L’emergenza Covid apre il confronto sulle voragini della sanità calabrese La scelta del Governo centrale di dichiarare la Calabria zona rossa lascia attoniti per il verificarsi di un numero di contagi che si presenta, in percentuale d’incidenza, più basso rispetto ad altre regioni
Di Filomena Scarpati
Dopo attese estenuanti di garanzie sanitarie a sostegno della salute dei cittadini calabresi durante l’impennata dei contagi covid iniziata a Ottobre scorso, la risposta convincente arriva a oltre un mese dalla seconda fase di emergenza che porta meno morti rispetto alla prima e un numero di contagi maggiore in tutta Italia, ma non certo in Calabria. La scelta del Governo centrale di dichiarare la Calabria zona rossa lascia attoniti per il verificarsi di un numero di contagi che si presenta, in percentuale d’incidenza, più basso rispetto ad altre regioni, ma il premier Giuseppe Conte parla di applicazione di algoritmo che renderebbe equa tale applicazione di misure emergenziali in tutte le regioni d’Italia. Misura non accettata dai calabresi tanto meno da Nino Spirlì che copre il posto di presidente facente funzioni della regione Calabria dalla prematura scomparsa di Iole Santelli. Nella serata del 13 Novembre, dopo contatti telefonici con Angelo Borrelli, capo della protezione civile, in una diretta facebook, Spirlì informa i cittadini di avere ottenuto i primi 120 posti di terapia intensiva per la Calabria seppur nella forma di ospedali tenda da campo con l’ausilio dell’esercito e a provvedere sarà la protezione civile in tutta solerzia. I posti assegnati alla provincia di Reggio Calabria saranno collocati a Locri, mentre gli altri saranno a Crotone, Vibo Valentia e Cosenza. Il personale – afferma Spirlì – sarà arruolato subito visto l’ordinanza n. 85 che porta all’assunzione di 244 posti utili al settore emergenziale, di cui alcune unità andranno a potenziare reparti ospedalieri. Dalle varie interviste, ma in modo particolare da quella resa a Rai 2, la posizione di Spirlì risulta molto critica rispetto ad un sistema che non ha funzionato nell’assicurare la tutela sanitaria ai cittadini in un momento di particolari necessità. <