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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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Renzi sta rinnovando la politica italiana

Renzi sta rinnovando la politica italiana

Il premier sta combattendo vecchi e nuovi conservatorismi

di BRUNO MORGANTE

Renzi sta rinnovando la politica italiana

Il premier sta combattendo vecchi e nuovi conservatorismi

 

di Bruno Morgante

 

Il PD di Renzi ha stravinto le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. I dati numerici, pur strepitosi e che rappresentano il miglior risultato nella storia dei partiti di sinistra in Italia (vogliamo ricordare: 40,8% di voti, più di 11 milioni di voti, il miglior risultato dei partiti socialisti in Europa, maggior numero di voti di tutti i partiti europei, compresa la CDU di Angela Merkel), non danno pienamente il segno della vittoria.
La vittoria è soprattutto politica, in quanto segna il primato del riformismo, dell’innovazione contro i conservatorismi di destra e di sinistra.
In Italia si apre una stagione nuova che travolge anche vecchie identità, che ormai sapevano solamente di vecchio o di attesa di nuove proposte, che potessero liberare tutti dalle prigioni in cui volontariamente ognuno si era confinato, quasi legittimato dalla prigione dell’altro.
Non significa che si apre il tempo delle abiure o del salto della quaglia, anche perché chi lo facesse rischierebbe brutte cadute senza rete, in quanto nessuno glielo chiede.
Semplicemente Renzi ha dato corpo e voce alla necessità di una sinistra postideologica, capace di parlare a tutta la gente, giovani, donne,lavoratori, partite IVA, imprenditori, artigiani, professionisti, pensionati, a tutti coloro che vogliono una società più giusta e più equa, rendendosi credibile con proposte chiare e con atti di governo coraggiosi.
Ha saputo trarre forza e credibilità dalle radici su cui affondano le culture e le storie delle sinistre italiane, da quella cattolica a quella azionista, a quella socialista riformista, a quella comunista, liberandole dalle gabbie in cui si erano rintanate, prigioniere dei propri rancori, delle proprie identità.
Ha dato una nuova identità al PD, superando il peccato originale che lo vedeva frutto dell’unione dei postdemocristiani e dei postcomunisti, costringendolo a non riuscire a decidere niente su temi eticamente sensibili o riguardanti i diritti delle persone, ad essere estraneo alle grandi famiglie politiche europee, a tenere conto di equilibri interni in ogni decisione politica, di fatto ad apparire immobile e senza una sua anima, prigioniero delle sue ali estreme.
D’Alema ha avuto il grande merito, dopo la sconfitta del 1994, di essere riuscito a salvare una nomenclatura e un apparato di partito, che ha permesso all’allora PDS di sopravvivere alla sconfitta sancita dalla storia del comunismo, al prezzo di rinunciare a riformare la sinistra e a qualsiasi tentativo di revisione della storia recente del paese, che non poteva essere scritta solo nelle aule di tribunali.
Questo fatto ha condannato la sinistra ad essere minoritaria, giustizialista, moralista e antiberlusconiana per definizione e a rifugiarsi nelle braccia di un democristiano ( Prodi ) per poter vincere due volte le elezioni.
Veltroni ha tentato di superare questa situazione di minorità politico-culturale fondando il PD, che nacque dall’incontro tra gli apparati ex democristiani e gli apparati ex PDS, con l’intento di formare un partito riformista di massa, capace di farsi carico della modernizzazione del paese, con mentalità maggioritaria.
Non ci fu mai una sintesi virtuosa tra le due culture e le due storie, che rimasero orgogliosamente presidiate dai propri esponenti, anche perché garantivano potere e ruoli, così come la cultura maggioritaria fu più un atto di arroganza per annettere tutte le formazioni minori con la forza dei numeri, complice una legge elettorale, che Veltroni accettò che si estendesse anche alle elezioni europee, che una forma di apertura per segnare una nuova fase della politica italiana.
