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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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No demagogia, no populismo

No demagogia, no populismo

I pro e i contro della moneta unica

No demagogia, no populismo

I pro e i contro della moneta unica

 

 

La nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio e della Comunità Economica Europea avvenute nel corso degli anni cinquanta, mirava alla progressiva eliminazione di ogni tipo di barriera al libero movimento di persone, capitali, merci e servizi tra i paesi membri: coerentemente con una tale visione, i costi di conversione tra le unità valutarie degli stati comunitari erano un ostacolo a tali movimenti e, di conseguenza, un vantaggio immediatamente percepibile con l’introduzione dell’Euro a distanza di circa cinquant’anni dall’istituzione della prima Comunità Europea è stato rappresentato dalla soppressione di tali costi.
Nel 1972, nel periodo di progressiva decadenza del sistema monetario internazionale stabilito nel 1944 a Bretton Woods, alcuni paesi europei crearono il cosiddetto Serpente Monetario Europeo, impegnandosi a limitare entro una fascia ristretta le oscillazioni dei tassi di cambio reciproci.
Il tentativo, purtroppo inefficace, fu seguito nel 1978 dall’istituzione del Sistema Monetario Europeo (SME): i tassi di cambio dei paesi aderenti, non fissi ma variabili soltanto entro un determinato margine di oscillazione, furono stabiliti in relazione a un paniere inclusivo di tutte le valute dei paesi partecipanti, così da ottenere un’unità valutaria comune di riferimento definita ECU. Con la crisi del biennio 1992-93 si ampliarono le bande di oscillazione già previste dallo SME.
Nel frattempo, nel panorama economico internazionale, grazie a una stabilità monetaria perseguita con costanza dalle autorità tedesche, diveniva sempre maggiore il peso del marco e dunque della Banca centrale tedesca.
Con il Trattato di Maastricht fu fissata, per tappe e nel corso degli anni successivi, la piena integrazione europea tramite un’unione monetaria fondata su una moneta unica e su una politica monetaria che avrebbe dovuto essere nelle mani di una banca centrale europea, appartenente al cosiddetto Sistema di Banche Centrali Europee : attraverso tre fasi si sarebbe giunti all’entrata in vigore di una moneta europea.
Scopo della politica monetaria della Banca Centrale Europea sarebbe stato il mantenimento della stabilità dei prezzi, così da poter contribuire a una crescita durevole, al benessere economico e all’aumento dell’occupazione.
D’altronde, l’introduzione dell’Euro ha eliminato la discrezionalità delle banche centrali nazionali : un Euro il cui valore si apprezza rispetto a quello delle altre valute porta a rendere più appetibili i beni prodotti al di fuori dell’Eurozona, contribuendo ad accrescere il debito dell’area.
La fine dei costi legati alla conversione da una moneta nazionale all’altra implica la fine del rischio di cambio , dal momento che, se si vuole investire in un altro stato dell’Unione Monetaria (Um) o intendiamo recarci in tale stato, si potrà continuare a utilizzare la stessa moneta che si utilizza ogni giorno nello stato di origine o di partenza : ciò implica un maggiore incentivo al risparmio e, dunque, maggiori investimenti .
La fine del rischio legato al cambio, assieme al libero movimento di capitale, favorisce altresì un mercato finanziario più esteso: nei fatti d’altronde, l’adozione dell’Euro ha dato una forte spinta ai mercati finanziari europei e ha favorito un aumento del volume del commercio.
Infine, la riduzione della dipendenza dell’Eurosistema (costituito dalla Banca Centrale Europea e dalle banche centrali degli stati membri dell’area dell’Euro) dal Paese a moneta di riserva e cioè dagli Usa, costituirebbe un altro punto a favore dell’entrata in vigore dell’Euro.
