Con l’assoluzione del 15 luglio u.s. da parte del Tribunale di Crotone “perché il fatto non sussiste”, nel procedimento relativo al fallimento del Consorzio universitario di Crotone, comunicato agli organi di informazione dai miei avvocati, si chiude, per me, una lunga stagione di amarezza durata oltre dieci anni. Un tempo che ha inciso a lungo sulla mia vita personale e pubblica e che lascia un segno profondo al progetto accademico nel quale ho sempre creduto per dare un presidio universitario alla città di Crotone.
Questa assoluzione mi impone una doverosa riflessione sul fatto che, se pur l’accertamento dei fatti da parte del collegio giudicante, verso cui da donna delle istituzioni ho sempre nutrito fiducia e rispetto, la giustizia che giunge troppi anni dopo non basta a riparare i danni, umani politici e istituzionali subiti.
Il tempo della giustizia è oggi il vero nodo: la lentezza processuale e l’uso talvolta eccessivo della leva penale, nelle dinamiche amministrative, rischiano di disarticolare la rappresentanza, minare la fiducia nelle istituzioni e allontanare i cittadini dalla politica.
E’ evidente il rischio che la magistratura, anche suo malgrado, finisca per influenzare la vita democratica di intere comunità in una regione già fragile e complessa come la Calabria.
Siamo nel pieno del dibattito sulla riforma della giustizia e auspico che vicende come la mia e quelle di tanti altri amministratori assolti dopo anni di delegittimazione serva a rilanciare un principio fondamentale: legalità e garanzie devono camminare insieme, nessun cittadino, eletto o semplice amministratore deve pagare per ciò che non ha commesso.
La verità anche per me è finalmente giunta, ma le ferite democratiche restano e la domanda per tutti è chi ripaga una comunità della fiducia perduta per colpa di un sospetto infondato?
Una domanda che interpella non solo la magistratura ma l’ordinamento repubblicano.
Ringrazio i miei avvocati Cataldo Intrieri e Michele Filippelli che con la loro difesa hanno saputo rappresentare al meglio all’organo giudicante i fatti, la legittimità del mio operato e la mia estraneità a fatti e accadimenti dimostrati documentalmente e avvenuti quando io non ero piu amministratore dell’Ente. Circostanze rappresentate sin da subito, già in udienza preliminare, in cui il gup avrebbe potuto e dovuto prenderne atto evitando un lungo, defatigante, ingiusto processo.