Palmi, il caso dell’imprenditore Carmelo Ciccone, deve far riflettere tutti sugli abusi di una parte della magistratura in Italia
Giu 29, 2025 - redazione
Si è chiuso dopo quasi dieci anni uno dei processi più articolati e delicati celebrati presso il Tribunale di Reggio Calabria, che ha visto sul banco degli imputati imprenditori, dirigenti comunali, sindaci della zona grecanica e persino un ufficiale superiore dell’Arma dei Carabinieri. Al centro del dibattimento, gli appalti per la raccolta differenziata e le presunte infiltrazioni mafiose nel settore.
Il Tribunale ha assolto Carmelo Ciccone (difeso dagli avv. Vladimir Solano e Armando Veneto) e Francesco Maesano (difeso dagli avv. Pietro Modafferi e Maria Altomonte) dal reato di turbativa d’asta di cui al capo b) dell’imputazione, con la formula “per non aver commesso il fatto”, mentre per tutti gli altri imputati il reato è stato dichiarato prescritto. Ma il colpo più significativo è arrivato sul capo h), che ipotizzava una grave condotta di concorrenza illecita aggravata da modalità mafiose: anche in questo caso, Ciccone è stato assolto perché “il fatto non sussiste”.
Carmelo Ciccone, noto imprenditore palmese nel settore del trattamento e della valorizzazione dei rifiuti, già amministratore della RA.DI. s.r.l., era accusato di aver partecipato a un sistema di gestione pilotata degli appalti pubblici. Con lui a processo Rosario Azzarà (difeso dall’avv. Natasha Sarra), anch’egli imprenditore storico, titolare della ASED s.r.l., anch’egli assolto per alcuni dei capi d’accusa più gravi, mentre per altri è stata dichiarata la prescrizione.
A testimonianza della portata del procedimento, tra gli imputati figuravano figure istituzionali di primo piano come Giuseppe Iaria, all’epoca Sindaco di Melito Porto Salvo (difeso dagli avv. Domenico Vadalà e Carlo Morace), Vincenzo Crupi, già Sindaco di Bova Marina (difeso dagli avv. Domenico Vadalà e Paolo Tommasini). Tutti coinvolti per presunti rapporti collusivi con la filiera imprenditoriale privata nel settore ambientale.
Tra gli imputati anche un nome che ha fatto particolarmente scalpore: il Tenente Colonnello Giuseppe Benavoli, già in servizio presso la Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria al momento dei fatti. Benavoli (difeso dagli avv. Marcello Foti e Luciano Terra) fu tratto in arresto nell’ambito dell’inchiesta con l’accusa di aver favorito l’affidamento di appalti in cambio della possibilità di indicare persone da assumere presso la ASED.
Altri imputati hanno definito la propria posizione con condanne in rito abbreviato, divenute ormai definitive. Per coloro che hanno scelto il giudizio ordinario, le difese hanno svolto un lavoro accurato e determinato, riuscendo a smontare le contestazioni mosse dalla Direzione Distrettuale Antimafia, documentate nell’imponente avviso di conclusione delle indagini notificato nel 2017.
Emblematica è stata l’assoluzione di Carmelo Ciccone per il capo h), che delineava un presunto cartello mafioso per la spartizione degli appalti ambientali a livello provinciale e regionale. Il Tribunale ha escluso la sussistenza del fatto, restituendo piena dignità all’imprenditore palmese, la cui attività nel campo della differenziata era da tempo punto di riferimento nel settore.
Un processo lungo e faticoso, in cui la tenuta delle garanzie processuali si è dimostrata centrale. L’esito favorevole per Ciccone, Azzarà e Maesano rappresenta anche una vittoria per i rispettivi difensori, che con determinazione hanno costruito una linea difensiva solida, riportando alla luce le incongruenze accusatorie e sostenendo le ragioni dell’innocenza. Nel medesimo processo erano imputati Familiari Gabriele (difeso dall’Avv. Umberto Abate), Familiari Elio deceduto in pendenza del processo (difeso dagli avv. Maria Altomonte e Pietro Modaffari), Paviglianiti Settimo (difeso dall’Avv. Mirna Raschi) e Zappia Alfredo (difeso dagli avv. Emanuele Procopio ed Antonio Russo). Per molti dei reati contestati è stata dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione; mentre per i rimanenti è stata pronunziata sentenza assolutoria.
Risultavano costituite parti civili la Regione Calabria, la Città Metropolitana di Reggio Calabria, il Comune di San Lorenzo, il Comune di Bova Marina il Comune di Brancaleone, il comune di Condofuri e la Zetaemme
In un territorio complesso come quello reggino, dove le infiltrazioni mafiose rappresentano un rischio concreto, distinguere tra malaffare e libera iniziativa è cruciale. In questo caso, la giustizia ha restituito la parola alla verità e, soprattutto, ha fatto cadere accuse che rischiavano di travolgere reputazioni e carriere costruite con decenni di lavoro.