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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 25 APRILE 2024

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La sala consiliare di Pizzo Calabro è stata intitolata a Benedetto Musolino

La sala consiliare di Pizzo Calabro  è stata intitolata a Benedetto Musolino

Decisione assunta per ferma volontà del commissario straordinario, Bruno Strati

di Rosaria Marrella

La sala consiliare di Pizzo Calabro  è stata intitolata a Benedetto Musolino

Decisione assunta per ferma volontà del commissario straordinario, Bruno Strati

 

 

PIZZO – La sala consiliare è stata intitolata a Benedetto Musolino, per ferma volontà del commissario straordinario, Bruno Strati. Quest’ultimo ha voluto spiegare il perchè di questa scelta e, integralmente riportiamo il suo intervento:

<<Benedetto Musolino è stato un grande eroe calabrese, un uomo che ha saputo distinguersi per il suo coraggio e per le sue idee in un periodo molto “caldo” della storia del nostro Paese, in un’epoca caratterizzata da un’intensissima energia, da una eroica vitalità, che ha visto uomini e donne lottare per l’affermazione di valori, quali la libertà e l’indipendenza che oggi diamo fin troppo per scontati. Quello che di lui colpisce, è la sua interpretazione in termini moderni delle vicende dei suoi tempi, la straordinaria attualità del suo pensiero. Nel convegno a lui dedicato a Pizzo il 12 dicembre scorso lo abbiamo definito Eroe della libertà: per Musolino la prima molla all’azione di un popolo doveva essere l’aspirazione alla libertà, alla giustizia, e solo in prospettiva vi era l’aspirazione all’unità e all’indipendenza. Al contrario, Mazzini, di certo non amico di Musolino seppur della stessa parte politica, riteneva che l’indipendenza dovesse precedere la libertà. Secondo l’eroe calabrese, per il quale la prima problematica doveva essere quella etico-sociale, una forma costituzionale elitaria, virtuosa, avrebbe portato alla vera libertà. Ovviamente Musolino non rinnegava il suffragio universale proclamato da Mazzini. Anzi lo considerava vera “espressione della sovranità del popolo” e “una delle basi sostanziali della eguaglianza civile e politica”, ma riteneva che il suffragio universale applicato ad un popolo non istruito e non indipendente dalla vita materiale, come era quello italiano di allora, avrebbe portato soltanto alla prevaricazione dei vecchi partiti affaristi e privi di scrupoli, i quali si sarebbero inesorabilmente approfittati della classi meno abbienti, sfruttandole per i loro fini. La nazione libera a cui aspira Musolino è quella che racchiude i tre bisogni dell’uomo: proprietà, giustizia distributiva e verità. Un’organizzazione sociale fondata su questi tre elementi è, secondo lui, eterna. Ma il punto cruciale della dottrina politica di Musolino è la questione sociale. La libertà, l’indipendenza non sono per lui il punto di arrivo della lotta rivoluzionaria ma una fase per giungere a quella felicità popolare che egli identifica con la formula dell’”equilibrio politico” e dell’”equilibrio economico”. Non etichetterei Musolino né in un comunista, come taluni affermano, prendendo spunto dalla frase del paragrafo XI del Catechismo della setta da lui fondata, che impegnava gli aderenti al giuramento di rinunciare a tutte le proprietà e di tenerle in comune con i fratelli convertiti, né tantomeno in un socialista. Lo stesso Musolino prende le distanze da queste espressioni, sebbene tra comunismo e socialismo preferisce il primo, il cui fine potrebbe anche essere l’optimum ma non è facilmente realizzabile se non su scala mondiale, quindi praticamente impossibile. Musolino mira alla realizzazione di una riforma sociale che non deve prevedere però l’abolizione della proprietà. Egli crede nell’importanza del lavoro perché lo ritiene l’unica arma per dare libertà alle popolazioni più povere, per