Operazione “Medusa”: dalla Turchia a Reggio Calabria: sgominata una rete criminale per il traffico di migranti, 25 arresti, in totale 68 indagati. Sequestri per 3.3 milioni euro. Migranti sottoposti a condizioni disumane. TUTTI I DETTAGLI
Lug 08, 2025 - Giuseppe Larosa
Dalla Turchia a Reggio Calabria, è stata sgominata una rete criminale per il traffico di migranti e nell’operazione denominata “Medusa”, sono stati accertati più di 30 viaggi illegali via mare. 25 arresti, sequestrati 3,3 milioni di euro.
La Procura di Reggio Calabria, Direzione Distrettuale Antimafia nelle sue indagini ha accertato che 25 soggetti di nazionalità turca, irachena, georgiana, russa, moldava e ucraina, sono gravemente indiziati di traffico di migranti e del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, con l’aggravante della transnazionalità, nonché del reato di ricettazione. Denunciati inoltre, a piede libero, altri 43 soggetti, in totale sono 68 le persone coinvolte nell’operazione.
Si tratta di una “lunga e complessa indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e condotta dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, in sinergia con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e l’Agenzia Europea EUROPOL”.
Emblematica, in tal senso, è stata l’istituzione di ben tre Squadre investigative comuni (Joint Investigation team) con le omologhe Autorità giudiziarie e di polizia georgiane, ucraine e greche.
L’indagine è stata avviata nel 2019 analizzando le dinamiche criminali sottese al fenomeno degli sbarchi clandestini di migranti provenienti dalla Turchia e diretti, lungo la rotta del Mediterraneo orientale, verso le coste di Roccella Jonica (RC), Crotone, Lecce e Siracusa, con l’impiego di imbarcazioni a vela condotte da scafisti per lo più russofoni.
Tutte le attività sono state svolte all’estero con le conseguenti e facilmente immaginabili difficoltà connesse alla traduzione delle numerose lingue straniere intercettate.
Sono state, infatti, impegnate decine di interpreti che, quasi in tempo reale, sono stati chiamati ad interpretare i dati derivanti dalle numerose intercettazioni disposte dalla Procura di Reggio Calabria.
Le fonti di prova sono state le dichiarazioni dei migranti rese in occasione degli sbarchi, dalle quali è stato possibile acquisire preziose informazioni sulla operatività degli organizzatori e sulle rotte seguite, come l’arrivo in Turchia dai vari paesi di origine, oltre alla sistemazione logistica e la concentrazione in diverse safe houses nella disponibilità del sodalizio. E infine, il trasferimento verso l’Italia a bordo di natanti inidonei a contenere il numero dei trasportati.
Particolare agghiacciante durante le fasi di indagine, “la sottoposizione a condizioni disumane e degradanti e l’esposizione a serio e concreto rischio per la propria incolumità come si ricava dalle dimensioni dei natanti impiegati del tutto inidonei a contenere in sicurezza il numero dei trasportati, dall’assenza di un adeguato quantitativo di cibo e di acqua durante la navigazione, dalla costrizione a permanere sottocoperta nel corso della traversata e dalla sottrazione dei loro dispositivi cellulari sino all’arrivo sulla terra ferma”.
Dalle modalità di pagamento del costo del viaggio, è “emerso un primo sistema che consisteva nel depositare, in dedicati uffici localizzati nei paesi di origine, delle somme di denaro ‘a garanzia del viaggio’, altre volte il prezzo veniva invece pagato in contanti direttamente ai trafficanti.
E infine “è risultata essenziale la ricostruzione minuziosa del flusso di danaro gestito dai referenti dell’organizzazione per il raggiungimento dei suoi scopi e per la realizzazione dei reati fine. In tal senso, soprattutto sulla base delle risultanze investigative emerse dai colloqui in carcere, sono stati effettuati mirati accertamenti, tramite le Agenzie di trasferimento finanziario (principalmente MoneyGram e Western Union), sulle transazioni di danaro ricevute dagli scafisti o dai loro familiari e, nel prosieguo delle indagini, sulle transazioni di danaro effettuate e/o ricevute dai soggetti più rilevanti dal punto di vista investigativo e dei loro collaboratori di volta in volta emersi. Si è accertato, in tal modo, che i pagamenti agli scafisti, alle famiglie e agli intermediari sono stati effettuati o direttamente dal referente dell’organizzazione o tramite articolate modalità, caratterizzate da un processo molto lungo con diversi “passaggi” tra i vari membri dell’organizzazione, prima di arrivare agli scafisti o ai loro familiari”.
