Il bivio che si pone di fronte all’Italia

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Paese strano il nostro.
Siamo in una fase difficile che rappresenta un passaggio delicatissimo per il nostro paese.
Siamo stati schiacciati da un debito pubblico enorme e da regole europee, tipo il patto di stabilità, che hanno comportato difficoltà ad impostare politiche di sviluppo, per cui abbiamo avuto, negli ultimi trenta anni, una delle crescite piu’ basse d’Europa.
Abbiamo retto, anche se con fatica e a costo di comprimere il valore di acquisto dei salari, perchè, insieme al peso di un sistema Italia che è una zavorra per la produttività complessiva, abbiamo dei fondamentali solidi, con punte di eccellenza mondiale in molti settori.
Causa pandemia e per reggere la concorrenza in una economia globalizzata, la UE ha sospeso il patto di stabilità, ha invitato a spendere a debito per investimenti finalizzati alla crescita sostenibile, con la BCE che compra i titoli di stato per impedire il rialzo dei tassi di interesse.
Contemporaneamente la UE lancia un megapiano di investimenti, la NEXT GENERATION UE, con una dotazione di 750 miliardi, di cui buona parte a fondo perduto, da finanziare con l’emissione di eurobond.
All’Italia ne vengono assegnati 209, di cui 88 a fondo perduto e 108 a mutuo per finanziare un recocery plan che risponda agli obiettivi di crescita compatibile e resilienza e, soprattutto al recupero delle diseguaglianze sociali e territoriali, vera zavorra per avere tassi di crescita a livello europeo.
Il piano va accompagnato, secondo le indicazioni della UE, con la riforma della burocrazia e della giustizia, settori fondamentali per la crescita e per un ruolo dello stato di supporto agli investimenti e non di freno.
A questi fondi si sommano 36 miliardi del fondo per investimenti nella sanità per l’adeguamento del sistema sanitario per la lotta al covid, allocati, come strumento di spesa, al MES.
Viene istituito anche il fondo SURE, per garantire ammortizzatori sociali ai lavoratori, vittime della crisi generata dalla pandemia, di cui l’Italia ha già usufruito per un prestito superiore a 20 miliardi.
Sarebbe l’occasione per generare un grande movimento che a raggiera coinvolga in un confronto tutto il paese.
La maggioranza avrebbe la responsabilità di proporre un piano di base su cui discutere e aprire il confronto, che non sia meramente informativo, ma partecipativo con potere di proposta.
Andrebbe coinvolto il parlamento, perchè il piano copre un arco temporale superiore alla vita dell’attuale governo, per cui a maggior ragione si dovrebbe costruire un piano del paese, con il coinvolgimento delle forze sociali e imprenditoriali, delle regioni, dei comuni, delle organizzazioni professionali e produttive.
Sarebbe l’occasione per generare un grande coinvolgimento di massa che si nutra della speranza che l’Italia può superare la sua decadenza politica e culturale, che stimoli la creatività del popolo italiano per un nuovo rinascimento dopo la pandemia, leggendo i bisogni di un mondo in movimento.
E’ l’occasione perchè tutto cambi veramente.
La politica deve offrire questa grande opportunità al popolo italiano, scommettendo anche nella propria capacità di elevarsi al livello delle nuove sfide.
Invece cosa succede?
La politica si arrocca (tecnica del gioco degli scacchi per difendere il re quando è in pericolo) individuando un pericolo nel lavoro di costruzione del piu’ grande piano di sviluppo del paese, con una dotazione di risorse che mai c’è stata e che mai ritornerà, di molto superiore al piano Marshall del dopoguerra.
Sembra quasi che la politica abbia paura di coinvolgere tutti gli attori interessati perchè partecipino alla sua costruzione e alla sua realizzazione, contemporaneamente artefici e interpreti di un grande sogno, con la politica che fissa le regole, ne controlla il rispetto, in accordo con la UE.
Stiamo arrivando alle scadenze fissate dalla UE con un piano di cui non si conosce quasi nulla e di cui la gente ha quasi paura per gli enormi debiti da attivare, che pagheranno le future generazioni.
Nessun dibattito, nemmeno sulla stampa, sul fatto che dalle indiscrezioni emerge che non utilizziamo a pieno le risorse messe a disposizione e l’opportunità offerta dalla sospensione del patto di stabilità e dalla disponibilità della BCE a garantire l’acquisto dei titoli di debito pubblico.
Non utilizziamo il MES per non aumentare il debito, quasi che la nostra sanità funzioni in modo ottimale, per cui sarebbero soldi sprecati e non investimento, e non riusciamo a fare tesoro delle criticità che la pandemia ha messo in evidenza, causa anche di centinaia di morti tra dottori ed infermieri e del fatto che gli ospedali e le RSA sono stati i principali focolai di contagio nella fase uno.
Sembra che nel recovery plan siano stati inseriti i progetti per la sanità, per un investimento di circa 20 miliardi, oltre ad altri investimenti che potevano essere finanziati con il MES, ed anche progetti per infrastrutture per 66 miliardi già finanziate da anni e che dovevano partire quest’anno, dopo la nomina dei commissari per accelerarne l’iter di cantierizzazione e la continuità nella realizzazione.
Di fatto si sarà perso più di un anno per la cantierizzazione di queste opere.
Si sarebbe fatto un’operazione di cambio del tipo di debito, senza che aumenti, risparmiando sugli interessi perchè questi degli “eurobond” sono praticamente a tasso zero.
