Operazione antidroga della Dia, tra la Sicilia e il Reggino, 14 misure cautelari
Lug 22, 2025 - redazione
Questa mattina agenti della Polizia di Stato, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato esecuzione a numerose misure cautelari emesse dal gip presso il Tribunale di Messina nei confronti di 14 soggetti, di cui 11 originari della città di Messina e 3 della provincia di Reggio Calabria, gravemente indiziati, a vario titolo, dei delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi.
L’indagine costituisce l’esito di una complessa ed articolata attività investigativa coordinata da questa Direzione Distrettuale Antimafia di Messina e condotta dalla Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo di Messina (S.I.S.C.O.) e dalla Squadra Mobile. L’attività prende avvio da quanto riferito da un collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni, riscontrate in corso di indagine, hanno consentito di accertare l’attuale organizzazione del Clan di Mangialupi, gruppo storicamente dedito al traffico di sostanze stupefacenti capace di far ricorso, nella gestione dei propri affari illeciti, anche alla violenza, tentando di imporre la propria supremazia nel mercato cittadino degli stupefacenti, anche sulla scorta del prestigio e della caratura criminale dei propri esponenti storici. Infatti, all’esito delle investigazioni delegate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina al Servizio Centrale Operativo di Messina (S.I.S.C.O.) ed alla Squadra Mobile di Messina, è stato acquisito un solido quadro probatorio, in una fase del procedimento nel quale non è ancora instaurato il contraddittorio delle parti, che ha permesso di porre in luce e disarticolare, una associazione per delinquere dedita al narcotraffico e alla cessione di sostanze stupefacenti, avente quale core business uno dei noti rioni situati nella zona sud della città, Mangialupi. L’indagine ha consentito di ricostruire i ruoli svolti dai sodali all’interno dell’organizzazione, la quale aveva al suo vertice un capo, quale promotore della consorteria, il quale, nonostante fosse detenuto in regime carcerario, tramite la disponibilità di telefoni cellulari, comunicava all’esterno le proprie disposizioni.