La Piana di Gioia Tauro ed i Kiwi, l’agricoltura e’ il settore economico trainante del territorio che aumenta il reddito pro-capite E se non ci fosse il Kiwi?
redazione | Il 16, Set 2024
La Piana di Gioia Tauro ed i Kiwi, l’agricoltura e il settore economico trainante del territorio che aumenta il reddito pro-capite.
E se non ci fosse il Kiwi?
Una domanda provocatoria, che invita, a chi di economia se ne intende, ad esaminare con la dovuta attenzione l’evoluzione del settore primario negli ultimi anni e di far riflettere sul futuro delle produzioni tradizionali della Piana ed in particolare dell’Ulivo e degli Agrumi, queste ultime tipicizzate nel complesso territorio ed in areali a tratti sfavorevoli.
Per fare un’analisi dettagliata e seria del destino di queste due colture si deve partire da molto lontano, quando, anche centinaia di anni or sono, i nostri predecessori, sulla scorta di un mercato favorevole e di una politica comunitaria altrettanto “bendisposta”, fecero tesoro delle influenze economiche positive per diffondere ed estendere senza limiti la coltivazione di Ulivo ed Agrumi, senza in fondo sospettare di quanto sarebbe accaduto qualche tempo dopo. Ed infatti “l’inaspettato” ha fatto presto ad arrivare e dopo lo sfruttamento delle citate colture, già negli anni ’90, si inizia ad assistere ad un declino della qualità dell’olio e degli agrumi, si inizia a produrre olio incommestibile, destinato esclusivamente alla raffineria ed agrumi destinati solo all’industria, che tra l’altro dovevano competere con le importazioni del mercato europeo.
Si transita drasticamente in anni bui, dove la famiglia coltivatrice, gli imprenditori e le imprese agricole scompaiono, lasciando il passo ad altre iniziative; una vera e propria fuga dal territorio, una forte immigrazione di famiglie intere. Si assiste tra l’altro ad una serrata improvvisa degli aiuti comunitari, la cosiddetta “integrazione” si interrompe ed inizia a cambiare volto lasciando il posto ai cosiddetti “titoli”, che ad oggi sono l’elemosina donata agli agricoltori. Ed allora cosa fare, morire o sopravvivere: chi ha sbagliato? Nessuno poteva immaginare che gli ulivi, in particolare, sarebbero diventati così maestosi, ingestibili e pertanto delle colture difficilmente flessibili tali da poter superare le criticità agronomiche e fitosanitarie. Da qui la crisi di mercato e l’abbandono della coltivazione. Non stanno di certo sbagliando gli agricoltori della nostra epoca che, messi alle strette, hanno visto nel Kiwi ed in altre colture intensive una fonte di reddito tale da poter sfamare il territorio. Ebbene sì, la dobbiamo dire tutta: ad oggi, se ancora nella Piana di Gioia Tauro si sopravvive, se ancora possiamo dare da mangiare ai nostri figli, se vi è un indotto economico diretto ed indiretto tale da favorire l’economia locale, lo dobbiamo agli agricoltori, ma lo dobbiamo ancor di più a coloro che hanno “visto lungo” nella coltivazione del Kiwi ed hanno avuto il coraggio di osare a trasformare le aziende, o parte di esse, attraverso miglioramenti fondiari a favore della coltivazione frutticola.
Infatti dalle ultime stime ufficiali risulta che nella Piana siano coltivati circa 2500 ettari di Actinidia che, calcolando una media produttiva, anche a ribasso, consentirebbero di produrre un reddito lordo di circa 75 milioni di euro per ogni campagna agraria. La produzione del Kiwi nella Piana è riconosciuta a livello mondiale tra le migliori in termini di qualità, per la durata di conservazione e per le caratteristiche organolettiche, tant’è vero che diversi colossi mondiali, importatori di frutta, stanno puntando ad investimenti sul territorio.
Che fine fa questa ricchezza? È in circolazione! Anno dopo anno viene reimpiegata in un ciclo economico vitale che tocca in primis il territorio, lievita nelle attività produttive e commerciali e transita per le frontiere di tutto il mondo.
L’agricoltura della Piana di Gioia Tauro è un volano di economia, il Kiwi ne è il capofila e trova collocazione negli areali maggiormente vocati, mentre rimangono imperanti le colture tradizionali che sovrastano tutto il territorio pedo-collinare, permangono Ulivi e Agrumi tradizionali in un contesto di equilibrio economico che deve fare i conti con la natura e con i mercati.
Gli ambientalisti, quelli veri, che esprimono il sentimento e l’attaccamento verso l’ambiente in un contesto sostenibile, sanno bene che l’agricoltura fa parte di un sistema vitale agro-economico, antropizzato e flessibile, che presiede il territorio, lo rispetta e ne fa “tesoro”, per tutti!