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Sindaco Fabio Scionti, putacaso che Prestileo, Sposato (più “Uno”)…

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Umiltà (dal vocabolario Treccani), “Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei proprî limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé”

Pino Falleti a poco più di un’ora prima della conferenza stampa del sindaco Fabio Scionti, si è dimesso da consigliere comunale. In un certo senso ha spiazzato un po’ tutti (sindaco in primis), così come un temporale estivo mentre si sta in una spiaggia e vola via l’ombrellone, insieme al trucco delle signore imbellettate che stavano prendendo il sole, ignare che la salsedine pulisce meglio dell’acqua micellare, simili statue di cera alla Madame Tussauds che registrano con lo smartphone il “paesaggio”. Dalla (messa in) piega che aveva preso questa triste e surreale storiaccia, simile a un racconto di Allan Poe, tra il pozzo e il pendolo, sembrava che fare un passo indietro (dovuto e necessario), non era nelle sue priorità. Ora che è fatto, si chiude così un capitolo della vita politica di questa città, uscendo (definitivamente?) di scena, e la situazione passa di competenza in atre sedi che non sono quelle della politica, ma del terzo potere dello Stato.
Cosa resterà di questa “storiaccia”? Sicuramente una pessima figura del Partito Democratico locale che ha assunto le sembianze manzoniane tra un Don Abbondio e il Conte Attilio. Una sorta di tuffo dentro l’intrisa reminiscenza di un nebbioso ricordo di quello che fu la storia di quel partito. Una seduta spiritica agitata che ha fatto rivoltare le tombe finanche ai perlopiù inutili. Ora che Pino Falleti si è dimesso, attendiamo, ma con disinteressata indifferenza, le dimissioni di tutta la classe dirigente del partito locale compreso, ahimè, quelle del commissario metropolitano Puccio, che tutti insieme sembravano i protagonisti della commedia napoletana del grande Scarpetta, “Girolino e Pirolé”. Sant’Agostino scrisse, “Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà”. Ah, l’umiltà, che parolona inutile, che vige dentro una landa invasa da pozzanghere e da camicie bianche alla Marchese del Grillo. Oggi Scionti sicuramente aveva in mente un altro discorso nella sua conferenza, ma poi sono arrivate le tanto agognate dimissioni del suo ex capogruppo, e così ha avuto stravolto i piani e si è dovuto, diciamo, improvvisare un po’ tutto. Ed è nell’improvvisazione che il trucco rischia di essere svelato, perché la pelle del re era nuda. E non c’è damigella di corte a sopperire a tal esposizione di misteri. Quand’è natura è natura. E come la storia di Esopo tra la rana e lo scorpione.
Abbiamo sempre difeso Scionti (e la sua famiglia), quando ha subito l’azione vigliacca della bomba, io stesso lo definì “mio fratello”, seppur ne posseggo già uno (e non è lui). Lo abbiamo fatto anche in questi giorni appena appreso della “storiaccia”, e continueremo a farlo per amore della legalità e di rispetto per lo Stato. Ma oggi Scionti non mi è piaciuto. È stato come uno “zimbatò” intriso di marmellata alle prugne. Perché Io, e Io, e poi Io, “ho tutto il peso addosso”, nemmeno fosse il figlio di Giapete e Climeno, colui che Omero lo descrisse come sostenitore di un pilastro del cielo (però aveva la figlia ‘bbona che fece innamorare Ulisse). Ma qui non c’è né Atlante, né Giapete né Calipso, al massimo il famoso personaggio della borgata romana di Centocelle “Meo Senzapetto”. Perché i “leoni da tastiera” sono quegli esseri ignavi che utilizzando da casa quella piattaforma composta da lettere, si arrogano il diritto di scrivere ciò che