Fino a qui sembra tutto filare liscio a prescindere dalla politica prodiana che guai mai, nelle sue file ha avuto personaggi come Bersani; gli intenti erano positivi salvo pensare di avere al suo fianco la sinistra peggiore della storia italiana, ad essere sinceri, anche l’ultima, spero finita con l’avvento di Renzi, non scherzava.
Il dramma poi si è consumato con la dittatura del periodo del signore di Milano, noi cittadini italiani, l’abbiamo votato e osannato e lui con qualche tetta e culo (da lui consumati) ci ha presi tutti per i fondelli.
Poi leggo in un blog: “Piange, il popolo italiano. Perché sa che il danno se l’è procurato da solo. Al tempo, dando a quel Prodi la facoltà di decidere di entrare nell’euro. Un gravissimo errore che, per esempio, l’intelligentissima Gran Bretagna non ha commesso. A seguire, sperando in un ribaltone politico che si è dimostrato inutile e dannoso.
Qualcuno mi dirà Sei di parte. Forse. Ma come stiamo adesso? E non cadiamo, rispondendo, nella solita banalità che sia stata colpa di Berlusconi. È diventata una sorta di litania sciocca e bugiarda. Farisea, direi. Se stiamo con le pezze al culo, cerchiamo ben altri responsabili. Le banche, magari. Coi loro tassi da usura e la sordità nei confronti della gente in difficoltà. E, nel piccolo, quei commercianti truffaldini che raddoppiarono i prezzi, all’arrivo dell’euro, dimezzando la qualità delle merci. Anzi, azzerandola. Eh, già! Furono proprio loro che sostituirono i prodotti nazionali con la merda cinese. Non facciamo finta di non sapere. E fummo noi che glielo consentimmo, acquistandola.
Ora siamo a terra. Sconfitti. Feriti nella dignità e nell’orgoglio della nostra ultramillenaria Storia. I barbari vincono su Roma. Noi li accogliamo senza difenderci”.
Alcuni aspetti sono veri, impossibile controbattere ma i problemi affrontati dalle autorità di politica economica e dalle parti sociali di ciascun paese appartenente all’Eurozona variano da paese a paese e la stessa incognita dell’inflazione può presentarsi – e in effetti si è sempre presentata – con tassi differenti da stato a stato, laddove la Bce basa le proprie politiche sul valore medio del tasso di inflazione : in altre parole, tale politica potrebbe rivelarsi eccessiva per i paesi più virtuosi e irrilevante per quelli caratterizzati da maggiori spinte inflazionistiche.
Sempre con riguardo agli svantaggi di una moneta unica rispetto ai possibili vantaggi di una moneta nazionale e dunque di una sovranità monetaria di un singolo stato, se un paese viene colpito da fasi recessive, a parità di altri fattori ciò implicherebbe il deprezzamento della valuta di quel paese la quale a sua volta renderebbe più appetibili per il resto del mondo le esportazioni e dunque le produzioni di quello stato. Da aggiungere come, nel caso dell’area dell’Euro e, più in generale, dell’Ue, tra i fattori alla base degli andamenti dell’economia interna, ve ne siano anche alcuni di natura non economica come la componente linguistica : per quanto forte possa essere la mobilità lavorativa e studentesca all’interno dell’Europa, la presenza di molte lingue parlate nell’Ue può costituire un impedimento alla mobilità. Dal punto di vista della popolazione, l’area dell’Euro possiede dimensioni tali da poter competere con gli Stati Uniti o con i paesi del Bric, ma è costituita da stati nazionali e sovrani con culture e identità linguistiche proprie: le identità linguistiche possono essere percepite dai cittadini europei sia come un impedimento, sia come una grande opportunità.
Da aggiungere come “la politica monetaria produce i suoi effetti sul livello dei prezzi con un ritardo stimato in circa diciotto/ventiquattro mesi” . Con l’integrazione monetaria viene meno la discrezionalità politica dei singoli stati membri nella scelta della combinazione tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione ritenuti più appropriati : “l’Unione prevede la convergenza nei tassi di inflazione per facilitare l’attuazione della politica monetaria unica”.
