“Si ha motivo di pensare che, quello di cui si avrebbe bisogno, non è più il sussurrio di un’isolata disapprovazione – per quanto sarebbe già incoraggiante raccoglierla – quanto di un vero e proprio itinerario educativo d’indignazione sociale, magari mettendo insieme risorse ed esperienze, meglio ancora se arricchite dalla funzione trasformatrice e liberatrice della logica evangelica”
Tentato omicidio Bongiovanni, le riflessioni del sociologo Mimmo Petullà
“Si ha motivo di pensare che, quello di cui si avrebbe bisogno, non è più il sussurrio di un’isolata disapprovazione – per quanto sarebbe già incoraggiante raccoglierla – quanto di un vero e proprio itinerario educativo d’indignazione sociale, magari mettendo insieme risorse ed esperienze, meglio ancora se arricchite dalla funzione trasformatrice e liberatrice della logica evangelica”
Riceviamo e pubblichiamo:
Il grave episodio, verificatosi nei giorni addietro, ha fatto irruzione in una comunità che si è lasciata cogliere – per l’ennesima volta – in modo piuttosto impreparato. L’insopportabile peso, che la violenza continua a esercitare sulla serenità del collettivo taurianovese, appare tuttavia acuito dai tiepidi atteggiamenti che giungono dalle cosiddette figure di riferimento: vale a dire soggetti che, per l’elevatezza delle scelte nei vari campi della vita, si configurano – a volte non senza un certo compiacimento – quali strumenti di un processo d’identificazione. Si tratta, sembra evidente, di figure il cui carisma – proprio perché supposto come rassicurante e protettivo – dovrebbe essere capace di sostenere la cittadinanza, diffondendo all’interno di essa un ulteriore e coesivo senso di appartenenza, in modo particolare quando esso è messo a dura prova dalle contingenze più esperienzialmente drammatiche. Contrariamente a quanto si possa immaginare, è anche la mortificazione di tali attese a contribuire allo sbeffeggiante trionfo di ogni forma di delinquenziale prepotenza, che tende a vincere non solo quando spara, ma anche quando intimorisce, non suscitando un immediato disprezzo e condanna. Si ha motivo di pensare che, quello di cui si avrebbe bisogno, non è più il sussurrio di un’isolata disapprovazione – per quanto sarebbe già incoraggiante raccoglierla – quanto di un vero e proprio itinerario educativo d’indignazione sociale, magari mettendo insieme risorse ed esperienze, meglio ancora se arricchite dalla funzione trasformatrice e liberatrice della logica evangelica. Bisogna constatare, però, che l’ampiezza di tale progetto comporta un’azione organica, che a sua volta esige un impegno non solo di natura intellettuale, ma anche di fede, di speranza e di carità, che in certi noiosi ed esibiti cerimonialismi trova difficilmente spazio.
Mimmo Petullà