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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Maggiore tutela per bambini e adolescenti

Editoriale di Caterina Sorbara

Maggiore tutela per bambini e adolescenti

Editoriale di Caterina Sorbara

 

 

Il secolo scorso, grazie agli studi psicologici e psicoanalitici è stato considerato come quello in cui si è acquisita una piena consapevolezza dei bisogni infantili e dei processi che caratterizzano l’evoluzione dell’essere umano, dalla nascita fino alla vecchiaia.
Tutto faceva sembrare che il bambino e l’adolescente erano ormai tutelati dalla famiglia e dalla società.
Purtroppo, oggi, dati alla mano, possiamo affermare che non è così.
Da recenti ricerche su bambini e adolescenti, è emerso che un bambino su quattro è a rischio povertà e, nel 2009 i bambini scomparsi erano oltre 1000, spesso vittime di sfruttamento sessuale.
Non si contano poi le fughe volontarie, dove si nascondono sofferenza, disagio e risentimento. E sono 115 milioni, i bambini che svolgono lavori pericolosi e sottopagati.
Bambini, spesso ,”parcheggiati” davanti alla “baby sitter tv” e ai videogiochi, bambini che hanno tutto e che in realtà non hanno niente, perché i genitori sono impegnati nella corsa verso la promozione, verso l’affermazione personale, bambini spesso vittime di unioni in crisi che, diventano merce di scambio per i genitori.
Andando avanti nel leggere i dati, scopriamo che spesso, il primo contatto con l’alcool avviene a 12 anni così come pure il consumo delle droghe leggere. Anche il sesso viene scoperto precocemente.
I nostri giovani aspettano il sabato sera per “sballarsi”, per perdersi, perdendo spesso anche la vita.
Il 71 per cento degli adolescenti, trascorre ore su Facebook.
Non si contano più, ormai, gli episodi di bullismo anche virtuale.
Vincenzo Cardarelli in una sua poesia diceva: “Illusa gioventù”.
Oggi potremmo dire: “Perduta gioventù”, dalle coscienze espropriate, plagiate, massificate, drogate. Almeno i giovani del 68 avevano qualcosa in cui credere, qualcosa da realizzare, qualcosa in cui sperare, qualcosa da combattere e aborrire. Avevano la speranza che tutto potesse cambiare, bastava solo volerlo e il mondo migliore era dietro l’angolo. E se Jonh Donne diceva che “Nessun uomo è un’isola”, oggi possiamo affermare che ogni ragazzo è un’isola di tristezza, di solitudine e noia e, all’orizzonte troppo spesso c’è la depressione, l’autodistruzione e la morte voluta.
E’ di due giorni fa, la notizia di un ragazzo suicida a Reggio Calabria.
Bisogna correre ai ripari con una presa di coscienza forte, che veda l’impegno sinergico di tutti: famiglia, chiesa, scuola e classe politica. Sono d’accordo con quello che tempo fa, disse, il Cardinale Bagnasco a proposito dell’educare, che significa propriamente, far sbocciare alla vita, prenderla sul serio.
Ci vogliono adulti motivati ed entusiasti, capaci di accompagnare altri nell’avventura di un dialogo continuo (che è ascolto prima di essere parola) con la realtà circostante.
Perché la cultura del nulla ha irretito molti, portandoli a credere che “la vita è una passerella” sulla quale esibirsi a ogni costo.
I genitori devono riappropriarsi del ruolo di genitori e non delegare tutto ai media.
Il grande Danilo Dolci, ha sempre ribadito, nei suoi scritti, l’importanza del comunicare, del dialogo e la negatività del “trasmettere”. Ci vuole poi una scuola, che non sia la scuola dei “progetti” con classi pollaio dove l’alunno è solo un numero, un cognome, un “vaso” da riempire in fretta e “buttare” nella società.
Una scuola portatrice di valori, che guardi all’essere, che sia modello di vita, punto luminoso a cui guardare per essere educati.
Una scuola che educhi alla coscienza critica, una scuola del comunicare.
Quello che manca oggi, è anche il silenzio. Nel silenzio l’uomo ascolta se stesso, ascolta il proprio cuore, nutre la propria anima. Ascolta la natura, le meraviglie del creato.
Nel silenzio, le pagine di un libro, diventano amici veri, che non ti tradiscono.
Bisogna educare i giovani al silenzio, alla meditazione, alla contemplazione, per salvarli e salvarci e, per non dover dire, come un titolo di un vecchio film: “Non ci resta che piangere”.