vogliono, ma dal vivo hanno il ruggito di un’antilope. Sempre meglio essere “leoni” che “Lacchè da tastiera”, ci si guadagna quantomeno in dignità. Il potere ama i “lacchè” e la gente ama i “leoni”, soprattutto dal vivo, quelli che mettono la faccia. Oggi il sindaco nemmeno fosse Muzio Scevola, ha dichiarato che nell’ultimo consiglio comunale dopo aver detto a Falleti di non volere il suo voto, è entrato fiero, coraggioso e impavido nell’arena del civico consesso a chiedere il voto per il bilancio, “pur essendo in minoranza, mi sono presentato lo stesso (…)”. E dopo quest’ultima affermazione, insieme ai “leoni da tastiera”, introdurremo una nuova figura quello del “Oral Gnorri”, ovvero quello che sa ma fa finta di non sapere. “Ma pippo, pippo non lo sa. E serio, serio se ne va per la città. Si crede bello. Come un apollo. E saltella come un pollo”. Come ho ampiamente riportato nei pezzi precedenti, prima del consiglio comunale si sapeva che il sindaco avesse la maggioranza sufficiente a far deliberare il bilancio con i voti di Rocco Sposato (più uno… “leone”), perché c’era stato dietro un lavoro certosino di convincimento “per il bene della città” e che spero dopo questa conferenza non si perde tra il labirinto del rancore.
Ora subentrerà Daniele Prestileo, già oggi tutti lo cercavano come fosse il messia riscoperto, simile a un personaggio di qualche vangelo apocrifo. Giocoforza è il nuovo ago della bilancia della situazione, e quel nove che potrà decidere le sorti di un’amministrazione, ma non sarà mai un cavaliere dell’apocalisse che farà cadere l’amministrazione Scionti.
Io ho parlato più di un’ora stamani con Prestileo, ovviamente non dirò nulla di quanto detto. Ma una riflessione la vorrei fare. Oggi il sindaco, chiudendo il caso Falleti, doveva aprire alla minoranza e proporre un percorso per la città fino alle elezioni del 2021, senza menzionare “leoni” e “zebbre”, in quanto un “leone” gli ha votato pure il bilancio. Sicuramente si sarebbe ritrovato sulla sua strada almeno tre persone in più. Oggi il sindaco se sarà umile, a differenza di oggi, durerà fino alla scadenza del mandato, altrimenti, siccome lui ha affermato che quando non sarà più sindaco sentirà la mancanza dello stress, quella mancanza se ci sarà carenza di umiltà la sentirà a breve (sic!). Dalle sue parole si evince che forse non si ricandiderà? Io ho capito questo, ma oggi tale condizione, passa in secondo piano. Ma putacaso che….
Putacaso che, putacaso eh, se il sindaco non dovesse scendere dal piedistallo (del “io so io e voi non siete un cazzo”), visto che a breve ci saranno due consigli comunali da votare con dei bilanci da approvare, e putacaso che, siccome allo stato attuale ha sette voti con “Taurianova Cambia” e un voto con “La ruota della fortuna”, in totale otto. Ne servirebbero nove. E putacaso che lui mantenga la sua “marchesatura”, putacaso eh. Magari quei giorni del civico consesso, Rocco Sposato, Daniele Prestileo più “Uno”, putacaso eh, non si presentassero per motivi personali. I numeri non ci saranno, svaniti tra le nuvole o tra i tavolini di un bar, a gustare un aperitivo con degli stuzzichini. Ma se, putacaso eh, il sindaco sarà folgorato sulla via dell’umiltà, come per magia, Fabio sarà miracolato fino alla primavera del 2021. E magari iniziare facendo il primo passo nei confronti del nuovo arrivato consigliere comunale Prestileo, convocandolo nel suo ufficio, dico eh, putacaso…
Morale. Si rischia di cadere più da sopra di un fagiolo che da un precipizio. E la rana non verrà morsa dallo scorpione. E vivranno entrambi felici e amministrativamente contenti.
Don Chisciotte senza Mancia
(GiLar del Pueblo)