IL FATTO. Gioia Tauro, la Corte di Cassazione annulla il decreto di confisca dei beni agli eredi Mazzaferro, accogliendo il ricorso dei legali per un nuovo giudizio

"Non è possibile confiscare i beni nei confronti di chi mafioso non è mai stato, ma è stato solo un imprenditore capace”, questo il commento degli avvocati Contestabile e Giovinazzo
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La Suprema Corte di Cassazione, Sesta Sezione Penale, con decisione del 18 dicembre 2025, ha accolto il ricorso proposto dagli Avvocati Guido Contestabile e Francesco Giovinazzo del foro di Palmi, difensori degli eredi Mazzaferro Teodoro, annullando il decreto emesso dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria in materia di misure di prevenzione patrimoniali (Proc. Pen. n. 11722 SIT MP) e rinviando il procedimento per nuovo giudizio davanti alla medesima Corte d’Appello.

Il provvedimento ablativo originario era stato emesso dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, quale frutto dell’operazione “Provvidenza.

La confisca di prevenzione disposta nei confronti degli eredi del defunto Teodoro Mazzaferro (classe 1938), riguardava un patrimonio stimato in svariati milioni di euro, comprendente tre società immobiliari, un’azienda agricola, 155 immobili tra negozi, abitazioni, uffici, magazzini e terreni, conti correnti e polizze assicurative.

L’indagine patrimoniale  condotta dalla DDA aveva ricostruito il percorso di crescita imprenditoriale di Teodoro Mazzaferro, ritenuto sin dagli anni Sessanta un esponente di rilievo della cosca ‘ndranghetista operante sulla piana di Gioia Tauro, ritenendolo direttamente collegato ai fratelli Piromalli.

La genesi della ricchezza accumulata era stata ricondotta, in particolare, ai guadagni illeciti acquisiti a seguito della partecipazione nel 1975 all’appalto relativo alla costruzione del V Centro Siderurgico di Gioia Tauro (successivamente trasformato nell’attuale porto).

Secondo la Procura, il Mazzaferro aveva avviato numerosi investimenti immobiliari e una lunga serie di lottizzazioni immobiliari nei territori di Gioia Tauro e Palmi, che gli avevano consentito di registrare guadagni milionari immediatamente reinvestiti.

L’ultima attività censita era stata la partecipazione al piano di espansione urbanistica della città di Gioia Tauro nella zona del locale ospedale civile, tramite la lottizzazione “Teorema”, mediante l’acquisizione di terreni agricoli precedentemente convertiti in edificabili, con conseguenti forti guadagni speculativi.

La difesa centrava le proprie doglianze:

  • Sulla irrazionalità della confisca dei beni nei confronti di un soggetto morto da incensurato. Segnalando, peraltro, che proprio nell’operazione “Provvidenza” la Cassazione cautelare aveva scarcerato l’allora indagato per carenza di gravi indizi di colpevolezza. Sul punto si segnalavano i più recenti approdi giurisprudenziali non già e non solo della Corte di Cassazione, quanto della Corte EDU;
  • la violazione del diritto di difesa stante  la mancata acquisizione dei contributi AGEA per il periodo 1980-2010 e il rifiuto di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio, pur in presenza di significative divergenze tecniche nella ricostruzione patrimoniale;
  • la violazione del principio di proporzionalità: l’ablazione totale del patrimonio senza una differenziazione tra i singoli beni e senza considerare la possibilità di confisca parziale limitata alle quote sproporzionate;
  • l’inversione illegittima dell’onere della prova: con applicazione di standard probatori eccessivi rispetto a quelli prescritti dalla normativa sulle misure di prevenzione.

La decisione rappresenta un’importante affermazione dei diritti costituzionali e convenzionali dei ricorrenti. “ Non è possibile confiscare i beni nei confronti di chi mafioso non è mai stato, ma è stato solo un imprenditore capace”, questo il commento degli avvocati Contestabile e Giovinazzo.

Il procedimento proseguirà presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria per il nuovo esame della controversia.