politica deve domandarsi che cos’è (operativamente) la reputazione di un sindaco e rispondersi che è il rating civico del primo cittadino, misurabile su 5 assi che sono i seguenti: Legalità e integrità; Competenza e risultati; Equità e stile istituzionale; Trasparenza e accountability; Capacità di creare fiducia.
Il rispetto deve, dunque esprimere, la più alta reputazione e affidabilità istituzionale del nostro Comune e quello che chiediamo non può nascere dalla paura. Sorge e di consolida dalla stima che vogliamo meritarci ogni giorno con legalità, trasparenza e risultati. Chi alza le mani o la voce dichiara la povertà delle proprie ragioni. La nostra città non pagherà più la tassa della cattiva reputazione: apriamo gli atti, rendiamo conto, costruiamo fiducia. È questa la vera forza di una comunità che vuole puntare sui giovani e sul proprio futuro.



