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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 24 APRILE 2024

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Londra ci invia messaggi d’amore e non sappiamo coglierli Abbiamo perso anche il sex appeal?

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Boris Johnson strizza l’occhio all’Italia spiegando il rischio che corre rimanendo nella UE. L’Italia è ad un passo dal baratro ma i suoi governanti invece di comportarsi come bravi padri di famiglia nascondo quello che aspetta gli italiani. L’Italia è un paese bloccato dal suo debito e da una crisi del settore bancario, irrisolvibile nel breve tempo. Il prodotto interno lordo si è ridotto del 9% e la produzione industriale del 25%.

L’Italia leader nel manifatturiero che ha contribuito allo sviluppo in tempi passati, ormai è solo un ricordo, ad una le aziende sono state svuotate e chi caparbiamente ha voluto continuare è stato costretto a delocalizzare. La percentuale del debito rispetto al Pil sale: 121 per cento nel 2011, 123 nel 2012, 129 nel 2013, 132,7 nel 2015 ed è un macigno che peserà per i prossimi 50 anni. Oggi Renzi può contare su babbo natale, Draghi, ma se la Corte Suprema tedesca dovesse accettare il ricorso della Bundesbank per l’Italia non ci sarà futuro, anche la posizione dello stesso Draghi non sarebbe più così sicura.

L’Italia ha una crescita che l’FMI prevede intorno all’1%, non sufficiente a spronare l’economia.

Non solo, la FED presto alzerà  i tassi di interesse e la speculazione selvaggia costringerà la Cina a frenare il boom del credito. L’Italia a questo punto precipiterà, in una nuova crisi, e questo accadrà nei primi mesi del 2017. Tra i paesi principali europei è quello più vulnerabile, ha tutti gli indicatori macroeconomici peggiori anche rispetto alla Spagna, che ha ripreso a macinare numeri anche grazie ai buoni rapporti di scambio con i paesi del nord africa.

L’inflazione è a livelli bassi e il governo non ha attuato misure politiche per combattere la recessione. Il paese ha urgente bisogno di riforme su vasta scala, che per natura porteranno contrazione a breve termine, bisogna bilanciare con investimenti per attutire l’urto, ma il governo Renzi sembra infischiarsene, è urgente varare un New Deal al più presto. Il tanto fagocitato Fiscal Compact, come medicina curativa, al contrario, obbliga a conseguire un surplus di bilancio abbastanza grande da tagliare il rapporto debito/Pil del 3,6 per cento all’anno per vent’anni.

I governanti italiani dovevano pensare solo ad abbattere la pressione fiscale e il surplus usarlo per abbassare il debito pubblico, macigno che grava sulla crescita del paese. Ma per fare questo ci vuole un premier, una coalizione credibile che spieghi al popolo italiano le vere condizioni del paese, e il pericolo a cui va incontro. Una sorta di messaggio trasmesso 2 anni fa da Vucic in TV al popolo serbo, nel suo messaggio accorato, annunciava tagli nel pubblico impiego sopra un certo tetto senza toccare gli stipendi medi. Vucic andò avanti e promise che quelle riforme avrebbero insieme ad altre, razionamento dei trasporti, sanita, università, portato enormi benefici. Il premier Vucic, prese in mano un paese con il livello di corruzione stratosferico, riuscì in 2 anni a tagliare del 30% questo cancro semplicemente ruotando all’interno dei ministeri i dirigenti, altri spostandoli di sede e centralizzando gli acquisti.

Tali norme nel nostro paese non sono fattibili, i sindacati pur di non perdere potere bloccherebbero il paese, a differenza Vucic capì questo pericolo e concordò lemanovre del suo esecutivo con i sindacati, che capirono impedirono qualsiasi forma di protesta,  nonostante i tagli, non fu indetta neppure un’ora di sciopero. Allo scadere dei 2 anni, Vucic ha presentato un biglietto da visita di una Serbia in crescita, nuovi posti di lavoro e un piano industriale innovativo nei distretti, non solo, ma allo scadere dei 2 anni che ha concordato con i sindacati, ha restituito quanto preso in prestito ed ha aumentato gli stipendi minimi di lavoratori e pensionati.

Pensate che il nostro Renzi abbia simili capacità e credibilità? L”Italia ha i politici che merita ma è giusto ricordare cosa era e cosa è oggi, negli anni 90 durante il craxismo l’Italia vantava un ampio avanzo negli scambi commerciali con la Germania, prima che fossero fissati i tassi di cambio e quando si poteva ancora svalutare. In 15 anni l’Italia ha perso rispetto alla Germania il 30% di competitività sul costo di lavoro per unità di prodotto. Negli ultimi 5 anni, la produttività è calata del 5,9%. I governi che si sono succeduti dall’era Craxi sono tutti criticabili, nessuno ha avuto il coraggio di mettere mano alle riforme e questo oggi ingessa il paese. Quello che abbiamo difronte,  è un paese che si muove con le stampelle, e a questo c’è da aggiungere la crisi bancaria dietro l’angolo. L’Italia è tra i paesi messi peggio anche per i derivati che gli istituti di credito hanno in pancia. La vigilanza che esercita la Bce sta rendendo le cose più difficili, il fondo Atlante potrebbe attirare sempre più banche nelle sabbie mobili, aumentando il rischio sistemico. L’Italia a causa delle regole varate dalla UE è quella messa peggio, è un paese commissariato anche se l’esecutivo lo nega, altrimenti non si spiega il perchéRenzi, non prende iniziative in piena sovranità per stabilizzare il proprio sistema bancario. Sono convinto che il governo Renzi affronterà molte burrasche nei prossimi mesi, se non sarà un bravo comandante affonderà con tutta la nave, ben prima del Referendum di ottobre, data che Renzi si è dato come scadenza per la fine del suo governo in caso di vittoria del NO. Renzi è ad un bivio, ha una sola scelta, tirare fuori i suoi attributi in presenza della Merkel e le autorità europee, oppure restare a guardare in attesa che il sistema bancario imploda e il paese non possa più far fronte ai suoi debiti. L’Italia non è la Grecia, non può accettare supinamente la sottomissione, purtroppo non ha un leader carismatico come Craxi o Andreotti. Anche i grandi economisti italiani e capitani l’industria stanno ripensando all’uscita dell’euro come unica svolta a tutti i problemi del paese. Solo così si eviterebbe unacatastrofica deindustrializzazione, che è già in atto, grandi gruppi industriali, gioielli del nostro paese sono finiti sotto il controllo tedesco, francese, giapponese e cinese. Abbiamo tutto il tempo per riorganizzarci con accordi bilaterali one to one (Italia – Svizzera), (Italia – GB) e (Italia – Serbia) e rilanciare così una nuova UE aperta ad est.

Maurizio Compagnone 

Opinionista del “La Gazzetta italo brasiliana”