consentire ad esse di diventare proprietari. Afferma che bisogna consentire a ciascuno di potersi arricchire con mezzi legittimi. Negli anni della sua vita parlamentare Musolino tornerà ancora molto su queste tematiche. Egli è convinto che la razionale organizzazione generale del lavoro, l’istruzione, l’educazione del popolo, la riforma fiscale siano i veri pilastri per dare soluzione alla questione sociale. Nel 1861 propone a Cavour un progetto di legge per lo sfruttamento delle terre incolte, grazie al quale ritiene di poter estinguere la povertà e sollevare le sorti del Mezzogiorno; da deputato, interviene alla Camera perché si proceda subito ad un sistema fiscale più equo mediante un’imposta unica, proporzionale e progressiva sul reddito; polemizza contro l’Internazionale, le cui idee ritiene molto buone in teoria ma irrealizzabili nella pratica. Nel suo ultimo scritto su La Situazione nel 1879, nel fare una sorta di bilancio del suo pensiero politico a partire dagli anni della setta, rivendicando il valore e l’importanza di essa e, dopo aver contestato il De Sanctis, che lo aveva definito un “capo ameno” – un vero e proprio oltraggio ! – Musolino descrive negativamente la situazione italiana postunitaria dominata da politici, sia della destra che della sinistra, incapaci di dare le vere risposte alle problematiche della gente. Ormai deputato maturo con una esperienza ventennale, egli esprime giudizi molto severi nei confronti della politica e dell’amministrazione italiana, sia centrale che periferica. Il quadro che Musolino fa della politica italiana anticipa di poco quel trasformismo parlamentare che si viene a delineare con la gestione Depretis. L’assenza di maggioranze compatte in entrambi gli schieramenti parlamentari non poteva che essere preludio di instabilità e di crisi e neppure nuove elezioni a suffragio universale avrebbero potuto mutare questa situazione. Deluso, con uno sguardo sempre interessato ai fatti provenienti dall’estero, Musolino ritiene che il Paese sia ammalato e che abbia bisogno di un medico, di un educatore, di qualcuno che dia la vera libertà al popolo italiano, da individuare in un uomo solo o in una élite, voluta dal Re. Ritorna in Musolino il mito della élite virtuosa. Dunque il periodo rivoluzionario non si è ancora concluso con l’Unità d’Italia. L’unificazione non aveva ancora reso davvero libero il popolo italiano. La via di uscita che Musolino indica è la razionale organizzazione del lavoro e del credito – lo ripete molte volte nei suoi discorsi e nei suoi scritti – come rimedio allo stato di brigantaggio e di povertà in cui il nuovo Stato si trova a vivere. Correttamente gli studiosi hanno ben ritenuto di vedere in Benedetto Musolino uno degli spiriti più originali del Risorgimento italiano. Egli, infatti, comprese lo sviluppo del capitalismo, ne intuì i mali, ne riconobbe le virtù, ebbe ben chiaro come la libertà di un popolo la si misura in concreto, attraverso la risoluzione dei suoi problemi più pratici e il riconoscimento dei suoi diritti naturali. Egli ben comprese come non può esistere una vera libertà se non accompagnata da tutta un serie di misure concrete che creano le condizioni necessarie per poter vivere liberamente. Colpisce nella vita di Musolino come lui, pur partendo da un piccolo centro del Meridione d’Italia, non ebbe mai la mentalità del provinciale. Sin da giovane i suoi orizzonti furono amplissimi, viaggiò moltissimo, si misurò con i grandi dell’epoca, ebbe finissime teorie di politica nazionale ed internazionale. Per tutte queste ragioni non possiamo ritenere Benedetto Musolino un Eroe del Risorgimento italiano minore o regionale. Benedetto Musolino è piuttosto da indicare come uno dei Grandi artefici dell’Unità d’Italia, un padre della nostra patria, di cui la terra di Calabria, e Pizzo in particolare,  dovrà per sempre esserne orgogliosa. 

Rosaria Marrella