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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Vincenzo Speziali: Giuliano Amato: storia (brutta!) di un italiano!

Vincenzo Speziali: Giuliano Amato: storia (brutta!) di un italiano!

Giuliano Amato: storia (brutta!) di un italiano!

Da sempre, Giuliano Amato, non lo considero una persona perbene: certamente non è un corrotto, anche perché non aveva bisogno di ‘rubare’ (se rubare è il termine più appropriato, per quanto riguarda il finanziamento ai Partiti della Prima Repubblica, dove si combatteva una ‘guerra fredda’ anche all’interno dei nostri stessi confini, tra italiani atlantisti e filosovietici, proprio differenziandosi, nell’appartenenza alle rispettive e corrispondenti formazioni politiche).
Amato, invece, come spesso succedeva in quei tempi -e per certi versi continua pure oggi, seppur in modo diverso- apparteneva ad una categoria prettamente ‘professoralcattedratica’, la quale, talvolta e tal spesso, veniva inserita, ‘interna corporis’, in seno ai vertici dirigenziali e politici, perciò anche in Parlamento, ma persino al Governo, poiché la loro cultura -con annessa capacità di sintesi e conoscenza- poteva tornare utile (chiaramente al Paese), per trovare la modalità migliore, quindi ‘armonizzare’ le indicazioni dei politici di rango e dei Leaders di razza, quali ad esempio Bettino Craxi.
C’è, di conseguenza molta, ma molta, ma molta differenza, tra l’essere un non corrotto e un uomo onesto: si può essere, difatti, non necessitati -per viltà, per occasionalità, per fortuna, insomma…fate vobis- a non dover intascare o rastrellare soldi altrui, ma il solo non farlo, non ci fa essere, d’un tratto o in un botto solo, persone dabbene.
In fondo e per dirla tutta, la disonestà è anche l’atteggiamento morale (poiché tal genere di sottoprodotto umano, sconfina nel moralismo), oppure si è non onesto sotto l’aspetto intellettuale ed anche per l’irriconoscenza personale: ecco, Giuliano Amato, per me come per molti, appartiene alle persone non certamente perbene.
Sempre mellifluo, falso buonista, moralista d’accatto, uno che era nella Prima Repubblica Deputato, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Craxi (di cui fu persino suo Vicesegretario del Partito, cioè il PSI), Vicepresidente del Consiglio nel Governo di Gianni Goria, Ministro del Tesoro con Ciriaco De Mita e poi -sempre Amato stesso- Presidente del Consiglio (di quell’Esecutivo, che giustamente l’affranto, costernato, ma sempre indomito e coraggioso Bettino, definì ‘Governo Facta’), perciò sarebbe stato giusto, corretto, onesto, farlo assorbire, un ‘soggetto così sinistro’, dalla gogna ingiusta toccata a tutti gli altri suoi contemporanei, persino e immeritatamente ai ‘grandi’ (e lui ‘grande’ non lo è mai stato e in nessun senso).
Si, avrebbe dovuto essere così, ma in tal modo non andò a suddetto figuro -tanto per avere l’ennesima riprova del cialtronesco andamento di quel golpe infame, denominato Mani Pulite- e quindi, a Parlamento sciolto, dopo appena 22 mesi, dalle ultime elezioni libere, cioè quelle del 5 Aprile 92, benché costui non si fosse ricandidato, ce lo ritrovammo Presidente dell’Antitrust (ma era pure in corsa per sostituire Jacques Delors, quale Presidente della Commissione Europea, per come mi confido` un eminente politico francese a Beirut, nel 2006) e nel 1998, tornò al Governo con Massimo D’Alema, prima quale responsabile delle (effimere) ‘Riforme Costituzionali’, poi -dopo l’elezione di Carlo Azeglio Ciampi (a cui si oppose, strenuamente e ne sono testimone diretto, solamente Francesco Cossiga, con buona memoria e pregevole lungimiranza), proprio Amato, lo sostitui` quale Ministro del Tesoro e Programmazione Economica.
Finita qui? Per nulla, poiché D’Alema cadde e Amato gli succedette alla guida del Governo per l’ultimo anno di legislatura, cioè la XIII (1996/01), da dove nel suo delirante delirio di ‘bulimico poltronista’, si voleva proporre quale capo della coalizione di Centrosinistra.
Alla fine, gli preferirono Francesco Rutelli, pur ‘regalandogli’ (la stessa alleanza dell’Ulivo), un seggio sicuro, quale Senatore eletto della ‘rossa’ Grosseto (nella cui provincia, ricade la magione estiva di Giuliano Amato, ovvero Ansedonia, meta ambita dei radical-chic italiani, ma non di quelli catanzaresi).