Di seguito le varie associazioni scoperte nell’operazione “Medusa”:
LA PRIMA ASSOCIAZIONE
La prima associazione vede al suo vertice un cittadino georgiano cl.’89 e si compone di numerosi altri membri già emersi in analoghe investigazioni condotte in diversi Stati, sempre in materia di immigrazione clandestina.
Il gruppo provvedeva a reperire le imbarcazioni, reclutare gli scafisti, movimentare ingenti risorse finanziarie ed era perfettamente organizzato per fronteggiare eventuali momenti di difficoltà.
A questa associazione si deve infatti l’organizzazione e il finanziamento del noleggio del veliero Matti.
IL CASO MATTI
Il caso “Matti”, dal nome dell’imbarcazione che 2 scafisti russofoni noleggiavano presso una società di Porto Rosa (ME) ed a bordo della quale salpavano per intraprendere la rotta che dall’Italia li avrebbe condotti sino alla Turchia, dove l’imbarcazione sarebbe stata messa a disposizione per il viaggio di migranti verso il territorio italiano.
Tuttavia, a causa di un’avaria al motore, l’imbarcazione veniva soccorsa dalle autorità italiane a largo delle coste di Pellaro (RC) e i due venivano attinti da fermo di indiziato di delitto per i reati p. e p. dagli artt. 416 c.p. e 110 e 12, co. 1 e 3 del d.lgs. n. 1286/98 con misura cautelare successivamente annullata dal Tribunale del Riesame.
La vicenda è del tutto peculiare in quanto non si è in presenza di uno sbarco vero e proprio, ma del compimento di quelle attività prodromiche a fare entrare i migranti nel territorio nazionale perfettamente pianificate e finanziate nel contesto di un più ampio contesto associativo.
Il programma iniziale prevedeva il noleggio di un natante a Malta tanto che gli scafisti erano stati inviati sul quell’isola, beneficiando di titoli di viaggio aerei acquistati dai vertici dalla compagine.
Tuttavia, una volta atterrati a Malta, i due erano stati immediatamente respinti senza che la circostanza impedisse di portare a termine il progetto in quanto veniva prontamente riprogrammata una nuova partenza dei due skipper con l’acquisto di nuovi biglietti aerei per la tratta da Varsavia a Catania.
Giunti in Sicilia i due prendevano a noleggio il veliero Matti.
LA SECONDA ASSOCIAZIONE
La seconda associazione, con al vertice un cittadino curdo-iracheno e uno georgiano, può essere considerata l’archetipo dell’operazione MEDUSA, con una struttura sottostante all’apparato criminale tentacolare, ramificata ed insidiosa.
A questa seconda associazione, sono stati ricondotti 7 sbarchi, susseguitisi senza soluzione di continuità a distanza ravvicinata gli uni agli altri dal 20.8.2017 al 6.5.2022.
Il gruppo, che aveva a disposizione numerosi mezzi di trasporto ed una vera e propria flotta di imbarcazioni, era riuscito ad intercettare numerosissime istanze di migranti nei vari paesi di provenienza.
La considerevole disponibilità economica, grazie ad una fitta rete di finanziatori, consentiva l’addestramento degli skipper sia in Georgia che in Turchia ed il mantenimento di proficui rapporti illeciti con le autorità portuali.
Il gruppo, dallo spiccato carattere transnazionale, comprendeva tre articolazioni:
la cd. frangia turca, in posizione apicale, provvedeva alla ripartizione dei proventi ai reclutatori degli scafisti;
la cd. frangia georgiana, rappresentata da reclutatori, intermediari finanziari, istruttori alla navigazione e da coloro che si occupavano di produrre i documenti falsi necessari agli scafisti per rientrare nel loro paese di origine una volta approdati in Italia;
la cd. frangia russofona, rappresentata dagli scafisti, solitamente di origine ucraina e moldava.
Il CAPO DEI TRAFFICANTI CURDO-IRACHENO
La caratura criminale ed il potere acquisito nel corso degli anni dal cittadino curdo-iracheno a capo dell’organizzazione ne fanno sicuramente un uomo di potere e con disponibilità economiche importanti, tanto da riuscire a finanziare ed organizzare con estrema facilità le partenze dalla Turchia, anche a distanza di pochi giorni una dall’altra. Dalle dichiarazioni acquisite, l’uomo, sempre accompagnato da una scorta armata, era indicato da alcuni migranti anche con l’appellativo di “padrone”.
IL CAPO DEI TRAFFICANTI GEORGIANO
Il cittadino georgiano, figura onnipresente nella realizzazione degli sbarchi, aveva il compito di coordinare tutte le fasi operative. Ed invero, in seno all’organizzazione, l’uomo godeva di ampio potere decisionale, avendo la totale discrezionalità e l’ultima parola sulle persone da reclutare, nonché sulla gestione delle spese necessarie per far giungere in Turchia gli scafisti dal loro paese di origine, oltre che al pagamento del loro compenso, sia direttamente che per il tramite di persone a lui fidate.
