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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Yara, una difesa disperata. Sei coltellate dall’orco

Yara, una difesa disperata. Sei coltellate dall’orco

Il corpo della ragazza era disteso sulla schiena con le braccia all’indietro. Oggi l’autopsia

Yara, una difesa disperata. Sei coltellate dall’orco

Il corpo della ragazza era disteso sulla schiena con le braccia all’indietro. Oggi l’autopsia

 

(ANSA) BERGAMO – Almeno sei coltellate hanno ucciso Yara. Alla gola, al polso e alla schiena. Il corpo è stato trovato disteso a faccia in sù e con le braccia all’indietro. In tasca, chiavi di casa, una sim card e ricarica di cellulare, ma non il telefonino. ‘Trovate cose importantissime’, dicono gli inquirenti. A Brembate il giorno del dolore. Sconvolti i genitori, a Milano per il riconoscimento. COLPITA DA SEI COLTELLATE – Yara è stata colpita dal suo assassino con almeno sei coltellate, alcune delle quali inferte con molta violenza. E’ quanto apprende l’ANSA da fonti qualificate che stanno indagando sulla morte della tredicenne di Brembate. L’esame del cadavere avrebbe evidenziato una ferita alla gola, una al polso e ben quattro alla schiena, una delle quali molto profonda all’altezza dei reni. L’ipotesi è che la ragazza sia stata prima colpita al collo, poi al polso, nel tentativo di difendersi, e infine alla schiena. Oggi l’autopsia sul cadavere della tredicenne.

FIORI SU BANCO A SCUOLA. PRESIDE, ASSASSINO PARLI – Un mazzo di fiori sul banco vuoto e ancora tanti messaggi d’affetto. Così questa mattina i compagni di Yara Gambirasio hanno voluto ricordare la tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) uccisa e abbandonata in un campo a pochi chilometri da casa. Ad accogliere alunni e genitori all’entrata della scuola media delle Orsoline, sotto una pioggerella autunnale, c’era la preside, suor Carla Lavelli: “Ci troviamo a gestire un lutto – ha detto – ad imparare ad affrontare la morte, la nostra e quella di Yara. Dobbiamo convincerci che fa parte della nostra vita”. E sull’aggressore o sugli aggressori di Yara, la suora ha detto: “Chi ha commesso un atto del genere dovrebbe ritrovare la propria umanità, che in questo momento vuol dire legalmente costituirsi e riconoscere il proprio errore. Parlare di perdono adesso vuol dire banalizzarlo”. “Il perdono – ha proseguito la preside – bisogna costruirselo dentro”. Riprendendo poi le parole di ieri mattina del parroco di Brembate Sopra che durante la messa ha parlato della presenza di un orco nella comunità, suor Carla ha aggiunto: “Io parlerei piuttosto della banalità del male. Il male è in mezzo a noi e dentro di noi. Non basta colpevolizzare qualcuno bisogna lavorare perchéquesto male che è dentro di noi non sfoci in atti di questo genere”. Suor Carla Lavelli, preside della scuola di Bergamo che frequentava Yara Gambirasio nella giornata di ieri ha sentito al telefono i genitori della ragazzina ai quali ha dato il suo conforto: “Abbiamo parlato per un po’ – ha detto la religiosa – poi nel dolore atroce, umanamente impossibile da sostenere c’é adesso la certezza di sapere dov’é Yara e questo può essere per loro una consolazione”. “Ora almeno sanno – ha concluso la preside – dove poterla trovare e incontrare”. Nessuna voglia di parlare, silenzio e riservatezza e soprattutto bambini tenuti per mano, lontani dai cronisti. Ancora scossi dalla notizia della morte di Yara Gambirasio, questa mattina sotto una pioggerella fine, i genitori dei ragazzini che frequentano la scuola media delle suore Orsoline di Bergamo – quella dove studiava la tredicenne di Brembate Sopra il cui cadavere è stato ritrovato l’altro ieri – sono entrati nel cortile dell’istituto a testa bassa, tenendo i figli per la mano. Nessuno si è voluto fermare a parlare con i pochi giornalisti presenti, che sono stati mantenuti al di fuori del cancello. “Non ci sono parole”, e ancora “E’ un dolore troppo grande”, sono le brevi frasi che hanno ripetuto alcuni dei genitori, entrando e uscendo dalla scuola prima dell’inizio delle lezioni.

PROSEGUE VIA VAI CURIOSI SU LUOGO RITROVAMENTO – Prosegue anche stamani il via vai di gente comune, alcuni curiosi, altri addolorati per il ritrovamento, nel campo incolto dove l’altro ieri pomeriggio è stato trovato il cadavere di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa il 26 novembre scorso a Brembate Sopra (Bergamo). Stamani, in quella sorta di spianata surreale, dove i nastri della polizia scientifica e le bandierine degli esperti della polizia hanno lasciato i segni della tragedia che si è consumata, non ci sono più pattuglie delle forze dell’ordine, ma ancora troupe giornalistiche e diversi curiosi.