Se per questo, qualora qualcuno lo avesse dimenticato -io, certamente no!- Giuliano Amato (il quale nel 1993, da Presidente del Consiglio in carica, disse testualmente “non sono un uomo per tutte stagioni” e difatti ha, puntualmente e come sempre nella sua vita dimostrato una coerenza tutta sua, facendo cioè il contrario di quanto dichiarava!), dicevo Giuliano Amato ha poi continuato e riproposto se stesso, ancora per altri venti anni, poiché da Senatore ‘Ulivesco’, nella XIV Legislatura, lo ritrovammo nuovamente Deputato nella successiva, cioè la XV e contemporaneamente Ministro dell’Interno del secondo Governo Prodi.
“E non finisce qui…”, diceva sornione Corrado alla Corrida, nel mentre lanciava lo stacco pubblicitario, così come non finì nemmeno con la debacle del secondo Governo Prodi, la carriera di questo carrierista di lungo corso (eda strapazzo!), dedito “al servo encomio e al codardo oltraggio”, poiché successivamente venne nominato Giudice Costituzionale, poi Vice Presidente ed infine Presidente della stessa Corte che custodisce e vigila la nostra ‘Carta’.
Ora, un uomo così, che dalla vita ha avuto tutto, non per grandi meriti, ma per questo suo modo vischioso, trasversale, parassitario, infingardo, omissivo, se ne esce con un’intervista simile, tirando calci negli stinchi non ad una sola persona, Craxi per la precisione, al quale, tra l’altro, deve ogni cosa, tranne il proprio nome e cognome -e il povero Bettino, fu tradito, anche da Amato che lo accoltello`, con una crudeltà cinica da far rabbrividire, financo Bruto con Cesare- bensì questo ‘immorrale tascabile’, non ha risparmiato le sue ‘disquisizioni’, nemmeno circa Francesco Cossiga.
Anzi, ha persino sibilato alla stregua dei rettili che strisciano, cioè i serpenti, ricostruzioni psichiatriche e maligne, che il solito Amato ci consegna, ma guarda caso, però, parlando sempre di persone morte, rispetto alle quali quando erano in vita, tal costui gli scondinzolava attorno, con annessa lingua ‘fantozziana’, ben di fuori alla sua stessa bocca (la quale, sua volta era e oggi ne abbiamo conferma, il pertugio di una fogna).
Non c’è mai limite al peggio, rappresentato da un miserevole miserabile -ovviamente dal punto di vista moralistico e politicante (come questo caso dimostra perfettamente)- eppure Amato non la racconta giusta, se non altro a chi come me, le cose le sa e le ha vissute da testimone o da confidente, oppure a gente come gli stessi figli di Bettino e Francesco, i quali dimostrano un garbo eccezionale nel non andarlo a prendere, non dico a calci, ma se non altro a pesci in faccia.
Bobo Craxi, di cui mi onoro della sua amicizia (e che mi considera un fratello minore, così come tale mi tratta pure, sua sorella Stefania, e ad entrambi voglio un mondo di bene, come a Marco e Alessandro Forlani), dicevo Bobo Craxi, con stile asciutto ed eleganza naturale, ha ben ricordato come suo padre avvisò Gheddafi di qualcosa contro di lui, ma lo fece sei anni dopo, cioè in prossimità del bombardamento americano su Tripoli, a seguito dell’attentato alla discoteca ‘La Belle’, dell’allora Berlino Ovest.
Questo locale, era frequentato in massima parte da soldati americani di stanza nella città divisa e al contempo triste esempio di un mondo diviso in due (da una parte l’Occidente, dall’altra l’imperialismo sovietico): a quel punto, l’Amministrazione Reagan (e il vero dominus era il Vicepresidente e futuro inquilino della Casa Bianca, cioè George Bush sr), fu inflessibile, perciò decise la reazione tipica degli yankee aggrediti, cioè l’eliminazione della turbativa araba, in quel momento, rappresenta più dal Colonnello Libico e non dalla variegata galassia palestinese, dove vi erano pure sanguinari terroristi, ma al soldo del rais di Tripoli (sempre Gheddafi, che li foraggiava e pure parecchio).
Craxi fece una scelta, una scelta politica, coraggiosa e patriottica, poiché giustamente teneva ‘contraccolpi’ sul nostro Paese. Ciò lo può fare solo chi è leader, statista, ma soprattutto uomo, in tutti i sensi, perciò non so se Amato rientra in queste categorie, sia in modo separato o scomposto, sia in combinato disposto, persino parziale.
