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“Della Calabria non frega niente a nessuno”

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E’ quanto dichiara il Coordinamento Sos Mediterraneo dopo il passaggio delle armi chimiche a Gioia Tauro

“Della Calabria non frega niente a nessuno”

E’ quanto dichiara il Coordinamento Sos Mediterraneo dopo il passaggio delle armi chimiche a Gioia Tauro

 

“Ve l’avevamo detto che non sarebbe successo niente”.
La delegittimazione subdola del popolo di San Ferdinando e dell’intera Piana di Gioia Tauro passa tutta da questa frase pronunciata indifferentemente dal ministro dell’Ambiente o dall’ultimo degli ascari che hanno accompagnato questa operazione dietro lauto compenso monetario.
La moda del momento è parlare a vanvera aggiungendo che adesso che le armi chimiche siriane sono andate via, tutto è finito, e possiamo quindi pensare alla favola del motore del porto che manca sempre di un pezzo, il famoso volano, che farebbe ripartire la Calabria.
La cruda realtà è che alla Calabria non frega niente a nessuno se non per arricchimenti personali e l’operazione “armi siriane” ricade perfettamente in quest’ottica.
La tutela della gente comune e del proprio territorio è argomento tabù per essere affrontato, sebbene la Convenzione di Arhus illustri attraverso quali strumenti si possa giungere all’autodeterminazione di un popolo. La Convenzione di Barcellona che salvaguardia il Mediterraneo è poi cosa astrusa, appartenente ad un altro pianeta.
Eppure dovremmo avere contezza che l’operazione di idrolisi che avverrà fra l’isola di Creta, la Grecia e la Libia da eseguire per la prima volta al mondo, avrà ricadute e conseguenze anche alle nostri latitudini..
La strategia del silenzio istituzionale e la “disinformatia” hanno formalmente vinto e fatto da segnatempo in questa sporca faccenda sin dall’inizio, e continua ancora ad essere così per un’operazione militare affidata dall’OPAC ad una nazione (gli USA) che ancora non ha avuto il tempo di distruggere le proprie armi chimiche custodite nei bunker americani.
Un pò come affidare la pecora al lupo insomma, con la totale sudditanza del governo italiano che – prono al pari della Grecia, – ha consentito che ciò accadesse in un porto civile, dove MAI transitarono in passato carichi del genere, stracciando pertanto qualsiasi legge dello stato italiano, convenzione internazionale e trattato di tutela.
Perchè non ha quindi reagito la popolazione calabrese? Per atavica apatia, alimentata proprio da quella politica e da quei sindacati che avrebbero il dovere di tutelare il bene comune e la propria gente, e che mai l’hanno fatto.
Dovranno passare molte generazioni di buona politica sul territorio calabrese affinchè si cambi passo e si possa arrivare all’autodeterminazione della nostra gente. Intanto i nostri fratelli greci si organizzano nel mare di Creta pensando all’incubo che li attende: l’idrolisi delle armi chimiche.

Il passaggio dal porto di San Ferdinando è solo la prima tappa del tragitto che sta compiendo il carico di morte partito dalla Siria, per iniziare un esperimento di idrolisi su nave mai tentato prima, in mare aperto e spesso battuto da un vento fortissimo.
Molti scienziati greci hanno da mesi lanciato l’allarme riguardo la pericolosità di questo esperimento, ed anche gli stessi operatori dell’OPAC ne ravvisano l’alto rischio.
A questo proposito riportiamo una dichiarazione non di parte, del chimico italiano membro dell’OPAC, professore Trifirò: “L’esperimento viene fatto in mare perché nessuna nazione avrebbe accettato di ricevere armi chimiche da distruggere….Il vero problema di farlo in mare aperto è se il mare è mosso: la speranza è che il mare sia calmo perché queste operazioni si possono fare solo se il mare è tranquillo”.
Per 60/90 giorni, questo il tempo ipotizzato per idrolizzare l’intero carico, si deve quindi sperare che non ci sia mai mare mosso perché in tal caso l’operazione si dovrebbe temporaneamente sospendere e continuarla nel porto più vicino. E qui ritorna l’incubo Gioia Tauro.
Nel peggiore dei casi, “sarà la necrosi per tutto il mar Mediterraneo”.
Esiste una Convenzione internazionale sulla distruzione delle armi chimiche (CAC), della quale l’OPAC è promotore, che prevede come lo smantellamento e la neutralizzazione degli armamenti chimici debba essere fatto a cura del paese produttore.
Ma allora che c’entra il Mediterraneo?