L’inascoltata rabbia delle donne di Terzigno
redazione | Il 19, Ott 2010
Le riflessioni di Bruno Morgante
L’inascoltata rabbia delle donne di Terzigno
Le riflessioni di Bruno Morgante
Questa mattina in televisione cera un programma che – in collegamento con Terzigno in Campania – faceva vedere le donne che tentavano di fermare i camions con i rifiuti da sversare nella discarica vicino al paese, realizzata a fianco di quella esaurita.
E ormai più di un mese che continua la protesta di queste donne, nellindifferenza generale per le problematiche che pongono a base della loro protesta.
Al massimo si nota un interesse strumentale per la possibilità di usare la protesta per una polemica politica.
Subito mi è apparso chiaro come questa situazione può essere assunta come momento di specificazione della situazione del Mezzogiorno e del fallimento delle politiche cosiddette meridionalistiche, spesso usate dal potere economico e politico centrale per turlupinare le genti meridionali e non per risolvere i loro problemi.
Tornando a Terrigno si vede la gente che grida e che chiede solidarietà al popolo italiano sul diritto alla salute loro e dei loro figli, dato che è impossibile vivere con laria ammorbata dalla puzza proveniente dalla discarica posta sotto casa.
Quante volte abbiamo visto giovani e donne meridionali gridare il loro diritto al lavoro, alla salute, alla libertà, allintrapresa in un libero mercato senza dovere essere eroi .
Questi giovani e donne erano snobbati se non si inquadravano in uno schieramento e al massimo erano soggetti a uno stupido commento da parte di qualche stupido militante del partito nazionalsocialista in salsa padana cheli invitava ad andare a lavorare e a combattere la mafia, perché loro non volevano più dare soldi ai mafiosi scansafatiche meridionali abituati a vivere di assistenza.
La televisione rimandava le immagini di queste donne con il rosario in mano, che da un mese tentano di bloccare con i loro corpi i camions carichi di spazzatura, fronteggiate da centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, che gridavano esasperate la loro rabbia e imploravano aiuto per la salute dei loro figli.
Spiegavano, queste donne, di avere accettato due anni fa la discarica vicino casa, necessaria per affrontare lemergenza rifiuti, perché doveva seguire la bonifica del territorio dove la camorra aveva realizzato molte discariche abusive per interrare rifiuti tossici – per la maggior parte provenienti da industrie del Nord – e perché doveva partire un progetto riguardante il ciclo dei rifiuti, progetto in cui non ci sarebbero state più discariche.
Si doveva avviare la raccolta differenziata e a Pizzigni la stanno eseguendo.
Non è stato fatto niente e oggi è necessario raddoppiare la discarica ormai esaurita per sversare i rifiuti di Napoli.
Quante cattedrali sono nate nel Mezzogiorno, che dovevano garantire lavoro e sviluppo del territorio, mai entrate in funzione, tutte costruite da grandi aziende del Nord a costi dieci, venti volte superiore a quello iniziale di appalto, con la connivenza della mafia locale che gestiva i subappalti e con lappoggio di corrotti politici locali.
Ritornando alla trasmissione, le donne non avevano voce, in quanto nessuno dei presenti rispondeva nel merito al loro dramma, ma i commentatori – con il culo sul velluto e respirando aria profumata – rinfacciavano loro di non avere protestato quando la camorra aveva fatto del loro territorio una discarica abusiva di rifiuti tossici, mentre ora gridavano contro lo stato per rifiuti urbani molto meno pericolosi e sversati in una discarica controllata.
Cornuti e vastuniati come si dice al Sud.
Prima, se anche venivi a sapere qualche cosa sulle discariche abusive , fatto alquanto difficile, avvenendo il traffico di notte e in zone non abitate, dovevi tacere per non rischiare la tua vita e quella della tua famiglia, mentre nessuna istituzione o apparato dello stato fermava questi camions che percorrevano migliaia di km per trasportare rifiuti tossici.
Le grandi industrie si liberavano di rifiuti pericolosi a prezzi stracciati, mentre la camorra si ingrassava e diventava sempre più potente e presente nel controllo del territorio.
Oggi si dice loro che non hanno diritto di protestare nei confronti delle imposizioni dello stato perché prima non hanno adempiuto al loro dovere civico.
Quante volte abbiamo avvertito la debolezza della protesta dei giovani e delle donne meridionali, che reclamavano il diritto al lavoro perché su di loro pesava un giudizio morale anche se non espresso di essere in qualche modo corresponsabili della presenza della mafia, del clientelismo, della corruzione della classe dirigente locale, che spende e spande soldi non suoi ma che vengono dalla fatica e dal sudore dei laboriosi settentrionali.
Qualcuno si è avventurato a dire che Calabria, Campania sono la zavorra dellItalia.
Tutto ciò è triste e di difficile soluzione e si rischia un corto circuito pericoloso per la tenuta della democrazia e per lunità dItalia.
Limpressione è che il resto dItalia nel silenzio e nella complicità dei dirigenti meridionalii abbia abbandonato il Sud riconducendolo a una questione di mero ordine pubblico.
Ciò comporta per la gente del Sud una doppia condanna:
– quella di vivere in una realtà a libertà limitata per la presenza della mafia e di una classe dirigente inefficiente e prepotente che impone a tutta la società il monopolio della politica;
– quella di sentire sulla pelle un giudizio pesante di condanna morale per non essere eroi. Giudizio che viene da cittadini di zone in cui sono insediate imprese che procurano loro ricchezza e lavoro che hanno drenato risorse nella gestione dellintervento straordinario e delle grandi opere, che hanno usato il sud per smaltire rifiuti tossici, che hanno turlupinato i meridionali con false politiche meridionalistiche, con la complicità di una classe dirigente di ascari e di corrotti.
Bisogna rompere questa spirale negativa, da una parte recuperando il senso alto della politica a livello nazionale, essendo chiaro che un male in un territorio dellItalia è un male di tutta la nazione, dallaltra assumendoci, come meridionali, il compito difficile ma necessario di lavorare per un cambio radicale della classe dirigente, intesa nella sua accezione più ampia, facendo leva sui valori della responsabilità, della legalità, intesa quale fattore dinamico di sviluppo garantendo libertà individuale e del mercato, del merito e dellimpegno sociale.