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TAURIANOVA (RC), DOMENICA 28 APRILE 2024

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Migrante ucciso da carabiniere a San Ferdinando, tensioni Oggi pomeriggio, alle 17. Stamattina un corteo di protesta organizzato dagli extracomunitari. Sassi contro le forze dell'ordine

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Il Prefetto Claudio Sammartino ha convocato per oggi pomeriggio alle ore 17 un Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per parlare della situazione della tendopoli a San Ferdinando dopo la morte di Sakine Traore, il ventisettenne del Mali, ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere che tentava di difendersi perché aggredito.

All’incontro parteciperanno il presidente della giunta regionale, il procuratore della Repubblica di Reggio, titolare della Dda, il procuratore della Repubblica di Palmi, il questore e i comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, il Comandante della Polizia Provinciale, il neo – Sindaco di Rosarno, i commissari straordinari di San Ferdinando, il Responsabile di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro e i Rappresentanti della Croce Rossa Italiana, della Caritas diocesana di Oppido – Palmi, di Emergency e di Medu.

“Tale riunione – si legge in un comunicato stampa – fa seguito ad un’altra tenutasi nel pomeriggio di ieri, nel corso della quale è stato stabilito il rafforzamento e l’ intensificazione delle misure di vigilanza e controllo dell’accampamento di San Ferdinando e nella restante parte del territorio della Piana di Gioia Tauro. Nell’incontro di oggi si farà il punto della situazione per accertare lo stato delle iniziative già avviate da tempo, con il coordinamento di questa Prefettura, per migliorare la condizione degli immigrati sotto il profilo dell’accoglienza e dell’integrazione nell’ottica del superamento e dell’eliminazione dell’attendamento”.

“A tale riguardo – prosegue ancora la nota – è stato siglato un protocollo operativo tra la Prefettura, la Regione, la Polizia Provinciale, la Croce Rossa Italiana, i Comuni di San Ferdinando e Rosarno, la Caritas diocesana di Oppido Mamertina – Palmi, gli Organismi umanitari Emergency e Medu. Il protocollo è il risultato dell’azione di governance e di responsabilizzazione posta in essere nei confronti degli enti interessati da parte della Prefettura e comprende una strategia articolata in due momenti. Parallelamente alle iniziative di assistenza ed integrazione nel tessuto abitativo degli immigrati ospitati nella tendopoli, sono state condotte con il coordinamento della Prefettura, sin dal 2015, 21 operazioni di polizia e di contrasto al caporalato, al lavoro nero e illegale.

Alle 13 si è conclusa la protesta dei migranti, iniziata questa mattina alla tendopoli. I ragazzi che hanno manifestato con striscioni e cartelli davanti al Comune e sono tornati nella tendopoli dopo aver incontrato il vicequestore vicario di Reggio Calabria, Roberto Pellicone, e il dirigente della Digos, Cosimo Candita. Pellicone e Candita si sono impegnati a provvedere al rimpatrio in Mali del corpo di Sekine Traore e a garantire maggiore sicurezza all’interno della tendopoli.

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SAN FERDINANDO (RC) – Come era prevedibile, la morte di un immigrato, ucciso con un colpo di arma da fuoco esploso da un carabiniere, aggredito e ferito dopo essere intervenuto nella tendopoli di San Ferdinando per sedare una rissa, ha scatenato oggi la reazione dei migranti ospitati nella struttura della Piana di Gioia Tauro.

I migranti, arrabbiati perché alla ricerca di una verità scritta da altri, hanno organizzato un corteo che ha raggiunto la piazza antistante il comune di San Ferdinando. La tensione è salita alle stelle e le forze dell’ordine, in molti casi con abiti civili, sono restati nascosti nelle strade secondarie per scongiurare reazioni.

Gli immigrati, un centinaio, hanno esposto striscioni tra i quali “carabinieri assassini”, “Italia mafia”, “Italia razzisti”, mentre in tanti hanno urlato cori contro gli italiani. Molti di loro protestavano con un concetto ben chiaro: “Non siamo qui per fare la guerra o per fare casini, – hanno sostenuto -siamo qui per lavorare e per mangiare. I carabinieri devono venire per mettere pace e non per uccidere. Quello che è accaduto ieri – ha aggiunto – non è giusto. E vogliamo che tutta l’Italia e tutta l’Europa lo sappiano”. I braccianti chiedono giustizia “e non omertà”. Nonostante siano stranieri hanno imparato in fretta alzando la testa per gridare la loro verità. Sostengono che c’è una cappa di reticenza che sta coprendo la morte di Traore. “Una testa matta, un arrabbiato, ma che non doveva morire in questo modo”.

