Palmi: direttore di testata giornalistica online esautorato dall’editore

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Riceviamo e pubblichiamo dalla collega

Inibita l’attività redazionale da oltre un mese

Non avrei mai pensato che dopo essere stata per ben 14 anni una delle firme più conosciute e lette nella Piana di Gioia Tauro della testata online Inquieto Notizie, e dopo 5 anni da direttore della stessa, non mi sarebbe stata data la possibilità di salutare i miei amici lettori nel giorno delle mie dimissioni da direttore, come accade in tutti i giornali.

Gli editori della testata giornalistica hanno infatti ritenuto che la mia lettera fosse «inaccettabile e irricevibile» poiché avrebbe fatto «allusioni a tentativi di condizionamento della libertà di stampa».

Gli stessi editori che hanno senza alcun preavviso, oltre un mese fa, sospeso gli account per la pubblicazione sul giornale online al direttore e ai collaboratori. Non credo che servano allusioni per descrivere la situazione, i fatti sono chiari.

Ora, se gli editori avessero letto il mio editoriale di saluto per coglierne il contenuto, con la mente scevra da ogni forma di retropensiero, avrebbero capito che quello che ho inteso offrire ai lettori è il mio personale punto di vista sul giornalismo: il giornalismo che è indagine sui fatti; il giornalismo che è un ponte tra testata e lettori; il giornalismo che non può e non deve mischiarsi con la politica. E avrebbero capito – gli editori – che mai nessun direttore di giornale al mondo avrebbe accettato passivamente, senza alzare la voce, che venissero silenziati gli account ai propri giornalisti, con conseguente blocco di un giornale, poiché è un gesto che rappresenta una grave violazione di un principio ben cristallizzato nell’articolo 21 comma III della nostra Costituzione, secondo il quale  “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Ed è, questa, la sola motivazione che mi ha spinto a dimettermi da direttore della testata Inquieto Notizie.

Probabilmente bisogna avere il timore di essere in difetto per aver letto nelle mie parole una manovra per screditare qualcuno o un modo di voler accusare alcuno di tentativi di condizionamento o limitazione della libertà di stampa.

Tanti, tantissimi affezionati lettori lo hanno notato: dal 9 febbraio scorso Inquieto non pubblica più notizie; gli editori hanno deciso, comunicandolo a cose fatte attraverso un messaggio, di aver proceduto a sospendere gli account al direttore e ai giornalisti. Un episodio tanto grave quanto inaccettabile, casualmente avvenuto nello stesso giorno in cui in qualità di direttore della testata ho pubblicato un editoriale di commento agli episodi accaduti nel fine settimana, “tirando le orecchie” a un movimento politico palmese – del cui consiglio direttivo fa parte uno degli editori della testata Inquieto Notizie  – il quale attraverso una nota stampa aveva diffuso delle informazioni che non avevano trovato riscontro nei fatti.

Se il motivo della sospensione degli account dei giornalisti sia di natura politica o, come invece sostenuto dagli editori, di altra natura, legata alla volontà di imprimere una inversione di tendenza al giornale al fine di trarre maggiori profitti, io non posso dirlo perché non lo so; ciò che so è che se da un lato gli editori «stigmatizzavano e respingevano con forza» il contenuto della mia lettera di saluto ai lettori perché ha «fatto riferimento a presunte strumentalizzazioni politiche e/o censure», ecco, dall’altro lato essi avevano già compiuto un atto di censura il 9 febbraio scorso, sospendendo gli account dei giornalisti di Inquieto. E stanno continuando a farlo, dopo aver negato per oltre un mese il regolare svolgimento dell’attività di un direttore ufficialmente in carica e dei collaboratori, impedendo infine la pubblicazione del saluto di commiato ai lettori.

Viviana Minasi

già direttore di Inquieto Notizie

L’EDITORIALE DI SALUTO

«Nel giornalismo ciò che più conta è il giornalista con il suo modo di scrivere»

Il saluto del direttore di Inquieto Notizie, Viviana Minasi, dopo cinque anni alla guida della testata

Carissimi amici di Inquieto Notizie,

siamo ai saluti finali: dopo 14 anni come giornalista di questa testata, di cui 5 – gli ultimi – nel ruolo di direttore, è giunto il momento di dirci “ciao”.

Da oggi non sono più parte della famiglia di Inquieto, un giornale al quale sono legata dal 2011, da quando il suo primo direttore e fondatore Lucio Rodinò mi ha voluta come sua vice e collaboratrice insieme a un gruppo di giovani giornalisti entusiasti e desiderosi di voler dar vita a un progetto che sin dal suo debutto si è presentato come innovativo (basti pensare a “Piana stampa”, la rassegna mattutina andata in onda per anni).