Inoltre, gestiva in totale autonomia tutte le fasi pratiche dell’addestramento nautico degli scafisti, assumendo in prima persona la direzione ed il coordinamento delle successive operazioni di navigazione, dettando agli scafisti precise istruzioni sulla rotta da seguire nel corso delle traversate.
Il “Traffic Manager”, come egli stesso era solito definirsi, aveva fatto assurgere la consorteria criminale a vera e propria holding, fondata sul mercimonio della vita dei migranti definiti come “merce”, “pecorelle” oppure “agnellini” sacrificabili, come avvenuto in occasione dello sbarco avvenuto a Siderno il 6.5.2022 in cui perdevano la vita due persone.
LA TERZA ASSOCIAZIONE
L’operatività della terza associazione è stata ricostruita partendo dai due sbarchi di migranti occorsi a Roccella Ionica (RC) rispettivamente in data 7.6.2019 e 22.07.2019.
Si tratta di sbarchi avvenuti a brevissima distanza temporale l’uno dall’altro, che si assimilano per le modalità operative con cui è stata diretta la traversata degli scafisti coinvolti nonché per il porto di partenza e per quello di arrivo. Il filo rosso che lega i due eventi migratori è rappresentato dal ruolo rivestito in entrambi gli episodi da un trafficante russo.
Lo stesso coordinava la traversata in mare degli scafisti coinvolti fornendo loro le coordinate dei punti da raggiungere, e accertandosi che gli skipper avessero la connessione dati per mantenere costanti le comunicazioni, assicurandosi che la navigazione procedesse senza intoppi dettando puntuali direttive rispetto alla velocità da seguire, alla distanza da mantenere dalla costa ed al riportare la calma a bordo, per sedare le rivolte dei migranti.
Nulla era lasciato al caso; tra i sodali, infatti, non mancavano i preposti al mantenimento dell’ordine a bordo in caso di ribellione dei migranti.
Anche in questo caso, sotto il profilo della transnazionalità, la terza associazione si avvaleva di strutture articolate su più Stati. L’organizzazione, infatti, prediligeva l’Ucraina quale paese in cui instaurare cointeressenze con le cellule ivi operative per implementare il proprio plotone di conducenti delle imbarcazioni. In Turchia, poi, i trafficanti raccoglievano le domande dei migranti desiderosi di intraprendere la rotta del Mediterraneo.
LA QUARTA ASSOCIAZIONE
La quarta associazione è imperniata sulle figure apicali dei due fratelli ucraini capi-promotori, organizzatori e finanziatori dell’organizzazione.
Ai fini della ricostruzione della quarta associazione, oltre agli elementi acquisiti dall’attività investigativa svolta a carico degli scafisti, di fondamentale importanza sono risultate le informazioni condivise dal collaterale ucraino, che hanno consentito di delineare come l’organizzazione avesse una struttura stabile in grado di: reperire natanti, reclutare scafisti (con i quali veniva concordato il prezzo del loro compenso), intercettare le richieste di migranti intenti ad intraprendere la rotta del Mediterraneo orientale, nonché garantire la disponibilità e l’impiego di risorse finanziarie capaci di sostenere i rilevanti esborsi da investire nel mantenimento e nel foraggiamento di tutti i gangli operativi.
Le imbarcazioni venivano costruite, allestite o manutenute in Ucraina. Sempre in Ucraina venivano reperiti ed ingaggiati gli skipper, attingendo a soggetti versanti in condizioni di indigenza economica. I natanti allestiti partivano tutti dal porto di Ochakiv nella regione ucraina di Mykolaiv e si dirigevano in Turchia ove avveniva il carico dei migranti pronti a salpare per l’Italia.
Il prezzo del viaggio lungo la rotta del Mediterraneo orientale, secondo quanto emerso, oscillava tra i 4.000 e i 12.000 Euro (pagati per lo più in dollari), anche per via dell’utilizzo di imbarcazioni a vela e dei maggiori tempi di navigazione rispetto ad altre rotte, per un giro d’affari quantificato nell’ordine dei dieci milioni di euro a fronte di più di trenta sbarchi ricostruiti e quasi duemila cittadini stranieri irregolari approdati sulle coste nazionali. Sotto il profilo economico, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva a carico di 22 partecipi delle diverse associazioni il sequestro delle somme di denaro costituenti profitto del reato, per un ammontare complessivo di 3.360.000 Euro.