CADAVERE AVEVA BRACCIA ALL’INDIETRO. IN TASCA CHIAVI E SIM DI UN CELLULARE, MA MANCA TELEFONINO – Il corpo di Yara era disteso sulla schiena con le braccia all’indietro. A riferirlo è un testimone oculare, uno dei primi arrivati sul posto, che ha potuto osservare la scena del crimine prima che tutti venissero allontanati per fare spazio agli uomini della Scientifica. Secondo quanto si è appreso, i resti non erano individuabili da lontano, e nonostante si trovassero senza alcuna copertura nemmeno parziale sopra le sterpaglie, già da pochi passi risultavano praticamente invisibili. La scena apparsa davanti agli occhi delle prime persone accorse sul posto è stata quella di un cadavere in avanzatissimo stato di decomposizione: disteso sulla schiena, con le braccia all’indietro oltre il capo come nel tentativo di liberarsi da qualcuno di dosso, o forse per via di un breve trascinamento. Le mani parzialmente coperte dalle maniche del giubbotto, lo stesso che indossava il giorno che è scomparsa, come peraltro gli altri abiti che indossava, la felpa, i pantaloni elasticizzati e i guanti. In tasca sono stati trovati alcuni oggetti come una sim card di un telefonino, presumibilmente il suo, le chiavi di casa e la batteria di un telefonino, che invece manca all’appello. Il corpo in alcuni tratti era quasi mummificato e in alcuni punti scarnificato forse per l’intervento di alcuni animali, e presentava dei taglietti, uno più esteso alla schiena all’altezza dei reni, altri più piccoli all’altezza del collo e del petto. Segni che però ancora non è chiaro se siano stati provocati da chi l’ha aggredita o se siano stati inflitti post mortem. Una parola certa su tutto ciò non si potrà avere, a livello investigativo, fino a quando gli accertamenti più approfonditi sugli oggetti trovati e le risultanze autoptiche non daranno il giusto valore a ciascuno di questi elementi.

QUESTORE BERGAMO, INDAGINI SU OGGETTI RITROVATI – Il valore delle evidenze investigative raccolte sul luogo del ritrovamento del corpo di Yara Gambirasio è in corso di analisi da parte degli inquirenti. Il questore di Bergamo, Vincenzo Ricciardi, ha precisato di “non confermare né smentire” nulla a riguardo ad alcune indiscrezioni relative al ritrovamento di una sim e di altri oggetti appartenuti a Yara. Il lavoro dell’Ert, l’unita speciale dello Sco (Servizio centrale operativo) della Polizia di Stato, di grande importanza per gli investigatori, proseguirà a oltranza fino a quando il terreno non sarà stato analizzato palmo a palmo. Saranno però accertamenti più approfonditi, fanno notare in ambienti investigativi, a permettere di capire quanto gli oggetti rinvenuti siano effettivamente utili alle indagini.

GENITORI ALL’ISTITUTO MEDICINA LEGALE MILANO – All’istituto di medicina legale di Milano Mara e Fulvio Gambirasio, i genitori di Yara, ieri hanno compiuto il riconoscimento del cadavere. Nell’istituto era presente anche la dottoressa Cristina Cattaneo, anatomopatologa che in passato si è occupata anche delle vittime delle Bestie di Satana e che ieri è stata sul luogo del ritrovamento di Yara. La madre della ragazzina è uscita sorreggendosi al marito e a un’altra persona. Entrambi i genitori hanno mantenuto il loro usuale riserbo: sono saliti sull’Alfa grigia delle forze dell’ordine e sono ripartiti scortati da altre due auto. L’autopsia di Yara è in programma per oggi.

OPERAIO AZIENDA, SONO STATO IN CAMPO NON C’ERA NIENTE – ”Io ci sono stato a cercare la’, non c’era assolutamente niente”. Lo ha detto, questa mattina, con parole smozzicate, un operaio che lavora nella ditta Rosa & C., una Spa che produce laminati industriali, proprietaria del terreno sterrato e al momento incolto, dove ieri pomeriggio e’ stato ritrovato il corpo di Yara Gambirasio. Gia’ ieri si era accennato al fatto che oltre alle ricerche effettuate dai volontari della Protezione Civile proprio in quel posto, anche i dipendenti della ditta avevano deciso, in una occasione, di effettuare una ricerca tutti insieme. ”Si’, si’ – conferma l’operaio – ci siamo stati a vedere in quel posto. E c’ero anch’io, ma la’ non c’era assolutamente niente”. La Rosa & C. Spa e’ un’azienda molto grande con diversi capannoni, sia industriali che ad uso ufficio, che si estende per un fronte di oltre 100 metri e termina proprio alla fine della strada asfaltata oltre la quale comincia il campo incolto dove sono stati trovati i resti.

DON CORINNO, ADESSO SAPPIAMO COSA E’ UN ORCO – ”Nelle favole tutto finisce bene ma adesso sappiamo cosa e’ un orco e siamo preoccupati perche’ l’orco e’ tra noi”: lo ha detto don Corinno, parrocco di Brembate, nella messa delle ore 10. La chiesa era strapiena e in molti non hanno nascosto la loro commozione. Il parroco ha annunciato che fino a sera le campane del paese suoneranno a festa ogni ora ”perche’ – ha spiegato – ora Yara e’ un angelo”.

LA STORIA – Yara Gambirasio era scomparsa il 26 novembre, a Brembate Sopra (Bergamo). Erano più o meno le 18.40 quando la tredicenne, giovane promessa della ginnastica ritmica, è uscita dal palazzetto dello sport per tornare a casa. Da quel momento di lei si sono perse le tracce. Yara è scomparsa tra via Morlotti e via Rampinelli, lungo i 700 metri che portano dal centro sportivo alla sua abitazione. Tre mesi dopo quella fredda sera d’autunno, gli interrogativi del primo giorno restano ancora senza risposta. Polizia e carabinieri hanno ascoltato centinaia di persone, scandagliato la vita di amici e familiari, perlustrato palmo a palmo decine di chilometri quadrati di terreni, dalla Val Brembana, alla zona dell’Isola, fino alla Bassa Bergamasca. Il fiuto dei cani ha portato al gigantesco cantiere di Mapello (Bergamo), ispezionato a fondo per circa due settimane, attorno al quale sono state fatte mille ipotesi. Il caso sembrava chiuso già dopo una settimana, con l’arresto di un muratore marocchino, che poi si è rivelato estraneo alla vicenda.

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