Trovo difficile, mentre scrivo questo saluto, non cedere ai ricordi, alle emozioni, alla rievocazione di giorni felici per gli “scoop” e di giorni carichi di rabbia per i “buchi” presi dalle altre testate.

Cinque anni alla guida di un giornale sono tanti. Ricordo nitidamente quando ho assunto la direzione di Inquieto, in piena pandemia; sola, seduta alla scrivania, mi domandavo se ce l’avrei fatta a portare avanti un impegno così gravoso, e a distanza di cinque anni posso dire che sì, ce l’ho fatta, tra alti e bassi.

Ho avuto la fortuna di crescere professionalmente nella carta stampata e di conoscere solo in un secondo momento il terremoto ancora in corso nel mondo dell’informazione, colpito da un cambiamento che ha riscritto anche le regole del mestiere del giornalista. Ma in tutto questo stravolgimento e nel continuo aggiornamento tecnologico, sono rimasti per fortuna due punti fermi: ciò che più conta nel giornalismo resta il giornalista, con il  suo modo di scrivere, il linguaggio utilizzato, il rispetto per i fatti e ancor più per le persone; fino a quando esisterà una società, i suoi membri saranno spinti dal bisogno di essere informati attraverso storie e anche se negli anni è cambiato il mezzo attraverso cui esse vengono presentate, a non mutare è quel bisogno che solo un giornalista – con il cosa, come, quando e perché scrivere – sa soddisfare.

Credo da sempre che il buon giornale non sia quello che riporta gli avvenimenti accaduti il giorno prima o riporti freddi comunicati stampa, spesso privi di notizia o ricchi di autocelebrazioni; un buon giornale è quello che va a indagare il senso dei fatti accaduti, cercando di prevedere la direzione che essi prenderanno. Fare un buon giornale è un po’ come costruire un ponte tra il giornalista e i lettori, sotto cui scorrono notizie ma anche idee, progetti, spunti da condividere. Ed è ciò che nel mio piccolo ho cercato di fare in questi anni in cui ho sempre raccontato i fatti solo dopo aver verificato che corrispondevano a verità, e l’ho sempre fatto con passione, curiosità, voglia di capire, impegno civile.

Ma un direttore non è un giornalista semplice, è un po’ l’arbitro all’interno di un giornale, chiamato a capire meglio di un suo corrispondente e dell’editore cosa è notizia e cosa non lo è. Ed è per questo che spesso mi sono trovata davanti alla decisione se pubblicare o meno un fatto, scontentando a volte questo, a volte quello. Ma tant’è: il giornale non è un contenitore da riempire con tutto ciò che passa per la mail di una redazione; è uno strumento che serve a informare, a formare un’opinione nei lettori e dare un punto di vista diverso, critico. Se fosse il contrario allora non ci sarebbe bisogno del giornalista, men che meno del direttore.

Ho sempre creduto nel ruolo sociale di un giornale e mi sono sempre posta l’obiettivo di fornire a voi lettori un’informazione seria, puntuale, terza e quindi credibile, prendendo le distanze da questa o quella fazione politica proprio per non instillare in voi il dubbio che l’informazione fosse macchiata o viziata. Il giornalismo è per me un impegno serio e importante, al pari della politica ed è per questo che nella mia visione di giornalista “romantica” le due acque non dovrebbero mai mischiarsi perché il giornale finirebbe per essere bollato come di parte e questo non fa bene all’informazione libera.

Sebbene formalmente non esista un diritto a essere informati, ho sempre pensato che esso comunque sia lo specchio del diritto a informare, motivo per il quale ho sempre trattato l’informazione con i guanti bianchi, dandole una grande importanza e rifiutando ogni forma di censura o tentativo di zittire i giornalisti, ritenendo che l’unico soggetto a cui un giornale debba dare conto è il lettore. E in questo senso la scelta compiuta un mese fa dagli editori di Inquieto di silenziare gli account dei giornalisti senza preavviso mi ha portato a riflettere ancora di più su quanto l’informazione sia uno dei pilastri della nostra società che mai e da nessuno può e deve essere messa in discussione; al di là delle motivazioni alla base della scelta degli editori, non ho ritenuto e non ritengo sia superabile un simile gesto lesivo della libertà di stampa. Da qui la decisione di lasciare la guida della testata.

Ma ora permettetemi di dire due grazie; il primo a voi lettori: grazie per la fiducia e l’affetto che avete dimostrato in tutti questi anni, grazie perché senza di voi Inquieto non sarebbe mai diventato ciò che è, un punto di riferimento per l’informazione nella Piana. Il secondo ai collaboratori, preziose risorse che hanno contribuito con impegno, professionalità e serietà ad arricchire l’informazione giorno dopo giorno.

Vi abbraccio,

Viviana Minasi