Editoriale di Bartolo Ciccardini
Un mercoledì da pecore
Editoriale di Bartolo Ciccardini
1. Tutta la stampa, tutta la tv, tutti gli straniti dibattiti da
condominio dei talk-show mi sono parsi stressati da “ansia da prestazione”:
“Cosa avrà pensato la Merkel del giovane Renzi? Lo avrà promosso? È riuscito
Matteo a convincerla?”. Tutti,, a cominciare da Renzi, rifiutano l’ipotesi
di un esame. Renzi afferma: “Rispetteremo i patti perché ce lo chiedono i
nostri figli e non la Merkel”. Ma tutti sono caduti nella psicosi dell’ansia
da esame. Di conseguenza tutti hanno parlato di esame superato perché la
Merkel ha sentenziato: “Programma ambizioso, sono rimasta impressionata”.
Vale a dire: “Nulla!”. Se usciamo fuori dal film della “Notte prima degli
esami” ci accorgiamo che è successo solo quello che doveva succedere. Renzi
è una novità per la sua età, per la sua determinazione, per il suo programma
e per le date che si è imposto. Ma ha veramente il Paese con lui? Ha una
maggioranza che lo sostiene? Ha un partito compatto alle sue spalle? Si può
fidare che Berlusconi mantenga fede al patto delle riforme? La Merkel, come
del resto noi, si sarà posta queste domande. Si sarà augurata, come del
resto noi, che Renzi riesca a cavarsela per il bene dell’Europa. Di più,
come del resto anche noi, non avrebbe potuto fare, con buona pace dei nostri
dibattiti da condominio.
2. Vespa, da vecchia volpe del Talk-show, non si butta nella mischia da
condominio, ma tira fuori il suo colpaccio da teatro: una intervista ad un
solo personaggio (come usa per i segretari di partito o per i presidenti di
consiglio). L’intervista è dedicata al nuovo Ministro delle Riforme, anni
32, Elena Boschi, già sbertucciata in quasi tutte le imitazioni comiche che
presiedono i nostri dibattiti politici. Elena è una giovane molto educata e
preparata. Parla serenamente, senza schemi prefissati, con razionalità e
distacco. Racconta di una sua maturità professionale evidente, illustra il
suo breve ma notevole curriculum, senza enfasi. È un po’ ripetitiva sul
programma, ma ormai le domande sono sempre uguali, anche quelle di Vespa. In
compenso ci viene mostrato un servizio sul suo piccolo paese aretino:
bonarietà etrusca, parlata splendida, umore cordiale. Elena è una brava
ragazza, lavorava in parrocchia, ha fatto il Consigliere Comunale, negli
ultimi tempi ha troppo da fare e si vede poco. Un vecchio comunista del
Paese le augura di risolvere il problema dei giovani. Il vecchio parroco la
ricorda attiva nell’insegnamento del catechismo e la benedice. Elena si
commuove e Vespa ne chiede la ragione: “Sono stata la prima battezzata da
lui, quando venne in parrocchia”. E Vespa, maligno, chiede: “Ma non sei
comunista?”. Ed Elena risponde serena: “La mia prima tessera è quella del
PD. Il comunismo non c’era più!”.
Dò un balzo, come quando a Newton cascò la mela in testa. Ecco, ora tutto mi
è chiaro, è arrivata la generazione che non ha conosciuto né la DC, né il
PCI, l’epoca in cui una giovane avvocata che ha fatto la catechista in una
parrocchia, si iscrive al più grande partito della sinistra. Ed ora
aspettiamo nervosi: ci sarà una reazione di rigetto di quelli che sono nati
prima, che un anno fa salutavano la vittoria del PD con un preistorico pugno
chiuso? Tutto dipende da questo.
Nel frattempo Daria Bignardi intervista nella sua trasmissione la splendida
Ministra della Difesa, Roberta Pinotti. È una persona preparata, saggia,
studiosa ed attenta. Daria le chiede qual è il fondamento della sua cultura
e lei si vanta di essere una scout, di essere frutto di quel sistema
educativo, di aver fatto l’educatrice scout, e questa esperienza le è
utilissima per studiare i problemi della Difesa. Ci ricordiamo che anche
Renzi esibisce il suo passato di boy-scout come suo fondamento ideologico. A
questo proposito Daniel Cohn Bendit dice che si tratta di una vera
rivoluzione, che è comune a Renzi e ad Obama, anche se non si capisce bene
se sia di destra o di sinistra. Comunque sembra essere una impresa da
boy-scout.
3. Finalmente, come era ovvio e naturale, le cattive notizie della
Crimea prendono il sopravvento sulle nostre nevrotiche ansia da esame. Putin
sposta i confini con dei carri armati travestiti da urna. Su questo nostro
settimanale avevo criticato l’errore della Nato di voler andare a piantare
le sue bandiere nei territori della vecchia Unione Sovietica (URSS), senza
trattare con chiarezza e rispetto. Ma ora devo dire che Putin ha commesso un
terribile errore, accresciuto dal fatto di aver invocato, non a caso, il
precedente del Kosovo. Una regola irrevocabile dettata dal pericolo di
autodistruzione dell’umanità, è questa: non si spostano mai più i confini
senza l’accordo di tutti, Neppure quelli fatti con un tratto di penna
casuale come in Iraq, perché si corre il pericolo di una guerra totale. Dove
è accaduto, come in Israele, è subito scoppiato focolaio pericolosissimo.
Ha ragione Putin a rimproverare la secessione del Kosovo: non si doveva
fare. Si doveva lasciar maturare un’autonomia, garantita dalla comunità
Internazionale, nell’ambito dei vecchi confini.
Ma il Kosovo non è l’Ucraina. Putin alla ricerca di una rivincita per la
umiliazione del 1989, accende un fuoco che è pericoloso non solo per il
ritorno della guerra fredda, ma soprattutto perché crea un precedente che
potrebbe trascinare la Russia nel baratro, perché tutti i suoi confini
orientali, sono sempre in discussione con il Giappone, la Cina, la Mongolia,
l’Afghanistan, l’Iran, e chissà quante altre etnie, tribù e stati.
Promuovere l’idea di poter spostare i confini con i referendum è una follia
che Putin pagherà assai cara. E, purtroppo, noi con lui.
4. Gli “scooppisti” (parola che in questo momento ho creato per
definire i giornalisti alla ricerca dello “scoop”, la notizia della vita) si
sono inventati un miserabile referendum veneto sull’onda del referendum in
Crimea. Lo scoop non meriterebbe commento se non fosse la denuncia di una
situazione terribile: in questo momento i movimenti che sono antieuropei o
scettico europei o separatisti potrebbero avere la maggioranza nelle
prossime elezioni europee. L’unico gruppo sociale e culturale favorevole
all’Europa sono i cattolici. una loro mobilitazione potrebbe far tornare la
maggioranza dalla parte della ragione. Tuttavia i cattolici addormentati
voteranno, secondo i sondaggi, per i movimenti locali antieuropei, per i
grillini, per gli avventurieri che vogliono tornare alla lira, oppure si
asterranno. Non avrei mai voluto scrivere queste parole. Ma devo dire che
questa è colpa grave dei pastori che non fanno nulla per ricordare ai fedeli
che l’Europa è un insegnamento costante della dottrina annunciata da tutti i
Papi. E che non votare per l’Europa è un suicidio che i cattolici pagheranno
assai caro.