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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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“Nico” ed i silenzi del vescovo Francesco Milito “Non c'è assolutamente posto nel ministero per coloro che abusano dei minori”

“Nico” ed i silenzi del vescovo Francesco Milito “Non c'è assolutamente posto nel ministero per coloro che abusano dei minori”
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«Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare».

Perché iniziare con questo passo del Vangelo di Matteo? Innanzitutto non è casuale, è volutamente “irriverente” perché nasce dalle riflessioni di un “crimine”, quello che viene comunemente definito, abuso sui minori. E poi  perché, il protagonista di questo crimine è un sacerdote. Un pastore di Dio. Un uomo che nella sua missione, dovrebbe predicare quella morale cristiana che lo stesso Gesù, come loro maestro insegnava. Ed i crimini se non sono denunciati,  chi non lo fa, è un complice e non meno colpevole di chi lo commette.

Questa è la storia folle, ipocrita ed “ingiusta” di  “Nico”, ed era quando un professore di educazione fisica o un carabiniere a seconda dei casi, ma che nella realtà era un parroco di una piccola frazione di paese, don Antonello Tropea. E poi c’è un vescovo, Francesco Milito che regge (ancora e nonostante tutto) una diocesi, quella di Oppido-Palmi. Il primo ha commesso numerosi “crimini” contro diversi minori adescandoli sotto false generalità, facendo sesso anche a pagamento, quindi era una prostituzione minorile. E di un vescovo che sapeva e che l’ha coperto nell’indifferenza di una società (che non meno colpevole di entrambi perché a quanto si evince, sapevano tutti e nessuno parlava”, mentre “Nico” non doveva parlare, specie con i Carabinieri “di queste cose e, in generale, con nessun appartenente alle forze dell’ordine, poiché questi non si limitano a parlare amichevolmente come stanno facendo loro, ma potrebbero redigere un promemoria che potrebbe far degenerare le cose”. È scritto proprio così nelle pagine redatte dal Gup distrettuale Filippo Aragona. Un altro passaggio inquietante che scrive il Gup, «(…) per il Tropea non costituiva un particolare problema il fatto di avere rapporti sessuali con minorenni. Nonostante egli sapesse che…….. fosse un minorenne, il Tropea ha comunque consumato il rapporto sessuale con quest’ultimo”, ed il “il minore nell’incidente probatorio ha riferito testualmente che per l’imputato, “il fatto che io fossi minorenne non era un problema”».

Ripetere le stesse cose e poi avere continue conferme sul contesto omertoso che regnava in questa storia è deplorevole. La storia si conosce, il reato è stato condannato, almeno in primo grado, e per la Costituzione ancora vale la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Le cronache sono evidenti, ci sono intercettazioni e testimonianze che inchiodano i protagonisti di queste porcherie sociali.

Cerchiamo di riflettere, una volta per tutte, altrimenti e penso che siamo già in questa condizione, di essere una voce che grida nel deserto, dove nemmeno l’eco ritorna più. C’è una legge giudiziaria che sta facendo il suo corso, esiste per chi ha fede una legge divina che non è di nostra competenza, ma c’è una legge che riguarda l’anima, la coscienza e con essa i comportamenti e gli esempi di correttezza nella società in cui viviamo, ed è la legge morale. Quella morale che gli uomini di Dio si riempiono la bocca nelle loro prediche; quella morale che va applicata come esempio ed insegnamento che dovrebbero attuare i pastori di Dio. Immedesimiamoci nella parte di genitori, delle famiglie formate da fratelli e sorelle, e tra questi, i tanti che fedeli alla chiesa seguono le liturgie ecclesiastiche. E che magari, hanno nei vari luoghi cattolici i propri figli, minorenni per giunta, che seguono le lezioni di moralità di un vescovo che nella sua attività pastorale ha il dovere di divulgare la parola di Cristo. E leggono questi passaggi in cui un vescovo consiglia e “copre” una persona malata. Perché chi va a minorenni è una persona che non sta bene con la testa, ha bisogno di aiuto. Ma il vescovo, questo non lo capisce, lo lascia al suo posto, gli consiglia di non parlare con i carabinieri ed addirittura, come scrive il Gup “Non ha adottato provvedimenti cautelativi, né di minima verifica delle accuse rivolte all’indagato, assumendo atteggiamenti particolarmente prudenti e conservativi dello status quo, dando pieno credito alla versione negatoria dello stesso accusato”, oltre al rinvenimento di una lettera del 2010 in cui lo stesso Tropea rassegnava le dimissioni, ma senza alcun seguito. Capite che c’è qualcosa che non va e che i silenzi non fanno bene, anzi distruggono credibilità, serenità e soprattutto infettano gravemente una società che non riesce ad andare oltre l’omertà? Capite che c’è un vescovo che nonostante tutto, si chiude in un silenzio senza dare alcuna risposta, non dice nulla e rimane saldamente al suo posto senza che nessuno dal Vaticano o dai piani alti intervenga per adottare quella misura definita del “Motu proprio” per i vescovi negligenti voluta da Papa Francesco? Non sembra strano tutto ciò? Riflettiamo sulle parole dell’altro Papa, Benedetto XVI, quando rivolgendosi ai sacerdoti che hanno abusato di alcuni ragazzi in Irlanda, “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti”.

Vuoi rispondere e rompere questo silenzio, monsignor Francesco Milito?