In anni recenti l’economista e docente Giorgio Lunghini descriveva alcuni problemi indirettamente correlati all’entrata in vigore dell’Euro : Lunghini focalizzava la sua attenzione su inflazione e disoccupazione giovanile. “Il costo della vita – affermava Lunghini – è certamente un problema, ma non è il problema principale”. “Sono tre […] la disoccupazione giovanile. Gli altri due si chiamano bassi salari e precarietà”. Per quanto riguardava la percentuale di giovani disoccupati, “i giovani senza lavoro sono il trenta per cento del totale. È uno dei tassi più alti tra i Paesi sviluppati […] E quando finalmente [il giovane] trova un lavoro, il suo salario d’ingresso è fermo ai livelli di otto o addirittura dieci anni fa». In Italia i salari sarebbero dunque rimasti ai livelli precedenti i rialzi dei prezzi conseguenti all’entrata in vigore della moneta unica.
Si ricorderà come i forti rincari dei prezzi all’indomani della scomparsa delle monete di quelli che allora erano undici paesi dell’area dell’Euro, abbiano pesato e non poco sui bilanci delle famiglie italiane.
Il cambio lira italiana-euro, fissato a 1936,27 unità della nostra valuta nazionale per ogni unità della moneta unica, sarebbe stato da subito percepito dai cittadini come un cambio di 2000 lire per ogni euro: ciò avrebbe implicato una sensazione di impoverimento rispetto al passato [10].
La tempesta nei mercati finanziari che ebbe inizio a metà 2007 mise a dura prova l’Eurosistema ; durante i periodi di più intenso caos del mercato, l’Eurosistema ha assunto provvisoriamente una importante funzione di intermediario nel mercato del denaro così da essere una fonte critica di liquidità per molte banche : questo tipo di intervento è motivato dall’importanza che il buon funzionamento del mercato della moneta ha in quanto la formazione del tasso di interesse nel mercato della moneta costituisce il primo passo nella trasmissione della politica monetaria ai mercati finanziari e all’economia reale.
La crisi globale iniziata quattro anni fa dovrebbe essere vista come una ragione per rinforzare le basi dell’Euro. E’ questa la tesi di Emmanuel Sales, della società Financière de la Cité, il quale ha scritto di recente che “le popolazioni dell’Eurozona hanno un passato condiviso che include tutte quelle caratteristiche che Wittgenstein definì una «form of life»” ; la loro storia condivisa – continua Sales – avrebbe lasciato in eredità a questi paesi “una visione multilaterale del mondo e una predilezione per il principio del balance of power che si riflette nell’integrazione europea in se stessa, plasmati dalla negoziazione e dal compromesso”. D’altronde e per quanto riguarda la questione monetaria europea vista dal lato dei cittadini, Sales ricorda come su di essi “pesino un basso livello di debito, hanno risorse finanziarie a disposizione che hanno loro permesso di sopravvivere a una buona parte della crisi macroeconomica”. “E’ per questo – afferma Sales – che il periodo di contrazione nell’Eurozona sarà più breve e meno doloroso che altrove”.
Oggi l’Euro, in stretta competizione con il dollaro americano, è una valuta autorevole su scala internazionale che ha acquistato valore costantemente sin dal 2002, se si esclude la fase di deprezzamento subita nel 2005.
Una più vasta popolazione rispetto a quella degli Stati Uniti, pur dovendo tenere in conto i fattori culturali ai quali accennavo più su, costituisce un fattore di forza rispetto al mercato e all’economia americani. In un tale contesto vi è da notare come un aspetto della moneta unica europea che ha sia implicazioni positive che implicazioni negative è il suo ruolo confinato a paesi che hanno legami politici o regionali con l’Eurozona: la conseguenza positiva di ciò potrebbe essere data dalla volontà delle autorità europee di favorire una sempre maggiore integrazione del mercato dell’Euro con quelli dei paesi suddetti. Ciò che invece può risultare negativo è una minore opportunità di investimenti per i soggetti dell’Eurozona.
Le dimensioni economiche e il grado di apertura dell’area dell’Euro influenzano da sempre l’effettiva posizione internazionale della moneta unica. Per questo a mio modo di vedere l’Italia non ha bisogno di demagogia e populismo, ma di fatti.