In più, sempre Giuliano Amato, dovrebbe spiegare come sia possibile che un filo atlantista come lui non abbia mai avuto alcun problema a non capire ciò che è accaduto sui cieli di Ustica. Altro che Nato, lì veramente non si dovrebbe pensare al missile per Gheddafi, o alla bomba che non vi è stata, semmai al trasporto delle barre di uranio arricchito, che rappresenta (quale materia in sé), la parte fondamentale per la costruzione della bomba atomica e nel caso di cui parlo, trattasi di quella musulmana, proprio made in Pakistan, grazie alla rete dello scienziato di Islamabad di none Khan e ultra finanziata dai libici di Gheddafi come dai Sauditi della famiglia reale Al Saud. Perché Amato non racconta e non cita l’episodio che sto ricordando (o disvelando?), visto che fu una delle ipotesi investigative e che venne coinvolto persino un noto estremista di destra, ovvero Marco Affatigato (bolognese ma rifugiato in Francia), il quale a sua volta si incontrò ‘discretamente’ proprio con Sandro Pertini, su una panchina della promenade di Nizza?
Perché Amato, omette e dimentica le posizioni di quella triste estate del 1980, in cui non vi fu solo Ustica (27 Giugno), bensì anche la strage di Bologna (2 Agosto), dove persino in questo caso ci fu un richiamo ad Affatigato?
Perché , sempre Amato, omette che a seguito di questo evento, proprio il Presidente della Repubblica Pertini (il quale, notoriamente era un socialista come Craxi e perciò come dovrebbe essere stato pure Amato, anche se per quest’ultimo i misteri di appartenenza sono molteplici e plurimi, pertanto non solo partitici), dicevo, perché non ricordare le pubbliche parole di Pertini, con invettive a mezzo stampa nei confronti dell’allora suo omologo Francese, Valéry Giscard d’Estaing?
E sì, Pertini fece allusioni mirate, all’indirizzo dell’Eliseo, come se tramasse o ordisse una destabilizzazione italiana e quando prese tali posizioni -in quell’estate tragica del 1980- non dimentichiamo che il Presidente del Consiglio era proprio Francesco Cossiga, il quale -come dicevo prima- è stato ‘malignamente’ menzionato proprio da Amato, però in modo meno irriconoscente, rispetto alle ricostruzioni che questa ‘eterna (e puntualmente fallita) riserva’ della Repubblica, ha destinato con il suo solito modo di (mal) fare e di (mal) dire, al povero Craxi.
E già, sempre a Bettino, perciò bisogna ritornare, tanto per meglio illustrare agli italiani tutti, quale grande signore fu e che magnanimità ebbe, contrariamente alle meldicenze sul suo conto, da parte di coloro i quali, che durante il suo triste ed ingiusto esilio, desideravano farlo passare quasi fosse un rancoroso in preda alla follia.
Nossignore, non fu così e Amato in primis lo sa, poiché allorquando si profilo` il suo rientro al Governo con il D’Alema 1 (1998), per sondarne le reazioni, nella casa tunisina di Hammamet, si materializzò un vecchio esponente socialista di alto rango (trattasi di Gennaro Acquaviva, già Presidente del Gruppo al Senato e ex Capo Segreteria di Craxi a Palazzo Chigi), il quale si riteneva (apparentemente?) uomo di fiducia di Bettino, epperò da sempre legato a Giuliano Amato.
Acquaviva, cercò con circospezione di comprendere quali sarebbero state le reazioni di Bettino, a sua volta abbandonato in quella maniera tanto e così meschina, proprio da Amato sin dal 1992, al punto tale da non fargli mai visita e negandogli anche il semplice ed umano gesto, come poteva essere una banale telefonata.
Craxi, capì al volo e glisso` per tutta la serata (anche per divertirsi a prendere in giro simili ingrati ed insolenti), ma al momento in cui Acquaviva infilò la via d’uscita, Bettino tra il distaccato e il disilluso gli gridò salutandolo: “A proposito, salutami il ‘di nuovo’ Signor Ministro”.
Ecco, Craxi era Craxi, mentre Amato non solo era Amato (purtroppo per Bettino, tutti noi con Bettino e per di più ogniuno come Italiano), ma, sempre Giuliano Amato, è rimasto lo stesso Giuliano Amato, perciò fate voi se questo è un bene oppure un male.
Se non altro, almeno in questo ribadire di non voler o poter cambiare, Amato ha dimostrato di essere se non coerente, quantomeno perseverante -per di più in modo univoco, senza rivelarsi costante nel fare il contrario, come è stata la cifra della sua intera vita e carriera (discutibili, molto discutibili)- ma è l’unica che ha dimostrato una siffatta fenomenologia e l’intervista di ieri ne è la riprova.

Vincenzo Speziali
(Componente del Bureau Politique dell’Internazionale Democristiana e membro della Direzione Nazionale dell’UdC)