Raffaele: “Il progetto non rispetta la normativa europea e le disposizioni del Garante per la privacy”
Safe City, CasaPound: “Dalle parole ai fatti, via alla petizione on line”
Raffaele: “Il progetto non rispetta la normativa europea e le disposizioni del Garante per la privacy”
CATANZARO – «Lamentele e polemiche sterili non fanno parte del nostro modo di agire. È per questo che abbiamo deciso, in merito al progetto “Safe City”, di lanciare una petizione on-line e di avviare la raccolta firme tra la gente per fermare una delibera della Giunta comunale di Catanzaro, che a nostro avviso si presta ad interessi speculativi con effetti eccessivamente invasivi della privacy dei cittadini». A dichiararlo è Emmanuel Raffaele, portavoce di CasaPound Italia, che in merito al piano del sindaco Sergio Abramo si era espresso già il venti dicembre dell’anno appena concluso e poi ancora il sedici marzo scorso con un comunicato in cui chiedeva provocatoriamente che le novecento telecamere venissero istallate piuttosto nei ‘palazzi del potere’.
«Diverse le ragioni ‘politiche’ del nostro no – ha proseguito Raffaele -, tutte espresse con chiarezza e ricchezza di argomentazioni nel nostro precedente intervento. Ma ci siamo resi conto, in seguito ai commenti sulla vicenda dei diversi soggetti politici locali, alcuni certamente più strumentali di altri, che il progetto andrà avanti se dalle chiacchiere non si passa ai fatti. Ecco il perché di una petizione che punta a portare la discussione su un livello più concreto, dicendo no a questo progetto sulla base della Direttiva europea 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995 (art. 6, comma 1, lett. b-c; art. 7), nonché sulla base del conseguente Provvedimento Generale in materia di videosorveglianza, emesso dal Garante per la tutela dei dati personali il 29 aprile 2004, che a nostro avviso chiariscono definitivamente l’illegittimità di “Safe City”».
«CasaPound Italia – ha concluso – non è amante delle chiacchiere e non stiamo dalla parte dei cittadini per mera propaganda più o meno elettorale: crediamo e confidiamo nel fatto che la nostra iniziativa dia una svolta alla discussione in merito, portando rilievi concreti e non ‘politici’ davanti alla Giunta ed al Consiglio comunale. L’invito a leggere il testo integrale (https://www.change.org/it/petizioni/alla-giunta-comunale-di-catanzaro-stop-al-progetto-safe-city) e sottoscrivere la petizione, dunque, è rivolto a tutti, consiglieri comunali compresi, nell’interesse dei nostri concittadini e contro il solito teatrino tra destra e sinistra».
ECCO LA PETIZIONE
Al sindaco di Catanzaro Sergio Abramo
Alla Giunta comunale di Catanzaro
Al Consiglio Comunale di Catanzaro
OGGETTO: richiesta di non procedere con l’attuazione della delibera di Giunta n. 57 dell’8 marzo 2013 (progetto “Safe City”)
Noi cittadini di Catanzaro firmatari della presente petizione, sulla base della Direttiva europea 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995 (art. 6, comma 1, lett. b-c; art. 7), nonché sulla base del conseguente Provvedimento Generale in materia di videosorveglianza, emesso dal Garante per la tutela dei dati personali il 29 aprile 2004, facciamo richiesta al sindaco, alla Giunta comunale ed al Consiglio comunale della città di Catanzaro di non procedere con l’attuazione della delibera di Giunta n. 57 dell’8 marzo 2013 e di agire conseguentemente anche in fase di eventuale discussione della citata delibera in sede consiliare.
Dunque, STOP AL PROGETTO “SAFE CITY” ed alla RIDONDANTE ed INVASIVA istallazione di novecento telecamere sull’intero territorio catanzarese.
In particolare, sulla base delle fonti citate, rileviamo come al punto 2.4 del Provvedimento generale in questione, sulla base del “principio di finalità”, il Garante osservi che: «Gli scopi perseguiti devono essere determinati, espliciti e legittimi (art. 11, comma 1, lett. b), del Codice). Ciò comporta che il titolare possa perseguire solo finalità di sua pertinenza. Si è invece constatato che taluni soggetti pubblici e privati si propongono abusivamente, quale scopo della videosorveglianza, finalità di sicurezza pubblica, prevenzione o accertamento dei reati che invece competono solo ad organi giudiziari o di polizia giudiziaria oppure a forze armate o di polizia».
