Intervista a Germano Ventura (I-Trade Log), “Senza logistica non c’è export: il ruolo strategico delle imprese italiane nei mercati esteri”

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La logistica internazionale è uno degli elementi meno visibili ma più decisivi per la competitività del Made in Italy. Ne abbiamo parlato con Germano Ventura, manager con oltre trent’anni di esperienza nel settore e alla guida di I-Trade Log, realtà italiana attiva nelle spedizioni internazionali con presenza diretta in diversi mercati esteri.

Dott. Ventura, quanto è centrale oggi il ruolo della logistica nei processi di export?

La logistica non è un’attività accessoria dell’export, ma una sua componente strutturale. Senza una gestione efficace dei flussi fisici, documentali e doganali, il prodotto non raggiunge il mercato e l’export, di fatto, non esiste. Le imprese di spedizioni sono il collegamento operativo tra il sistema produttivo italiano e i mercati internazionali.

La vostra azienda ha recentemente aperto una nuova sede al Cairo. Cosa rappresenta questo investimento?

Aprire una sede all’estero non significa solo creare una struttura operativa. Vuol dire essere presenti nei punti in cui nascono le opportunità commerciali e supportare direttamente le imprese italiane nei mercati strategici. L’Egitto è una porta naturale verso il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa orientale, aree in forte evoluzione sotto il profilo commerciale.

Quali sono le principali difficoltà che incontra un’azienda di logistica italiana all’estero?

Le criticità sono molteplici: burocrazia complessa, normative non sempre stabili, sistemi doganali difficili, differenze culturali e operative. In questi contesti, l’azienda si assume rischi imprenditoriali significativi. Tuttavia, non sempre questo sforzo viene accompagnato da un adeguato supporto istituzionale.

In che senso ritiene insufficiente il supporto delle istituzioni?

Spesso l’attenzione istituzionale si concentra giustamente sulle aziende manifatturiere, ma si tende a dimenticare che senza la logistica la merce non si muove. Le imprese del settore operano quotidianamente in contesti complessi, gestendo relazioni con autorità locali, porti, dogane e operatori internazionali. In questi ambiti, una diplomazia economica più attiva sarebbe fondamentale.

Cosa dovrebbe cambiare, secondo lei, nel rapporto tra logistica e istituzioni?

Servirebbero tre elementi principali: una maggiore presenza delle rappresentanze diplomatiche a supporto delle imprese logistiche, canali di dialogo più diretti tra aziende del settore e istituzioni italiane all’estero, e soprattutto il riconoscimento della logistica come asset strategico nazionale, non come semplice servizio di trasporto.

Quanto contano oggi tecnologia e digitalizzazione nella logistica internazionale?

La tecnologia è uno strumento indispensabile per aumentare efficienza e precisione. Tuttavia, il cuore della logistica resta umano. La capacità di interpretare una situazione doganale complessa, comprendere il contesto locale o gestire un imprevisto operativo non può essere completamente automatizzata. La competenza delle persone rimane centrale.

Qual è il messaggio finale che vuole lanciare al sistema Paese?

Le aziende italiane devono sentirsi accompagnate quando operano oltre confine. Ogni sede estera aperta da un’impresa di logistica rappresenta un’estensione del sistema Italia nel mondo. Riconoscere e sostenere questo ruolo significa rafforzare la competitività dell’export nazionale nel suo complesso.