Sulla rete ed in particolare sui social si pubblicizza di tutto. Dai beni di consumo,
ai servizi e da un po’ di tempo anche pratiche di chirurgia estetica. Uno studio
condotto negli Usa da ricercatori della Northwestern university. e pubblicato dall’Aesthetic
Surgery Journal, ha invitato a prestare la massima attenzione a questo tipo di pubblicità
che appaiono su Facebook o Instagram, perché in molti casi possono essere praticate
da persone non abilitate. Secondo la ricerca in meno di un caso su cinque si tratta
di operatori professionali. Instagram, spiegano in particolare gli studiosi, per
la propria natura di social votato alle immagini è un perfetto veicolo per messaggi
sulla medicina estetica. Per lo studio sono stati analizzati quasi due milioni di
post basati su 29 hashtag legati alla chirurgia estetica. Solo nel 17,8% dei casi,
scrivono, i post erano di operatori certificati, mentre per il 26,4% erano di medici
con altra specializzazione, il 5,5% di non medici e nel 47% di operatori stranieri
non meglio specificati. “La scarsità di medici qualificati su Instagram – concludono
gli autori – è allarmante. I professionisti dovrebbero usare i social media per
educare i pazienti sui rischi di rivolgersi a un professionista non certificato”.
Il problema è sempre il solito e non è solo americano, rileva Giovanni D’Agata,
presidente dello “Sportello dei Diritti”: si cerca di attirare nella “rete”
ignari che sono spinti – in una società in cui l’esasperazione dell’estetica
coinvolge ogni livello – da immagini allettanti e costi vantaggiosi rispetto alle
tariffe applicate nelle cliniche autorizzate, quando invece bisognerebbe prestare
la massima cura perché ne può andare seriamente della propria salute.