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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 08 MAGGIO 2024

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Porto Gioia Tauro, Laganà risponde a Prodi

Porto Gioia Tauro, Laganà risponde a Prodi

Il segretario provinciale Api di Reggio traccia quelli che sono, a suo avviso, i motivi principali della mancata crescita dello scalo

Porto Gioia Tauro, Laganà risponde a Prodi

Il segretario provinciale Api di Reggio traccia quelli che sono, a suo avviso, i motivi principali della mancata crescita dello scalo

 

Riceviamo e pubblichiamo:

“In un recente articolo pubblicato da “Il Messaggero” il presidente Prodi ha citato il porto di Gioia Tauro come esempio del degrado etico e di legalità che attanaglia l’Italia impedendone lo sviluppo e la crescita, affermando che i poteri illeciti locali hanno soffocato la crescita di questa strategica infrastruttura.

La sua analisi è sacrosanta e condivisibile, così come è necessario riconoscere a Prodi di essersi speso per finanziare e promuovere le attività del porto da presidente del Consiglio.

Mi permetto di offrire ulteriori elementi di analisi sul solco tracciato da Prodi che, però, non dipendono da fattori locali e che hanno inciso negativamente sullo sviluppo dell’area portuale.

1) Il porto non offre alcuna intermodalità (nave-treno; nave-gomma; nave-aereo) a causa, soprattutto, di un mancato intervento delle Ferrovie dello Stato che da quindici anni non consente di avere una infrastruttura capace di trasportare i grandi carri merce e imbarcarli con efficienza dal porto di Gioia Tauro. I prezzi praticati dalle Ferrovie sono fuori mercato e la società non è in grado di garantire tempi certi tempi di arrivo dei treni.

Se a ciò si aggiunge che l’autostrada è nelle condizioni in cui appare, che i cantieri non saranno chiusi prima del 2017 e che il tracciato autostradale viene attualmente utilizzato, unico caso al mondo, come strada di cantiere, a discapito della sicurezza e della funzionalità del traffico pendolare, turistico e commerciale, il quadro risulta quantomeno sconcertante.

Senza servizi stradali e ferroviari efficienti non è neppure immaginabile disquisire sul binomio nave-aereo.

2) Gioia Tauro non è concorrenziale con i porti costruiti nell’ultimo decennio nel Mediterraneo anche a causa del fatto che finora ha mantenuto alti i costi delle tasse di ancoraggio, delle accise sui carburanti e dell’elevato costo del lavoro che non ha beneficiato di istituti quali la fiscalizzazione degli oneri sociali.

Si è aspettato il 2010 per comprendere l’incidenza in negativo di tale situazione?

3)Gioia Tauro è danneggiata per il fatto che le procedure di gestione del traffico merci sono eccessivamente lente e farraginose. Perché la dogana non ha pienezza di funzioni su Gioia Tauro? Non tutte le merci sbarcate nel porto della Piana vengono contestualmente sdoganate, parte di esse pagano i diritti doganali in altre province che non sono quelle calabresi con grave danno per le casse regionali.

Addirittura, a Gioia Tauro manca l’adsl e nessuno chiede ragione alla società ex monopolista.

4) Tutte le imprese del nord delocalizzano verso l’est Europa oppure verso la Cina e l’India (che hanno i medesimi o ancor più gravi problemi di sicurezza e legalità della Calabria), dimostrazione, questa, del fatto che il problema non può essere limitato solamente a una questione di legalità e illegalità del contesto sociale nel quale si dovrebbe fare impresa. Perché non è stata realizzata una politica finalizzata ad attrarre e allocare nel sud Italia le imprese attraverso la leva fiscale (area franca) o attraverso incentivi allo sviluppo?

Noi calabresi abbiamo responsabilità gravissime: di quiescenza alla criminalità, di cattiva e incapace gestione, su questo Prodi ha ragione. Tra le tante responsabilità si segnala però anche la mancata indignazione di fronte all’assenza di iniziative di governo. Tale mancata indignazione si riscontra anche allorquando si verifica il tentativo di dichiarare chiusa un’esperienza industriale di questa dimensione qualificandola solo come una questione di ordine pubblico, di criminalità che impedisce lo sviluppo, senza però interrogarsi sulle responsabilità di governo. La verità è che non sono state praticate a Gioia Tauro politiche adeguate per lo sviluppo e la crescita; che in Calabria si è legittimata una classe dirigente spesso mediocre ma nonostante questo ben accettata nei circuiti del potere romano”.

Avv. Sergio Laganà

Segretario provinciale

API – Reggio Calabria