Raccontare i silenzi e superare le paure: #Calabriaoltre la narrazione a Scilla in passerella
Ago 14, 2014 - redazione
Bottero: «Stiamo creando uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si racconta». De Bernardo: «L’omertà comincia quando finisce la purezza e finisce quando si ritrova la dignità»
Raccontare i silenzi e superare le paure: #Calabriaoltre la narrazione a Scilla in passerella
Bottero: «Stiamo creando uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si racconta». De Bernardo: «L’omertà comincia quando finisce la purezza e finisce quando si ritrova la dignità»
Il silenzio dell’omertà, delle parole vuote, delle domande non formulate,
della paura delle risposte. *Scilla in passerella*, l’evento organizzato
dalla *Filodrammatica Scillese* con la direzione artistica di *Ossi di
Seppia* e *Sabbiarossa Edizioni*, ha scelto di sviscerare la *#Calabriaoltre
la narrazione* attraverso il valore ambiguo del silenzio, aprendo la serata
con il “testimone silenzioso” di Kieslowski: «in ogni episodio del decalogo
del regista polacco c’è un personaggio che sta fermo, scruta e non
interviene mai» ha ricordato il giornalista *Alessandro Russo* «come una
parte dei calabresi che osservano quanto accade loro intorno e continuano
ad aspettare». Testimoni silenziosi. «Per narrare la Calabria non si può
prescindere dal raccontarne i silenzi, superandoli cercando di ascoltare»
ha sottolineato *Paola Bottero*. «Quando l’apparenza diventa sostanza» ha
continuato la giornalista, autrice del romanzo *Cartavetrata*, «è facile
usare la stampa per raccontare una realtà sublimata. Ognuno di noi può
passare il segno, diventare colui che lancia il personaggio e non la
notizia. Noi giornalisti rischiamo di fare quanto già sperimentato dai
politici: creare uno scollamento tra ciò che si vive e ciò che si
racconta». Uno scollamento che non può prescindere dai tabù culturali: per
lo scrittore *Mimmo Gangemi* «il silenzio ha purtroppo delle
giustificazioni forti, è sintomo di una difficoltà di esporsi in un luogo
in cui lo stato ha spesso abdicato alla sua funzione. Il silenzio è spesso
paura, è vero, ma io continuo a rivendicare il diritto di non essere eroi».
Il magistrato antimafia *Antonio De Bernardo* ha però ricordato che questo
stesso diritto «non può diventare un alibi per la rassegnazione diffusa. Ci
sono, esistono persone che decidono di raccontare la verità anche in
situazioni difficili, e quando questo accade riacquistano un modo di essere
vivi che avevano perso. Ho visto persone rinascere attraverso la denuncia.
La verità redime». Dal canto suo il regista de *Il Sud è niente* *Fabio
Mollo* ha evidenziato che «rifiutarsi di conoscere la verità è già un modo
per ometterla. Costruire un film sul silenzio è stata una sfida per
dimostrare che la mia generazione sta dando segnali di voler andare oltre
la paura e soprattutto il retaggio antico della diffidenza reciproca».
Segnali deboli ma esistenti, quelli catturati da *Scilla in Passerella* in
un Lido Francesco stracolmo di persone decise ad andare oltre le narrazioni
stereotipate. «Non è che parlare dei mali di questa terra è parlare male»
ha continuato De Bernardo. «Occorre avere il coraggio di urlare due verità,
che la ‘ndrangheta esiste e va sconfitta e che la Calabria è una terra
bellissima. L’omertà comincia quando finisce la purezza e finisce quando si
ritrova la dignità: quando questo succede, non importa più se lo stato non
funziona come dovrebbe, si ritorna vivi». Una redenzione che parte da
dentro: Alessandro Russo ha quindi chiesto ai relatori, citando Corrado
Alvaro: «Quanto del vostro lavoro è sentirsi responsabili e chiedere scusa
per il mondo come va?» Sfaccettate le risposte: «Per me, che vengo dal
Gebbione»
ha ricordato Mollo «diventare regista è stato importante per tentare di
contribuire ad una narrazione differente. Debuttando insieme, facendo gioco
di squadra». «Io non sento né di dover chiedere scusa né di dover insegnare
qualcosa» ha affermato Gangemi «anche se noi che lavoriamo con le idee abbiamo
una forte responsabilità nell’alimentare i pregiudizi dall’interno». Per
Paola Bottero «l’unico modo per chiedere scusa è iniziare a guardarsi
dentro, prendere coscienza dei propri sbagli, rifiutare facili assoluzioni
nei confronti di se stessi. Chiedere scusa significa smettere di essere
indifferenti, e iniziare a dire cose scomode per porsi insieme delle
domande. Perché di narrazione in narrazione si è costruito un mondo che non
c’entra con la realtà».
Durante il dibattito è stato offerto un rinfresco a cura del Lido Francesco.
Oggi Scilla in Passerella si chiude in Piazza San Rocco alle ore 21.30 con
la #Calabriaoltre i commissariamenti: Aldo Aldi intervistato da Filippo
Teramo.