Quando oggi Veltroni dice che Renzi ha realizzato il suo sogno e che a lui è solamente mancata la cattiveria, fa capire che non ha capito niente della vera rivoluzione politica renziana.
Renzi ha superato definitivamente la gabbia dell’atto di nascita del PD, dove faceva parte dell’atto fondante l’asserzione della Bindi che non sarebbe mai morta socialista, ha superato definitivamente la gabbia dell’atto di nascita del PD, dicevamo, con un progetto politico, il cui segno distintivo è stata l’adesione al PSE, da cui Veltroni lo aveva ritirato, non tanto come adesione ideologica, ma come fatto pragmatico di adesione alla famiglia europea più vicina ai propri valori, per contare e influire nella politica europea, che ormai rappresenta un punto di riferimento obbligato per tutti i governi, ed essere più forte e credibile in Italia.
Renzi ha superato i vecchi steccati ideologici della sinistra tradizionale, si è fatto portatore di progetti di innovazione e di modernizzazione del paese, attento ai diritti dei cittadini, ai bisogni di una moderna economia, a partire dalla riforma fiscale, dalla riforma della pubblica amministrazione per la sburocratizzazione del paese, dalla riforma del lavoro che agevoli una comunione di interessi tra lavoratori e produttori, che presuppone una redistribuzione di ricchezza verso i lavoratori e le imprese e flessibilità nel mondo del lavoro, scontando l’opposizione del sindacato, che deve sapersi rinnovare per giocare un ruolo di volano dello sviluppo e non di retroguardia in difesa di diritti acquisiti, spesso anacronistici nella moderna economia.
Si sta dimostrando attento nei confronti dei ceti più bisognosi e delle nuove e vecchie povertà con la riforma del terzo settore, riforma attesa da anni.
Senza remore o sudditanza psicologica nei confronti di ceti o caste, quali i magistrati, ha dato il via a una lotta contro privilegi e stati giuridici, che contrastano con la situazione di chi vive del proprio lavoro, a partire dagli stipendi, per arrivare alla licenziabilità dei dirigenti e alla chiamata alla responsabilità delle banche per una politica di crescita.
Si potrebbe continuare con i suoi progetti sulla scuola, sui beni culturali, sulla modernizzazione delle istituzioni e sulla nuova legge elettorale.
Il dato che emerge, e che è alla base dello strepitoso successo elettorale, è che Renzi ha posto a tutti una scelta, basata su progetti concreti, tra progressisti riformatori e conservatori, tra speranza e paura, tra rispetto e convivenza civile e insulti e oltraggio delle persone e delle istituzioni.
Sono proprio i conservatori di sinistra che maggiormente hanno il dente avvelenato con Renzi, definito ora come il figlioccio di Berlusconi, ora come il democristiano che si è impadronito del PD.
Chiusi nella loro presunta saccente superiorità morale, capaci solo di sentenziare su ogni azione degli altri in riferimento a schemi astratti di diritti acquisiti, di moralità pubblica e privata, alcuni si sono auto reclusi nel recinto di Tsipras, altri hanno tentato di spiegare la legittimità del M5S quale continuità della politica moralistica e giustizialista del vecchio PCI di Berlinguer, offendendone la memoria di grande comunista moderno, che, al di là di averne condiviso le idee, bisogna dire che pose la questione morale e l’austerità non come occasione per insultare partiti, istituzioni e politici, ma come base per una ridefinizione dei valori a presidio di un grande processo di cambiamento dei costumi e dello stile di vita della società.
Quando questa mattina nella trasmissione Agorà l’on. Faraone della segreteria del PD ha apostrofato Furfaro di SEL come conservatore di sinistra in riferimento al cambiamento e alla modernizzazione del paese, mi è venuto in mente Craxi della Conferenza Programmatica di Rimini del 1981, quando Martelli espose la teoria dei meriti e dei bisogni e Craxi propose il grande progetto di modernizzazione del paese, attaccando i conservatori di sinistra, quale ostacolo alla costruzione di un grande partito riformista italiano.
Forse qualcuno potrebbe, con maggiore legittimità di Veltroni, pensare che si sta realizzando, necessariamente con contenuti e forme proprie, un suo sogno.