Solamente con questi quasi 100 miliardi disponibili, se non fossero spostati sul recovery plan da altri capitoli, si potrebbero finanziare progetti vitali per il Paese, dall’avvio di un grande progetto per combattere il dissesto idrogeologico, ad un piano organico di infrastrutture per il sud, base fondamentale per la sua crescita e per costruire una grande piattaforma logistica legata via mare, via ferro, via gomma ai maggiori centri europei di smistamento delle merci, raggiungibili in meno di 24 ore via ferro, valorizzando e mettendo a rete i porti esistenti, tra cui quello di Gioia Tauro, di Taranto e di Salerno e Napoli, quali porte dell’Europa per i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente
Praticamente la maggioranza o non crede che possa esserci una crescita in grado di garantire un nuovo boom economico dell’Italia, in grado di garantire crescita sostenibile, occupazione, avvio di un percorso di definitivo superamento del divario nord – sud, spesso frenato dall’egoismo e dalla miopia delle regioni del Nord, o ha paura di mettere in moto un meccanismo che teme di non potere controllare.
secondo le intenzioni dichiarate del partito che ritirato la sua delegazione dal governo, si è aperta una crisi per scrollare la maggioranza da questa apatia nei confronti di questa grande opportunità, ma il messaggio lanciato alla gente dal presidente del consiglio è solamente di irritazione per l’affronto, di paura di trappole, di accusa di irresponsabilità a chi l’ha aperta perchè la crisi cade nel mentre c’è la pandemia, quasi che questa imponga ala politica di fermarsi, di non pensare al futuro o che il pensarci possa distogliere l’attenzione da essa o sospendere le misure per combatterla, essendo insensibili ai morti e ai malati ed estranei al dolore delle famiglie.
Paccottiglia, disinformazione, propaganda e turlupinatura del popolo, paura, calcoli politici di piccolo cabotaggio e di posizione, mentre il mondo cammina, che alla fine potrebbero portarci a nuove elezioni o a maggioranze con dentro forze antieuropeiste, generando veramente un danno incalcolabile al paese.
Ormai siamo in piena propaganda, con l’aggravante che si è aperto un mercato ufficiale nel parlamento e che continua a Palazzo Chigi, per trovare deputati singoli che vogliano appoggiare il governo, che per miracolo, anche se provenienti da partiti e da esperienze diverse, saranno benedette forza politica con nome, collocazione internazionale, gruppi alla camera e al senato, così si potrà dire alla gente che è stata fatta una legittima operazione politica, per cui un partito politico irresponsabile se ne va e un altro “responsabile”subentra.
Rimane la domanda perchè la maggioranza non ha deciso di aprire un confronto, tentare una crisi pilotata, che molti giornali davano per certa, essendoci, secondo loro, accordo nella maggioranza per poter procedere, oltre che al chiarimento, anche a un profondo rimpasto.
Fatto sta che la maggioranza si è stretta intorno al presidente del consiglio che ha scelto il duello in aula, quasi ci fosse un fatto personale, trasformando una crisi che voleva imporre di calendarizzare un confronto per un programma di legislatura e per definire e far vivere tra la gente il recovery plan, in una pericolosissima crisi al buio, dando il via a una vergognosissima pagina di parlamento ridotto a mercato, con l’offerta pubblica della mercanzia disponibile.
Il recovery plan si inabissa, quasi pratica da risolvere da parte dei pochissimi politici che si interessano per conto della maggioranza e di tecnici incaricati ad evaderla,
Una bozza, sconosciuta ai più, è stata inviata a Bruxelles.
Si ha la spudoratezza, che desta molta preoccupazione perchè vuol dire che non hanno idea di cosa sia il lavoro che debbono fare, di dire che siamo tra i primi sedici che hanno inviato il progetto, per cui non siamo in ritardo.
Il dato drammatico è che, se perdiamo questa occasione che mai più ricapiterà, avremo un paese debilitato, frustrato quando si dovrà affrontare la crisi sociale ed economica più grave dal dopoguerra quando scadranno il blocco dei licenziamenti, la cig straordinaria con la fine dell’epidemia, la chiusura di centinaia di migliaia di piccole e medie aziende, tenute in piedi artificialmente con gli interventi straordinari per i dipendenti e i ristori per i titolari.
Ci sarà un crollo terribile dei consumi, perchè emergerà l’impoverimento dell’Italia, con pericolo di tensioni sociali per la paura del futuro, su cui comunque graverà un debito pubblico che supererà il 170% del PIL, con uno scontro diverso e, per certi versi, più di rottura rispetto agli scontri di classe del passato.
Sarà uno scontro tra garantiti e non garantiti.
Nel momento in cui la politica deve velocemente scegliere, l’impressione è che abbia scelto il basso profilo, per cui utilizzare al massimo il fondo perduto per spese correnti e per aiuti contro la crisi (entrambi proibiti dalle regole della UE per l’utilizzazione del Next Generation UE, destinato a investimenti ad alto rendimento), cercando di utilizzare al minimo i fondi a prestito per non appesantire il debito pubblico.
Rischiamo di non prendere un euro dalla UE e di avviare l’Italia verso un baratro dato che, fra pochi anni, quando la crisi negli altri paesi sarà superata, andrà ad esaurirsi l’ombrello protettivo della UE e della BCE e i tassi si interesse riprenderanno a salire.
Finiremo con l’essere di nuovo commissariati dalla UE, che non può permettersi il fallimento del NGEU e l’Italia è il Paese che ha avuto la quota più alta di finanziamento.