Una delibera, quindi, contestabile sia per le finalità generiche e variegate espresse – sicurezza, viabilità, ecc. – che, soprattutto, per l’assenza di competenze da parte del Comune nel perseguire finalità di sicurezza pubblica.
Sempre il citato Provvedimento generale, sulla base del “principio di proporzionalità”, al punto 2.3 osserva inoltre che: «Nel commisurare la necessità di un sistema al grado di rischio presente in concreto, va evitata la rilevazione di dati in aree o attività che non sono soggette a concreti pericoli, o per le quali non ricorre un’effettiva esigenza di deterrenza, come quando, ad esempio, le telecamere vengono installate solo per meri fini di apparenza o di “prestigio”. Gli impianti di videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre misure siano ponderatamente valutate insufficienti o inattuabili. Se la loro installazione è finalizzata alla protezione di beni, anche in relazione ad atti di vandalismo, devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazioni agli ingressi. Non va adottata la scelta semplicemente meno costosa, o meno complicata, o di più rapida attuazione, che potrebbe non tener conto dell’impatto sui diritti degli altri cittadini o di chi abbia diversi legittimi interessi.[…] Anche l’installazione meramente dimostrativa o artefatta di telecamere non funzionanti o per finzione, anche se non comporta trattamento di dati personali, può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati e pertanto può essere legittimamente oggetto di contestazione […]. Il titolare del trattamento, prima di installare un impianto di videosorveglianza, deve valutare, obiettivamente e con un approccio selettivo, se l’utilizzazione ipotizzata sia in concreto realmente proporzionata agli scopi prefissi e legittimamente perseguibili».
In tal caso, rileviamo come le novecento telecamere previste (di cui duecento “artefatte” per citare la definizione contenuta nel provvedimento), circa otto per km 2 e dislocate in tutta la città («Sarà messa in pratica una tecnologia che consentirà il monitoraggio 24 ore su 24 dell’intero territorio», come affermato dal sindaco Sergio Abramo in un comunicato), contravvengano naturalmente alla raccomandazione di non usare le telecamere a scopi meramente preventivi anche su territori dove non v’è “rischio presente concreto”, di adottare un “approccio selettivo” e “proporzionato agli scopi”, né tanto meno il sindaco ha potuto sperimentare l’insufficienza di altre misure, dal momento che, ribadiamo, la competenza quanto meno in materia di sicurezza (che pare la finalità prioritaria del progetto) appartiene alle forze dell’ordine, le quali dovrebbero semmai essere oggetto di destinazione dei 24 milioni di euro di fondi in questione, così da poter agire in maniera convenzionale e più specifica sui territori a rischio.
Segnaliamo, ancora, il punto 5.1, il quale stabilisce: «Non risulta quindi lecito procedere, senza le corrette valutazioni richiamate in premessa, ad una videosorveglianza capillare di intere aree cittadine “cablate”, riprese integralmente e costantemente e senza adeguate esigenze. Del pari è vietato il collegamento telematico tra più soggetti, a volte raccordati ad un “centro” elettronico, che possa registrare un numero elevato di dati personali e ricostruire interi percorsi effettuati in un determinato arco di tempo».
In breve, tutto ciò che ha promesso di fare il sindaco Sergio Abramo.
In conclusione, sottolineiamo come il punto 2.3, in maniera perfettamente riassuntiva della questione, affermi: «Poiché l’installazione di un sistema di videosorveglianza comporta in sostanza l’introduzione di un vincolo per il cittadino, ovvero di una limitazione e comunque di un condizionamento, va applicato il principio di necessità e, quindi, va escluso ogni uso superfluo ed EVITATI ECCESSI E RIDONDANZE».
Una ridondanza che, francamente, l’istallazione di novecento telecamere per un Comune che non supera i centododici Km 2 ed i novantamila abitanti, pare l’unica cosa chiara di questo progetto.
Cordiali saluti.