Una delegazione di migranti ha incontrato, nella sede del municipio, il commissario prefettizio Francesco Pepe che regge il Comune in quanto sciolto per mafia. Della delegazione ha fatto parte anche il fratello di Sekine Traore, l’immigrato ucciso dal carabiniere.
Per manifestare i ragazzi africani hanno rinunciato ad una giornata di lavoro o, per meglio dire, di sfruttamento nei campi per chiedere giustizia, verità, rispetto. I manifestanti vogliono raccontare una verità diversa da quella ufficiale, fornita dalla Procura di Palmi, sulla base di un’informativa dei carabinieri. Secondo la versione ufficiale, infatti, il militare sarebbe stato aggredito da Traore con un coltello e, spaventato, avrebbe sparato per difendersi. I cento e più migranti riuniti di fronte al municipio di San Ferdinando hanno voluto raccontare un’altra verità.

Controllato dalla polizia e da carabinieri in borghese, il presidio ha proseguito pacifico. C’è stata tensione in piazza, rabbia, ma nessuna violenza. Almeno, questa volta, il buon senso ha prevalso.

La manifestazione di protesta si è poi conclusa intorno alle 13.00. I ragazzi della tendopoli, che hanno formato il corteo con striscioni e cartelli davanti al comune, sono tornati nel campo dopo aver incontrato il vicequestore vicario di Reggio Calabria, Roberto Pellicone, e il dirigente della Digos, Cosimo Candita. Pellicone e Candita si sono impegnati a provvedere al rimpatrio in Mali del corpo di Sekine Traore e a garantire maggiore sicurezza all’interno della tendopoli.

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ALDO PECORA (AMMAZZATECI TUTTI): “MI DISPIACE PER IL GIOVANE UCCISO, MA NO AD AGGRESSIONE ALLE FORZE DELL’ORDINE”

Roma – “Su Rosarno mi dispiace per il giovane ucciso, ma licenza di accoltellare le FFOO anche no. Io sto coi carabinieri”. Lo ha
scritto su Twitter il giornalista Aldo Pecora, leader del movimento antimafia ‘Ammazzateci tutti’, che nel tweet ha anche voluto anche lanciare l’hashtag di solidarietà #iostocoicarabinieri. “Ho voluto esprimere – continua Pecora in una nota – il mio dolore per la
tragedia di Rosarno, dove un giovane immigrato ha perso la vita, ma contestualmente ho sentito il bisogno di ribadire la mia personale
vicinanza al carabiniere aggredito dall’immigrato, e costretto a sparare per difendere la propria vita. Questa infatti è una doppia tragedia: per l’immigrato e per il carabiniere”.

“Quando lavoravo in Rai – continua il giornalista calabrese – ho voluto realizzare uno ‘speciale’ sulla vergognosa tendopoli di Rosarno e vi assicuro che chi ha visto con i propri occhi le condizioni di ‘non-vita’ in cui sopravvivono questi poveri esseri umani, tra frango, rifiuti, topi e scarafaggi, non potrà mai dimenticarlo per tutta la vita. E’ evidente che, vivendo in condizioni di degrado bestiale, una persona può impazzire e commettere gesti che di umano non hanno nulla, come tentare di uccidere un carabiniere che stava cercando solamente di riportare la calma dopo una rissa tra immigrati”.

“Adesso però è francamente insopportabile che qualche ‘odiatore delle divise’ di professione cerchi di fare opera di sciacallaggio su questa tragedia, infiammando gli animi degli immigrati che stamattina pare abbiano improvvisato a San Ferdinando un corteo con cori di insulti e minacce contro i Carabinieri. Tutti gli italiani – conclude Aldo Pecora – chiediamo con forza al Governo affinché si trovi immediatamente una soluzione al problema umano di questi immigrati, perché tutti vogliamo, ed i Carabinieri per primi, il loro bene. Ma prima di tutto vogliamo il bene delle nostre Forze dell’ordine, che non possono restare con il cerino acceso in mano e scottarsi le dita dopo che questo cerino è partito da Roma, dal Governo, ed poi passato per la Regione e la Prefettura, senza che nessuno affrontasse con decisione e serietà questo gravissimo problema”.