Prefazione “È accaduto così in tutte le epoche del mondo che alcuni hanno lavorato e altri hanno, senza lavoro, goduto di una gran parte dei frutti. Questo è sbagliato, e non deve continuare” (Abraham Lincoln)
«Quando un uomo ti dice che è diventato ricco grazie al duro lavoro, chiedigli: Di chi?», partendo da questa frase dell’intellettuale Don Marquis, azzardo nell’aprire uno scenario “pericoloso” per un tema sociale di grande impatto umano ed economico, inerente alla “sopravvivenza”. lo sfruttamento del datore di lavoro, ancora nel terzo millennio, “padrone”, nei riguardi del lavoratore dipendente che per necessità e bisogno appunto, di sopravvivenza, è costretto a ogni tipo di becera vessazione persino alla “riduzione” per prelevamento della busta paga, ovvero si firma per una busta paga “normale” o di una certa cifra salariale, ma si percepisce fattivamente una cifra ridotta da quella descritta in busta paga. Tipico, così verificato da numerose indagini giudiziarie e della Guardia di Finanza come dell’ispettorato del lavoro, nelle regioni del Mezzogiorno. Da considerare pure che l’Italia è uno dei paesi con le alte percentuali di sfruttamento del lavoro in Europa, e in certi casi quando si tratta di immigrati non sarebbe un azzardo introdurre il concetto di “schiavitù”, lo dicono molte inchieste giornalistiche e anche apparati dello stato. Basti pensare, ad esempio, che In Italia secondo i numeri sconvolgenti presentati da Save the Children e Ilo (l’organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite), ci sono 340mila bambini e adolescenti costretti a lavorare. “Minori di sedici anni che hanno dovuto abbandonare gli studi, in quasi 30mila casi sono impiegati in attività pericolose per la loro salute e sicurezza”.
Non è mia intenzione criminalizzare sommariamente o per pregiudizio tutti gli imprenditori, anzi è un incentivo a fargli capire che l’essere umano merita rispetto e tutele così come ampiamente “imposto” nel rispetto delle regole nella Costituzione italiana. È il rispetto delle regole che determina l’uguaglianza tra uomini e non la discriminazione, la vessazione e quindi, lo sfruttamento nel sacrosanto diritto del lavoro. Perché purtroppo, come spesso accade, i piccoli scrivono la storia, ovvero i lavoratori che costruiscono e fanno crescere una realtà lavorativa, però sono sempre i padroni a raccontarla.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 25979/2018), che dice, “Il datore di lavoro che costringe i dipendenti ad accettare pagamenti inferiori in busta paga, è punibile per estorsione e autoriciclaggio”, affermando che, “è previsto il reato di autoriciclaggio per l’imprenditore che costringe i dipendenti ad accettare buste paga più basse di quelle concordate e a lavorare per un orario superiore a quanto contrattualmente previsto”. In merito a tali questioni cavillose, anche Papa Francesco in una sua uscita pubblica affermò, “Dobbiamo recuperare tutti il senso del dono, della gratuità, della solidarietà. Un capitalismo selvaggio ha insegnato la logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento senza guardare alle persone”. Un passo avanti è stato fatto perché 1° luglio 2018 è in vigore il divieto pagamento stipendi in contanti e i datori di lavoro e committenti privati non potranno più pagare in contanti gli stipendi dei loro dipendenti. Speriamo che altri, di repressione e di controlli, verranno fatti.
In questi giorni c’è stata una sentenza che riguarda da vicino questa regione perché il giudice monocratico di Reggio Calabria, ha condannato a quattro anni di reclusione l’ex presidente della Reggina Lillo Foti e sua moglie perché riconosciuti «colpevoli dell’estorsione perpetrata nei confronti di quattro dipendenti dell’azienda “LG3”, tutte con mansione di addette alle vendite, perché, come contesta il capo di imputazione “approfittando della situazione del mercato di lavoro esistente a Reggio Calabria (territorio in cui vi è una netta e notoria prevalenza dell’offerta sulla domanda), con reiterati comportamenti prevaricatori posti in essere in costante spregio delle lavoratrici instauravano all’interno dei locali della LG3 s.r.l. un clima tale da costringere le dipendenti [OMISSIS], sotto l’implicita minaccia del licenziamento, ad accettare condizioni di lavoro e retributive non conformi a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali di categoria» (Fonte Il Dispaccio).
Purtroppo la situazione dello sfruttamento in Italia, ha dei connotati drammatici, e che molte volte per paura di perdere il posto di lavoro si sceglie il silenzio in cambio della sopraffazione, della “schiavitù”. Si fanno orari di lavoro massacranti e chi glieli impone è un “negriero” senza pietà, non è un imprenditore perché i veri imprenditori amano i loro dipendenti, a volte li incentivano perché è grazie a loro che il motore si avvia. Ma ciò non è praticabile in quelle menti che utilizzano il ricatto come sviluppo aziendale, quelli che lo fanno non sono imprenditori, ma “delinquenti”!