Il coraggio di Peppino Valarioti, il comunista di Rosarno ucciso a colpi di lupara 45 anni fa dalla ‘ndrangheta, un delitto impunito
Giu 11, 2025 - Giuseppe Larosa
Di GiLar
Sono trascorsi 45 anni quando tra l’8 e il 9 giugno del 1980 in Calabria ci furono le elezioni comunali, provinciali e regionali che sancirono l’affermazione del Pci. I comunisti per la prima volta conquistarono più voti del Psi, divenendo il secondo partito nella Regione.
A Rosarno, centro della Piana di Gioia Tauro, una realtà difficile dove la ‘ndrangheta predominava con le cosche storiche dei Pesce e dei Bellocco, quella ‘ndrangheta come la mafia definita da Peppino Impastato (ucciso il 9 maggio del 1978), “una montagna di merda”, e proprio da quel centro partì un corteo improvvisato che si diresse verso il Rione Case Nuove dove abitavano allora molti contadini che avevano votato il Pci, e dove c’erano anche le abitazioni del clan di ‘ndrangheta. I festeggiamenti per la vittoria alle elezioni proseguirono, poi, al ristorante “La Pergola”, ma furono interrotti dal rumore delle lupare. A cadere a terra sotto una raffica di colpi fu un altro Peppino, Valarioti, professore di 30 anni, esperto di storia ed archeologia, ma, soprattutto, segretario della sezione del Partito Comunista Italiano di Rosarno. Accadde la notte tra il 10 e l’11 giugno del 1980, in località Nicotera Marina.

La storia di Valarioti è quella di una delle tante vittime dimenticate di ‘ndrangheta, ma la sua vicenda ci parla anche della genesi dell’antimafia politica e sociale nella Calabria, del primo movimento bracciantile di massa che lottò con i piedi e le mani ancorate alla fertile terra della Piana contro i potentissimi e sanguinari clan Piromalli, Pesce e Bellocco. E di una scelta di campo, essere comunisti in quegli anni e in quelle terre, infatti, significava automaticamente prendere posizione contro le cosche, perché la ’ndrangheta aveva provato a infiltrarsi nelle liste elettorali di tutti i partiti, ma solo il PCI aveva provato effettivamente a fare muro.
“Valarioti e Losardo sono stati grandi protagonisti di quella lotta per il lavoro, i diritti e la dignità della povera gente di Calabria, una storia che si colloca nel preciso momento storico in cui clan come i Piromalli di Gioia Tauro diventano mafia industriale”, dice Gianluca Palma, uno degli autori del docufilm che contiene gli audio inediti del politico calabrese.
Purtroppo, come in altri casi analoghi, il processo volto a condannare i responsabili si concluse con l’assoluzione degli imputati, benché dalla testimonianza del pentito Pino Scriva emerse l’implicazione delle ‘ndrine Pesce e Piromalli.
Prima che politico, Giuseppe Valarioti era un intellettuale. Dopo la laurea conseguita giovanissimo, nel 1974, tiene lezioni di doposcuola di lettere e filosofia per i giovani rosarnesi. Nel 1975 pubblica un saggio sulla questione meridionale, dimostrando una conoscenza inusuale per un ragazzo di venticinque anni della bibliografia sull’argomento. Il lavoro, ancorato alle belle pagine di Benedetto Croce, punta all’analisi dei mali del Mezzogiorno, delle condizioni di arretratezza, e la sua lettura è di una straordinaria visione prospettica, anche alla luce di recenti linee storiografiche, che tendono a retrodatare le cause storiche delle diseguaglianze e a distinguerle dal processo unitario ritenuto, a torto, come elemento fondamentale del divario Nord-Sud.